Il protezionismo. Una costante delle politiche economiche statunitensi


Non penso che il protezionismo possa fare più danni di quanti ne hanno fatti globalizzazione e libero scambio. Passare da un sistema all’ altro comporta costi e benefici. Con il libero scambio e la globalizzazione ad averne beneficiato è stato il Capitalismo Neoliberale, ad averne pagato il costo sono state le masse popolari. Che sia così lo provano lo smantellamento dello stato sociale, la moderazione salariale, la perdita di diritti da parte dei lavoratori, la delocalizzazione, la crescita della disuguaglianza con la concentrazione della ricchezza nelle mani di minoranze, lo sradicamento di masse di essere umani da una parte all’altra del mondo in funzione del profitto. Politiche protezioniste sono state adottate dagli Stati Uniti sin dalla loro nascita. Lo spiega bene Friedrich List [1]quando propone agli stati che formano la geopolitica della Germania pre unitaria  l’adozione di politiche protezionistiche sulla scia di quanto stavano facendo gli Stati Uniti. La stessa guerra di secessione combattuta tra il 1860 e il 1865 è dettata dalla volontà degli stati del nord, in fase di sviluppo industriale, di voler imporre politiche protezioniste agli stati del sud i quali, per poter esportare cotone e tabacco verso il Regno Unito sostenevano politiche libero scambiste. 

Per cui il protezionismo non è una novità di Trump, non a caso, se parliamo degli ultimi tre decenni, ad averle reintrodotte è stato Obama[2], Trump ha proseguito sulla stessa linea  rinegoziando il  NAFTA proseguendo con quanto voleva fare chi lo aveva preceduto. Biden  non è stato da meno sia rispetto ad Obama che a al primo Trump [3]. Tra i tre presidenti ci sono comunque delle differenze, Obama[4], nonostante il Nobel per la pace, ha alimentato i conflitti mondiali imponendo il libero mercato utile all’economia USA con le armi; Trump ha ragionato da mercante per cui il suo protezionismo si è tradotto nella rinegoziazione del Nafta, nella rinegoziazione del Trattato di libero scambio nord Atlantico[5] e con il blocco del trattato di libero scambio Trans – Pacifico[6], con dazi sui prodotti in primo luogo tedeschi. Gli effetti dei dazi sui prodotti tedeschi hanno spinto la Germania a sostenere  il Nex Generation EU e ad accettare l’introduzione, seppure a determinate condizioni, del debito pubblico dell’UE attraverso l’emissione di EUROBOND[7]. Tra i tre  presidenti richiamati Biden è stato il peggiore in assoluto. Non solo ha proseguito con il protezionismo economico ma ha alimentato i conflitti bellici. Il conflitto Ucraino – Russo è stato lo strumento utilizzato da Biden per riaffermare con forza la propria egemonia sull’ UE e sul Mediterraneo. Più che una guerra alla Russia è stata una guerra contro l’ UE. Le sanzioni alla Russia e alla Cina hanno massacrato l’ economia dell’ UE spostando risorse da questa verso gli USA. L’ UE è stata costretta a tagliare i rapporti con la Cina, la via della seta è scomparsa dall’ agenda economica dell’ UE e con essa la possibilità di interagire con una economia in forte crescita. Il Mediterraneo è diventato di nuovo un vallo invalicabile.

Quanto descritto per sommi capi è ciò che è successo con le politiche attuate da Biden nei suoi quattro anni di presidenza. Quella di Biden è l’America  libero scambista, Democratic, Liberal, woke e del politically correct. Un modello culturale rifiutato perché incomprensibile da masse  larghe tanto negli USA quanto nella stessa UE.  L’obiettivo di Trump, è lo stesso di Obama e Biden,  vuole recuperare risorse da redistribuire a favore della società americana. Rispetto a Biden, in aggiunta al potere culturale e militare, vuole utilizzare lo strumento della negoziazione. Sono nella logica della negoziazione la richiesta di un maggiore sostegno finanziario alla NATO e di un maggiore acquisto di prodotti petroliferi dagli Stati Uniti.

Come dicevo entrambe queste richieste di Trump sono coerenti con quanto fatto da Biden.  Per inciso a causa del conflitto bellico tra Ucraina e Russia[8] gli Stati facenti parte dell’UE hanno acquistato prodotti petroliferi dagli Stati Uniti ad un prezzo di gran lunga superiore rispetto a quando le forniture venivano dalla Russia. In questi ormai circa tre anni di guerra abbiamo assistito ad un trasferimento consistente di risorse finanziarie dalle tasche dei contribuenti dell’UE verso gli Stati Uniti.  Alle dichiarazioni di Trump la von der Leyen, a Davos, ha risposto che, fermi i valori di riferimento, l’UE potrebbe individuare nuovi mercati e nuovi partners commerciali tra i quali Cina e India. Sarebbe un ritorno alla “via della seta” con il Mediterraneo ponte tra Europa ed Oriente. L’asse economico dall’Atlantico ritornerebbe nel Mediterraneo. Tanto le dichiarazioni della von der Leyen quanto quelle di Dombrovsky e Lagarde sono state di tipo economico e finanziario.

