La storia d’Irlanda è la storia di una occupazione militare, politica, culturale ed economica durata ottocento anni e altrettanti di resistenza. A cent’anni dall’Insurrezione del 1916, una parte del popolo irlandese non sembra ancora rassegnata a rinunciare alla propria libertà e alla propria unità.
L’Irlanda venne smembrata in due Stati distinti solo in epoca recente, nel 1920, dopo che era stata riconosciuta come unità per più di 1500 anni.
La prima nazione a nord delle Alpi che abbia prodotto un corpo completo di letteratura in lingua madre. La monarchia nazionale degli Alti Re (“Ard Ri”), provenienti in genere dall’Ulster, è precedente alla monarchia inglese.
L’inizio delle invasioni anglo-normanne risale alla seconda metà del XII secolo (1169), ma (nonostante la proclamazione di Enrico II Plantageneto Re d’Irlanda) fino al 1600 gli invasori non riuscirono ad infrangere il sistema gaelico di organizzazione sociale (e la relativa legislazione) per la strenua resistenza popolare. Tuttavia, questa resistenza non aveva potuto impedire la conquista del Paese da parte dei Tudor, dopo che la guerra delle Due Rose aveva lasciato per un certo tempo l’Irlanda ai margini degli interessi inglesi. Enrico VIII si fece nominare a sua volta Re d’Irlanda (1541). Quale promotore della Riforma Anglicana contribuì, seppur involontariamente, al processo di identificazione tra cultura gaelica e cattolicesimo che in questa fase porterà ad una disordinata e rovinosa gestione delle rivolte, promosse da preti e capi clan e soffocate da una repressione sempre più dura e intransigente.
Il coinvolgimento del Papato e degli Spagnoli nel conflitto (durante il regno di Elisabetta I) proietterà sulla lotta degli Irlandesi l’ombra del “tradimento” e del complotto al servizio di potenze reazionarie (in un periodo in cui erano ancora vivi nella memoria degli Inglesi gli orrori dell’inquisizione e i delitti di Maria la Cattolica detta la Sanguinaria). In conseguenza della sconfitta subita (decisiva la battaglia di Kinsale), le terre dei capi clan dell’Ulster vennero confiscate dai colonizzatori inglesi e scozzesi, generalmente ex soldati delle forze di occupazione. La città di Derry diventò “Londonderry”. Va ricordato che molti coloni erano scozzesi, quindi appartenenti alla stirpe celtica, parlavano una lingua simile, possedevano le stesse leggi e la stessa letteratura degli Irlandesi. Si differenziavano soltanto per la religione (presbiteriani). Dal canto loro, i colonizzatori inglesi erano anglicani. È con questa opera pianificata di espropriazione e confisca che prese avvio il metodo della “piantagione”, ossia quello di trapiantare nelle colonie ribelli una popolazione “lealista”, fedele alla corona: circa 200.000 coloni, al 90% scozzesi. Gli indigeni restarono a lavorare sulle loro stesse terre come manodopera, spesso in veste di affittuari.
Una rivolta per l’indipendenza e la libertà di religione (1641) portò alla costituzione del Parlamento Nazionale di Kilkenny. Nel 1649 la brutale e sanguinosa repressione di Oliver Cromwell, alla testa dell’esercito puritano, mise fine alla ribellione ed una ulteriore confisca favorì la nascita di una nuova classe di proprietari terrieri protestanti. Ebbe così inizio un processo di diversificazione tra l’Ulster, a cui vennero concessi particolari privilegi per favorire lo sviluppo dei commerci e delle attività produttive, ed il resto dell’Irlanda che sprofondò nella miseria a causa dello sfruttamento coloniale. Il 1690 è l’anno della battaglia del fiume Boyne e della vittoria di William d’Orange contro gli Stuart, di recente restaurazione (1685) e di simpatie cattoliche (e quindi alleati dei capi irlandesi).
