Il governo presieduto da Giorgia Meloni si è distinto per il suo particolare “attivismo” nel campo dell’immigrazione: in poco più di un anno abbiamo assistito a una vera e propria “pioggia” di provvedimenti, tutti caratterizzati da una visione repressiva e securitaria.
Alle origini di questa frenetica quanto disordinata attività normativa vi è il cosiddetto “decreto Cutro” (decreto n. 20/2023), emanato all’indomani del naufragio nel quale hanno perso la vita, al largo delle coste calabresi, 94 persone (di cui 35 minori). Con il pretesto di contrastare i cosiddetti “scafisti”, il decreto ha imposto una stretta al diritto di asilo. In particolare, è stata sostanzialmente abrogata la cosiddetta “protezione speciale”, cioè il permesso di soggiorno rilasciato a coloro che, pur non avendo i requisiti per ottenere il vero e proprio status di rifugiato, dovrebbero comunque essere accolti in Italia per «motivi umanitari». Si è così consolidata una visione restrittiva dell’asilo – per la verità condivisa per molti aspetti anche dai precedenti governi di centro-sinistra – secondo cui la protezione va garantita solo in casi di gravi ed esplicite persecuzioni: un’idea molto lontana dal dettato costituzionale, che imporrebbe invece di accogliere qualunque straniero «al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana» (art. 10 Cost.).
Il decreto Cutro ha poi trasformato in profondità il sistema di accoglienza. In particolare, ha proibito l’accesso dei richiedenti asilo alle strutture della cosiddetta «rete Sai», cioè all’insieme dei centri residenziali per rifugiati gestiti dai Comuni. Con le nuove regole, coloro che sono ancora in attesa di una decisione sulla loro domanda di asilo possono entrare solo nei Cas, i centri emergenziali gestiti dalle Prefetture (che offrono sistemazioni precarie, e che non sono attrezzati per assistere gli stranieri nei percorsi di inserimento lavorativo e sociale). Così, con l’aumento degli sbarchi verificatosi in estate, si è creato il paradosso di strutture Cas piene fino all’inverosimile, e di centri Sai dove invece erano ancora disponibili dei posti: posti che però non potevano essere occupati dai migranti appena arrivati nel nostro Paese…
Il decreto Cutro, peraltro, ha previsto una ulteriore precarizzazione dell’accoglienza: la norma ha cancellato infatti alcuni servizi essenziali (corsi di italiano, orientamento legale, assistenza psicologica) in precedenza forniti nei Cas, e ha introdotto nuovi centri di carattere «emergenziale», diversi dai Sai e dai Cas, da allestire con procedure accellerate in deroga al Codice degli Appalti. Non è ben chiaro come funzioneranno questi nuovi centri, ma tutto lascia pensare che si tratterà di tendopoli e tenso-strutture collocate ai margini delle aree urbane: una ulteriore ghettizzazione dei migranti, che già oggi sono sistemati troppo spesso in strutture fatiscenti e isolate.
Pochi mesi dopo, nel Giugno 2023, il governo Meloni ha siglato un Memorandum di Intesa con la Tunisia per il «contrasto all’immigrazione irregolare». Sulla falsariga di analoghi accordi stipulati dai governi precedenti (in particolare con la Libia), il Memorandum prevede un contributo finanziario di 150 milioni di euro da erogare al Paese nordafricano per il potenziamento della sua guardia costiera, incaricata di impedire le partenze. L’iniziativa rafforza un regime – quello del Presidente Kais Saied – che ha incarcerato oppositori politici e dissidenti, che ha colpito l’autonomia della magistratura, e che è responsabile di gravissime violenze contro i migranti subsahariani.
Di fronte al (prevedibile) aumento degli sbarchi, e alla conclamata inefficacia delle norme adottate per fermarli, il Governo ha alzato ulteriormente la posta. Con un ennesimo decreto legge, emanato il 19 Settembre (n. 124/2023), è stato previsto il prolungamento fino a 18 mesi dei tempi di detenzione nei Cpr (centri per il rimpatrio): una misura crudele e per di più del tutto inutile, perché è noto ormai che la possibilità di rimpatriare un migrante irregolare non dipende dai tempi di trattenimento. Del resto, l’estensione a 18 mesi del periodo massimo di detenzione era già stata introdotta dai Governi Berlusconi, e non aveva prodotto alcun risultato in termini di rimpatri. Lo stesso decreto del 19 Settembre ha poi previsto un piano straordinario per la costruzione di nuovi Cpr, e ha affidato al Genio militare (!!) e a Difesa Servizi S.p.A. il compito di dare attuazione a tale piano. L’idea è quella di moltiplicare i centri per il rimpatrio, costruendone almeno uno in ogni Regione.
