La repressione violenta del dissenso in atto in Iran dimostra la fragilità del regime degli ayatollah e non certo la sua forza. Più un governo e uno stato sono forti e meno hanno necessità di agire in modo violento e repressivo.
Il fatto che l’Iran svolga oggi un ruolo importante nella direzione della costruzione di un mondo multipolare e di contrasto alle politiche imperialiste occidentali, israeliane, saudite e turche nell’area mediorientale (anche con l’appoggio concreto a movimenti di liberazione nazionale come quello libanese di Hezbollah) non può e non deve impedirci di analizzare lucidamente le contraddizioni di quel paese e di denunciare le gravi violenze che in questi mesi vengono perpetrate nei confronti di chi dissente.
Dopo di che è evidente che l’Occidente sta cercando, e non da ieri, di destabilizzare quel paese e non c’è dubbio che sia in atto l’ennesimo tentativo di “rivoluzione colorata” nei confronti di un regime politico criminalizzato fin dalle sue origini, cioè dal 1979, l’anno della rivoluzione che ebbe nell’ayatollah Khomeini il personaggio simbolo (ma in realtà c’erano tante componenti in quel processo rivoluzionario, comprese quelle comuniste e socialiste, poi duramente represse). La destabilizzazione del regime iraniano e la sua sostituzione con uno filo occidentale sarebbe vera e propria manna dal cielo per l’impero USA e NATO, non solo ai fini del controllo dell’area mediorientale. Pensiamo oggi alla guerra in corso in Ucraina fra la NATO e la Russia. L’ipotetico passaggio dell’Iran nell’area occidentale costituirebbe un colpo se non mortale comunque gravissimo non solo per la Russia ma in generale per la prospettiva, come dicevo, della costruzione di un equilibrio multipolare.
Ma questo, ripeto, non può e non deve impedirci di leggere con lucidità le contraddizioni interne a quel paese. E il fatto che queste possano essere, come in effetti sono, strumentalizzate per fini geopolitici dalle potenze imperialiste, non cancella la loro veridicità e reale consistenza. Del resto, quello iraniano non è certo uno stato Socialista, e la sua struttura di comando sociale e politica si fonda sulla sostanziale cogestione del potere, anche se non pacifica e scontata, da parte del clero e della borghesia cosiddetta del “bazar”. Naturalmente si tratta di un contesto molto complesso, come abbiamo spiegato più volte che la propaganda occidentale deve naturalmente semplificare e banalizzare all’inverosimile per poterlo demonizzare e ridurre così l’Iran a mero stato canaglia da combattere senza se e senza ma. Del tutto superfluo ricordare che tale demonizzazione è sempre strabica e sostenuta solo in determinate situazioni; altri paesi dove i diritti di ogni genere, sociali e civili, vengono sistematicamente e brutalmente calpestati godono del pieno e totale appoggio da parte dell’occidente.
Nondimeno, le pur importanti questioni di ordine geopolitico e la ipocrita strumentalizzazione da parte occidentale delle contraddizioni presenti in quel contesto, non possono certo esimerci dal denunciarle.
Il mio personale auspicio è naturalmente che tali contraddizioni (in primis quella di classe che contribuisce a generare a sua volta tutte le altre) possano essere superate in una direzione Socialista e Democratica – tenendo conto, ovviamente, della specificità del contesto culturale/religioso di quel paese – e che l’Iran possa a quel punto con più forza ma soprattutto con maggiore credibilità e coerenza di quanta non ne abbia oggi la sua classe dirigente, esercitare la sua funzione antimperialista e antineocolonialista.
Fonte foto: Avvenire (da Google)