Nel corso di un secolo, dal 1603 (fine della dinastia Tudor) al 1691 (trattato di Limerik), le terre di proprietà irlandese si erano ridotte dal 90% al 14% e in seguito diminuirono ulteriormente. Un duro colpo fu assestato da Londra con le famigerate “Penal Laws” con cui si privarono i cattolici anche dei diritti politici. Inoltre erano esclusi da ogni tipo di attività remunerativa e di prestigio (carriera militare, pubblica amministrazione, attività intellettuale, corporazioni municipali, ecc.). Durante il XVIII secolo le idee democratico-repubblicane influenzarono indistintamente gli Irlandesi, sia cattolici che presbiteriani, anche per effetto della rivoluzione americana, prima, e di quella francese, poi. In questa epoca cominciarono a diffondersi anche numerose società segrete di resistenza tra i contadini.
Nel 1791 venne fondata la società degli Irlandesi Uniti dichiarata illegale nel giro di tre anni. Uno dei maggiori leaders degli Irlandesi Uniti fu Theobald Wolfe Tone, un protestante, onorato anche ai nostri giorni come uno dei primi e maggiori padri del repubblicanesimo. Contemporaneamente anche il potere coloniale si organizzava: nel 1795 venne fondato, inizialmente nella contea di Armagh, l’Orange Order, società segreta settaria, strutturata in logge, a difesa dei privilegi dei protestanti. Tre anni dopo (1798), un’insurrezione provocata dagli “Irlandesi Uniti” venne repressa nel sangue (circa 30.000 morti). Nell’Ulster anche molti protestanti (i presbiteriani) si erano armati ed avevano combattuto a fianco dei cattolici per una repubblica irlandese. Il 1798 segnò la sconfitta del movimento, che vedeva diffondersi e radicarsi anche tra i protestanti il sentimento repubblicano, insieme ad atteggiamenti non settari ed egualitari. Questo fu il risultato dell’azione congiunta della repressione britannica e della diffusione dell’orangismo.
Nel 1800, con l’Atto dell’Unione tra Irlanda e Gran Bretagna, venne costituito il Regno Unito. Dopo aver soppresso il Parlamento irlandese, peraltro provvisto di poteri molto limitati, gli Inglesi cercarono di diffondere tra i protestanti la paura di subire persecuzioni in caso di vittoria dei repubblicani. Nonostante questa propaganda terroristica, molti di questi parteciparono al movimento della Giovane Irlanda verso il 1840, e al movimento costituzionale dell’Home Rule (autogoverno) del 1870.
Nella prima metà del XIX secolo, si sviluppò un vero e proprio movimento di massa per l’emancipazione dei cattolici che portò tra l’altro alcuni deputati irlandesi a Westminster. Dal 1845 al 1849 l’isola fu colpita da una grande carestia, conseguenza di una serie di cattivi raccolti della patata, principale alimento dei contadini. Essa provocò una diminuzione del 30% circa della popolazione irlandese nel giro di venti anni, dal 1841 al 1861. Tra il 1846 e il 1851 i morti per fame e malattie furono 1.500.000, gli emigrati più di un milione. Nell’Ulster la carestia provocò l’inurbamento di larghi strati della popolazione cattolica scatenando la reazione dei lavoratori protestanti, timorosi di perdere i posti di lavoro e aizzati dal clero presbiteriano e degli orangisti.
Nella seconda metà dell’800, i Fenians (movimento fondato in Canada e Stati Uniti da emigrati irlandesi), forti dell’esperienza acquisita combattendo nella guerra civile americana, rientrarono in patria, ove, nel 1867, tentarono un moto insurrezionale che venne stroncato sul nascere. Contemporaneamente andava sviluppandosi un vasto movimento contadino per la riforma delle leggi sui fitti e sulla proprietà della terra: tra i suoi leaders, il protestante Charles S. Parnell. Vista l’entità dei successi elettorali riportati dai nazionalisti, il Primo Ministro inglese Gladstone, liberale, si dichiarò favorevole alle richieste di “Home Rule” (autogoverno, anche se sotto la corona inglese) avanzate da Parnell e dagli altri deputati irlandesi. In risposta il partito conservatore (i “tories”) scatenò e fomentò la “questione dell’Ulster” in funzione antiliberale. E’ cosa nota che il padre di Winston Churchill, Randolph, incitava alla rivolta i protestanti. Tutto questo contribuì alla nascita del gruppo paramilitare protestante denominato Ulster Volunteers. L’“Home Rule” venne respinto e Gladstone si dimise (1866). Questa data rappresenta l’atto di nascita dell’Unionismo protestante politicamente organizzato. Da notare che le varie campagne di incitamento alla violenza settaria da parte dei “tories” coincisero con i periodi in cui era al potere il partito liberale (1866, 1893, 1912-14). Si può dire che le minoranze anglicane e presbiteriane in Irlanda vennero armate e cinicamente usate in funzione delle battaglie per il potere dei due partiti inglesi.
