Dalla lettura delle analisi del voto delle recenti elezioni regionali in Liguria ciò che si evince sono l’incapacità dei dirigenti del PD di cogliere il senso di quel voto e il servilismo dei tanti opinionisti pronti a rilanciare il mantra del “centro”.
Ciò che i dirigenti del PD non capiscono è che il “ Centro” che guarda a sinistra è appunto il PD per cui il tema politico è come organizzare il consenso a sinistra non come allargare il consenso al centro. Se il PD, una volta per tutte, la smettesse con l’ambiguità che lo contraddistingue aiuterebbe il necessario processo alla sua sinistra.
Tra i vari commenti che ho letto uno dei pochi ad avere detto qualcosa di sensato, a conferma di quanto sostengo, è stato il Segretario di Sinistra Italiana Fratoianni, quando, nell’intervista rilasciata a il Manifesto, giustamente, a fronte della stigmatizzazione del M5S, ha evidenziato il dato del partito di proprietà di Calenda, Azione, che ha preso l’1,7%…
L’analisi dei flussi elettorali liguri circa gli elettori di Azione e Italia Viva confermano quanto successo già in Abruzzo e cioè: gli elettori di questi due cartelli tra centrodestra e centrosinistra preferiscono votare il candido del primo non quello del secondo. La ragione è semplice, gli elettori di Calenda e Renzi per status sociale, identità culturale ecc. sono elettori di centro che guardano a destra. Pertanto ciò che sostengono la componente “riformista” del PD e gli opinionisti “alla moda” è quanto di più funzionale alla conservazione del sistema. La componente dei “riformisti ” del PD mi ricorda tanto quei partiti latino – americani di ispirazione conservatrice, in alcuni casi anche reazionaria, che al termine conservazione affiancano quello di “ sociale”, in alcuni casi addirittura “ progressista”.
Purtroppo mi tocca dare ragione a quegli esponenti di destra che hanno dichiarato, ironizzando, che il centrosinistra non è stato capace di segnare nemmeno a porta vuota. Per quale motivo la coalizione guidata da un buon candidato come Andrea Orlando non è riuscito a prendere quelle poche migliaia di voti che gli avrebbero consentito di vincere le elezioni? Le risposte alla domanda da parte dei soliti noti sono le seguenti: crollo del M5S, le liste di sinistra radicale hanno sottratto quelle poche migliaia di voti necessari per vincere, il redivivo Morra ha presentato una propria lista, il veto di Conte su Italia Viva. Nessuno che si sia posta la domanda per quale motivo ha votato solo il 47% degli aventi diritto al voto con un calo del 7% rispetto alla precedente tornata elettorale. Domanda scomoda alla quale le possibili risposte non possono essere di comodo.
Il calo del 7% dei votanti rispetto alle precedenti elezioni regionali, in parte, è da ricercare nel conflitto interno al centro destra, il dato di Imperia è significativo. Per cui l’eventuale vittoria di Orlando, come è successo in Sardegna, ci sarebbe stata solo grazie ai conflitto interno al centro destra e al candidato sindaco uscente della città di Genova ampiamente sfiduciato dagli elettori di quella città.
Siccome non si vuole dare una risposta seria all’unica domanda possibile da farsi, stigmatizzare il M5S è la cosa più semplice da fare ed anche quella più utile ai fini della conservazione del sistema. A leggere i dati elettorali, comparando il dato politico con quello delle elezioni europee e amministrative ciò che emerge è che il M5S alle elezioni amministrative perde, mediamente, il 60% dei voti conseguiti alle politiche. La perdita di consenso passando dalle elezioni politiche a quelle europee è di poco inferiore. Molto dipende dall’affluenza alle urne. Il M5S è in una fase particolare della sua storia politica. Lo scontro interno non aiuta specie durante le competizioni elettorali. Alle elezioni politiche del 2022 , in Liguria il M5S ha preso poco più del 12%, alle elezioni europee il 10% , dati che confermano quanto sostengo e cioè che alle regionali il M5S perde non meno del 60% dei consensi. Il M5S, in questa fase è attraversato da un travaglio interno non indifferente. Il conflitto tra il “ fondatore” e Conte non è solo questione di potere ma di prospettiva e quindi identitario. La scelta fatta nel Parlamento europeo dagli eletti grillini guidati da Tridico è significativa. In Europa il M5S si colloca a sinistra nel gruppo The Left. Una scelta di questo tipo in Italia alimenta conflitti interni. M5S e AVS spesso e volentieri su molte questioni nazionali ed internazionali si collocano dalla stessa parte ed in modo alternativo al PD per cui, di fatto, il M5S è già a sinistra. Definire la propria identità politica non è cosa semplice in un contesto destrutturato, liquido, individualista e quindi fluido. Il voto del M5S è prevalentemente un elettorato di opinione che si mobilita alle elezioni politiche. Dopo l’exploit delle elezioni politiche del 2018, quando superò il 33% dei consensi si è via, via ridimensionato attestandosi al 15,7% delle elezioni politiche del 2022 per scendere al 9,9% alle ultime elezioni europee. Alle elezioni amministrative non regge il confronto perché non è radicato sul territorio e perché privo di una classe dirigente riconoscibile e adeguata. Da qui a pensare che sia prossimo all’estinzione è altra cosa. Non è la prima volta che i soliti opinionisti ne annunciano la morte.
Il PD è cresciuto in termini elettorali, risultato incontrovertibile. Dato il contesto con un candidato come Andrea Orlando non poteva che crescere. Per cui pensare che i pochi risultati positivi del PD alle amministrative siano da attribuire alla Schlein è altra cosa. Chi nel PD pensa una roba di questo tipo è votato al suicidio. Il PD, nonostante il conflitto interno alimentato dalle varie consorterie, continua ad essere radicato sui territori per cui quando riesce ad azzeccare i candidati giusti porta il risultato a casa. Anche in caso di sconfitta il risultato, almeno come partito, lo porta a casa.
Ciò che ha pesato alimentando la delusione verso il mancato risultato positivo che sembrava a portata di mano è la narrazione illusoria costruita all’indomani delle elezioni comunali di qualche mese fa. Il successo in alcuni comuni, per la verità poche vittorie a fronte delle pesanti sconfitte alle elezioni regionali con esclusione della Sardegna, ha alimentato l’idea che il centrodestra fosse avviato al declino. Fare politica richiede lucidità e realismo. Stando ai sondaggi il rapporto di forza tra centrodestra e centrosinistra con l’aggiunta del M5S continua ad essere quello delle elezioni politiche del 2022. Per cui pensare che la vittoria contro il centrodestra sia a portata di mano è solo una pia illusione.
In conclusione per vincere contro il centrodestra, bisogna fare proprio l’invito rivolto da Proximo a Massimo Decimo Meridio, “ conquista la folla”, nello specifico bisogna conquistare gli astenuti che sono la maggioranza degli elettori italiani. Per “ conquistare la folla” non servono ammucchiate di cartelli elettorali espressioni di lobby, non serve tenere in piedi consorterie e mestieranti della politica, serve un progetto politico, serve una visione di società. Cose queste che non si intravedono nemmeno all’orizzonte.