Negli stessi giorni (il 14 Settembre), il Governo ha emanato poi un altro provvedimento, attuativo del “decreto Cutro”. La norma stabilisce che i richiedenti asilo appena arrivati alla frontiera potranno evitare il trattenimento nei Cpr se presenteranno una garanzia finanziaria di 5mila euro. Tale garanzia finanziaria dovrà essere pagata in un’unica soluzione, mediante fideiussione bancaria, e non potrà essere versata da terze persone (ad esempio dai familiari dei migranti). Si tratta di un provvedimento che sta a metà strada tra il sadico e il grottesco: non si capisce bene come uno straniero che ha appena affrontato il lungo viaggio nel Mediterraneo, privo di risorse e di mezzi, possa disporre di 5mila euro; né risulta che nei centri di accoglienza alle frontiere vi siano sportelli bancari dove effettuare una fideiussione. Qualcuno, tra il serio e il faceto, ha fatto notare tra l’altro che sono proprio i trafficanti – soprattutto in Libia – a estorcere denaro ai richiedenti asilo: e un governo che si comporta come un trafficante di esseri umani non è un bello spettacolo da vedere…
Passa meno di un mese e l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni riparte alla carica. Con un ulteriore decreto legge (decreto 5 ottobre 2023, n. 133), si interviene stavolta sui cosiddetti “minori stranieri non accompagnati”, cioè sui ragazzi minorenni (quasi tutti nella fascia di età 16-18 anni) che viaggiano senza genitori. Il nuovo decreto prevede che, in caso di eccezionali afflussi di migranti sul territorio nazionale, l’età dei minori appena sbarcati possa essere stabilita mediante rilievi antropometrici o radiografici. Tali rilievi sono notoriamente inefficaci: nel 2017, una commissione di inchiesta parlamentare aveva appurato che gli esami medici possono avere un notevole margine di errore, fino a 2 anni. L’obiettivo del governo sembra essere quello di “trasformare” con un colpo di bacchetta magica molti ragazzi minorenni (che secondo le convenzioni internazionali hanno diritto a un trattamento particolare) in altrettanti migranti adulti, da allontanare più agevolmente.
Nel frattempo i giudici del Tribunale di Catania, in alcune loro recenti decisioni, hanno rifiutato di convalidare il trattenimento dei richiedenti asilo e ne hanno disposto l’immediato rilascio: ciò perché le disposizioni del decreto Cutro, e quelle relative alla “garanzia finanziaria”, sono in evidente contrasto con le norme europee. Di fronte alle prevedibili polemiche – il Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha sbrigativamente etichettato le decisioni dei giudici come “sentenze politiche” – persino un magistrato non particolarmente “amico dei migranti” come Piercamillo Davigo ha spiegato che le norme italiane in contrasto con il diritto Ue non devono essere applicate: «può piacere o può non piacere», ha detto in un’intervista a La7, «ma non è stato il giudice a firmare il Trattato istitutivo dell’Unione Europea».
L’ultimo atto di questa «ipertrofia normativa» è l’accordo tra Italia e Albania per il contrasto all’immigrazione irregolare. Il Protocollo di Intesa firmato da Giorgia Meloni e dal presidente albanese Edi Rama prevede la costruzione, nel Paese delle Aquile, di due strutture di trattenimento – una presso il porto di Shengjin, vicino Tirana, e l’altra nel villaggio di Gjader, nell’entroterra – dove verranno portati i migranti sbarcati in Italia. I due centri saranno interamente gestiti dalle autorità italiane, e serviranno per identificare i migranti, per espletare le pratiche di asilo e per rimpatriare tutti coloro che non saranno ritenuti meritevoli di protezione.
La decisione di «esternalizzare» le procedure di asilo e di rimpatrio è particolarmente grave, e pone numerosi problemi. Secondo la legge italiana, infatti, il trattenimento dei migranti deve essere sempre autorizzato da un giudice: in che modo questo potrà avvenire nel territorio di un altro Paese? In che modo potrà essere garantito il diritto alla difesa? Come potranno i migranti far valere il loro diritto di asilo, se si troveranno fuori dal territorio italiano? Come potranno chiamare un avvocato, o rivolgersi a un’associazione di tutela?
Per il governo Meloni, evidentemente, i diritti sono solo un impiccio. Di cui liberarsi in ogni modo.
Fonte foto: RaiNews (da Google)