Tra il 1913 e il 1914, nel corso di una serie di lotte sindacali, a Dublino si formarono la Irish Citizen Army (definita da Lenin “il primo esempio di Armata Rossa”), una milizia operaia al comando di James Connoly e la lega degli Irish Volunteers, conosciuta in seguito come Irish Republican Army. Assieme al Sinn Fein (“noi stessi”, fondato nel 1905), all’Associazione Gaelica di Atletica ed alla Lega Gaelica (sorta nel 1893 per promuovere la rinascita della lingua irlandese, sul punto di scomparire dopo la “Grande Fame”), donarono nuovo impulso alle lotte per l’autodeterminazione del popolo irlandese. Il 24 aprile 1916, lunedì di Pasqua, gli “Irish Volunteers” di P. Pearse e l’“Irish Citizen Army” di James Connoly occuparono con le armi l’Ufficio Generale delle Poste. Dopo una settimana di aspri combattimenti, l’esercito britannico soffocò la sollevazione. Pearse, Connoly e altri 14 capi della rivolta vennero giustiziati, ma la legge marziale, la ferocia delle truppe mercenarie (i Black and Tans), le torture, gli internamenti e le deportazioni, invece di sradicare il nazionalismo rivoluzionario, provocarono un grandioso risveglio di solidarietà reciproca e sentimento nazionale tra gli Irlandesi, sentimenti alimentati poi dall’introduzione della coscrizione obbligatoria nel 1918. In questo anno, in dicembre, il “Sinn Fein” aveva ottenuto 73 dei 105 seggi irlandesi nelle elezioni generali britanniche. Il 21 gennaio 1919 i candidati del “Sinn Fein” convocarono a Dublino un Parlamento irlandese (Dail Eireann) democraticamente eletto dal popolo irlandese. Venne dichiarata l’indipendenza e sancita la costituzione della Repubblica d’Irlanda. Il “Dail Eireann” fu dichiarato illegale da un proclama militare britannico. Si scatenò ancora la repressione e l’“I.R.A.” si oppose con la guerriglia aperta e di massa al terrore britannico.
Nel 1920 (elezioni per il governo locale) il “Sinn Fein” ottenne l’80% dei seggi. Infine, nel dicembre del 1920, la Gran Bretagna, col Governement of Ireland Act, istituì due Parlamenti distinti: uno a Belfast, per 6 delle 9 contee dell’Ulster (NB: solo sei per garantire la maggioranza ai protestanti), e uno a Dublino, per le altre 26 contee dell’isola. La guerra continuò fino al 1921, quando i rappresentanti del governo clandestino del “Sinn Fein” accettarono (sotto la minaccia del Primo Ministro inglese Lloyd George di scatenare una guerra) di firmare un accordo che concedeva all’Irlanda lo status di “dominion” e una larga autonomia, ma sanciva la divisione dell’isola. L’ala del “Sinn Fein” capeggiata da De Valera non accettò il trattato e scatenò la guerra civile, durata fino al ’23.
L’Irish Free State diventerà Repubblica d’Irlanda (EIRE) nel lunedì di Pasqua del 1949.
Nel frattempo il Parlamento di Belfast (Stormont) era saldamente in mano ai conservatori unionisti che, ancora nel 1922, avevano votato una legge (rimasta in vigore fino al 1974) che sospendeva le garanzie costituzionali per i cattolici e imponeva severe restrizioni censitarie per le elezioni municipali.
Nell’Eire il Fianna Fail tornò al potere nel 1951, guidato da De Valera fino al 1959 (in seguito da Sean Lemass e dal 1966 da J. Lynch). Nel 1973 l’Irlanda entrò nel Mercato Comune.
Quanto all’Irlanda del Nord, la mai sopita resistenza della minoranza cattolica
(“minorizzata” artificiosamente e che negli anni sessanta aveva subito una drastica perdita di posti di lavoro) contro il sistema di segregazione politica e civile, portò nel 1967 alla nascita del NICRA (Northern Ireland Civil Rights Association), un movimento per i diritti civili che promosse varie campagne di disobbedienza civile. Nel 1968, in sintonia con le lotte (talvolta impropriamente definite “giovanili”) che si sviluppavano in ogni angolo del pianeta, da Città del Messico a Praga, da Berlino a Tokio, da Nanterre a Orgosolo, il gruppo studentesco People’s Democracy (derivato dalle componenti più radicali del Nicra) organizzò una marcia da Belfast a Derry. Venne repressa dalla polizia (la RUC) e dall’esercito con particolare brutalità e gli scontri proseguirono, oltre che durante tutto il 1968, anche nell’anno successivo, provocando la crisi del governo “autonomo” nordirlandese (O’Neill e Chichester-Clarck).
E’ quanto mai plausibile che le continue mobilitazioni di People’s Democracy abbiano contribuito largamente alla “trasformazione dell’esercito repubblicano irlandese, vecchia e appassita formazione clandestina nazionalista irlandese, in milizia popolare con una larga base di massa” (v. Guido Viale in “Il Sessantotto”).
Scontri durissimi si registrarono soprattutto nell’estate del 1969, con un pesante bilancio di morti e feriti.
E’ del 1971 la proclamazione dello Special Powers Act che consentiva l’internamento senza processo di ogni sospetto. Alle 4,30 della notte del 9 agosto 1971 vennero imprigionate 342 persone e molto presto cominciarono a trapelare le prime notizie sulle torture subite dagli arrestati. Gran parte delle aree cattoliche si ribellarono. Belfast era in pieno stato di guerra e a Derry i quartieri di Bogside e Creggan si trasformarono i vere e proprie zone liberate protette da barricate. Perfino i moderati del SDLP (Social Democratic and Labour Party) sostennero uno sciopero dei fitti e delle bollette.
Il 30 gennaio 1972 una pacifica manifestazione di oltre 20mila persone contro le discriminazioni e l’internamento portò ad un orrendo massacro perpetrato dalle truppe inglesi: tredici proletari cattolici assassinati dal First Parachute Regiment (l’equivalente britannico della italica, fascistissima, Folgore) nella “Domenica di sangue”, passata alla storia come Bloody Sunday e all’epoca definita, non a caso, come la “Sharpeville irlandese”.
A Dublino, giustamente, i manifestanti assalirono e incendiarono l’ambasciata britannica.
Anche a seguito di tali eventi, il Parlamento dell’Irlanda del Nord venne sospeso (sempre nel 1972) e venne introdotto il governo diretto di Westminster.
Dopo il fallimento dell’accordo di Sunningdale (dicembre 1973) che prevedeva una graduale collaborazione tra i governi dell’Eire e dell’irlanda del Nord (Council of Ireland), la Gran Bretagna intensificò la repressione, sia con l’ulteriore invio di truppe che con la promulgazione del Prevention of Terrorism Act (1974).
Nel 1975 si tennero in Irlanda del Nord le elezioni per una Convenzione costituzionale che avrebbe dovuto esaminare lo schema elaborato da Melvyn
Rees, all’epoca Segretario di stato per l’Irlanda del Nord. Ma la schiacciante vittoria dei protestanti unionisti determinò l’impossibilità di qualsivoglia accordo con i moderati cattolici del Sdlp. Nel 1976 venne abolito lo status di prigioniero politico (il 14 dicembre 1976 venne negato a Kieron Nugent) e le condizioni nelle carceri divennero durissime per i militanti repubblicani. Partirà da qui il ciclo di lotte dei prigionieri destinato a sfociare nello sciopero della fame del 1981 che costerà la vita a sette militanti dell’IRA e a tre dell’INLA.
(continua…)