La Lagarde ad esempio ha sottolineato che una prima risposta al protezionismo di Trump potrebbe essere una ulteriore riduzione del tasso di interesse da parte della BCE. La riduzione del costo del denaro è sicuramente un fattore positivo anche se non sufficiente ai fini della ripresa. Proprio come è intenzione di Trump serve il ritorno in grande stile dello Stato.  Deludente ed ovvia la dichiarazione di Pedro Sanchez: la democrazia è limitata dal potere delle èlite. I miliardari delle big tech vogliono rovesciare la democrazia, però! Mi viene da dire se ne accorge solo adesso. I miliardari delle big tech sono gli stessi che hanno sostenuto Biden e ancor prima Obama. [9]L’ UE ha bisogno di più Europa, di più Stato e di più unità. Perché ciò possa verificarsi servono coesione sociale, politiche di sviluppo e redistributive. Politiche di questo genere non appartengono al neoliberalismo e all’ideologia mercatista. Serve una proposta politica democratica e sociale. Una tale politica non passa attraverso l’ aumento della spesa per il riarmo ma con scelte radicali in materia di transizione ecologica e di redistribuzione dei costi e dei benefici rivenienti da tale processo. La transizione ecologica è un’occasione di crescita e di sviluppo con potenzialità enormi ed è per questa ragione che l’UE deve abbandonare l’idea di una Europa delle regioni per essere una UE degli Stati nazionali. Serve meno mercato e più Stato, esattamente il contrario di ciò che è stato fatto fino ad ora.

Siamo alla fine di un ciclo, per uscire dallo stallo bisogna ricompattare le fila e ciò può essere fatto alla sola condizione che lo Stato ritorni ad essere tale cioè ad esercitare le sue funzioni. Quando parlo di funzioni dello Stato penso ad esempio al potere legislativo e alla sovranità. Nel contesto attuale il potere legislativo dello Stato è di fatto venuto meno. Fonti del diritto non sono più i parlamenti nazionali ma organismi sovranazionali come Banche e Fondi di investimento. Queste istituzioni, dettando le regole dello scambio, sono le principali fonti del diritto. La legge non è più il risultato di un processo democratico ma di una imposizione da parte della tecnocrazia. Il protezionismo attiene il rafforzamento dello Stato per cui l’impostazione di Trump è fondata. Rispetto all’impostazione di Trump l’UE, e i governi degli Stati che ne fanno parte, dovrebbe puntare a rafforzare le politiche a sostegno delle classi sociali meno ambienti. Dovrebbe agire in modo da eliminare forme di dumping sociale riequilibrando i rapporti tra le economie dei singoli Stati. La politica monetaria, come dice la Lagarde a proposito della riduzione del costo del denaro, è importante ma non è sufficiente. Transizione ecologica e innovazione tecnologica richiedono investimenti enormi ed entrambi gli interventi possono essere fatti solo dall’UE di concerto con i governi degli Stati.


[1] F. List. Il sistema nazionale dell’economia politica. OAKS Editrice 2018  

[2] Lavoce.info. Quel protezionista di Barack Obama di Willem Buiter e Annie Sibert del 21/04/2008

Linkiesta il Protezionismo di Obama del 4 marzo 2008. Christian Rocca, autore dell’articolo, richiama il Wall street Journal , Econnmist, Wasghinghton Post e lo stesso New York Times

Astrid – online Obama e le sirene del protezionismo del 19 gennaio 2009 di Paolo Guerrieri

Il Post. La guerre di Obama del 12 febbraio 2017. Articolo scritto 7 anni prima e riproposto

InsideOver. Dall’etiopia a Obama: le guerre dei Premi Nobel per la Pace di Roberto Vivaldelli

[3] Avvenire del 3 gennaio 2025. Biden fa il protezionista come Trump e l’acciaio Usa non va in Giappone di Paolo M. Alfieri

Istituto Bruno Leoni del 16 maggio 2024Geopolitica.info. . Nuovi dazi, vecchi vizi: Biden segue Trump e si piega alla logica del protezionismo di Carlo Amenta

Geopolitica.info del 29/03/2024 Trump e Biden tra protezionismo e strategia anti – Cina: punti in comune, differenze e prospettive per la nuova presidenza di Livia Di Carpegna Gabrielli Falconieri

Panorama del 13 maggio 2024. Il protezionismo di Biden rischia di mettere in crisi l’Europa di Lorenzo Castellani

Econopoly – ilSole24ORE del 20 gennaio 2021. Trump, Biden e il protezionismo a stelle e strisce continua di  Andrea Festa. 

[4]Il Post. La guerre di Obama del 12 febbraio 2017. Articolo scritto 7 anni prima e riproposto

InsideOver. Dall’Etiopia a Obama: le guerre dei Premi Nobel per la Pace di Roberto Vivaldelli

[5] Il Fatto Quotidiano. Ttip, la scusa  “ Trump ci costringe a farlo” mette in pericolo i nostro diritti e la nostra salute di monica Di Sisto

[6] Il Post del 24 gennaio 2017. Quelli che non hanno capito da cosa si è ritirato Trump

AGI del 24 gennaio 2017. Cosa prevedono i trattati commerciali che Trump vuole cancellare.

[7] ASPEN Institute Italia. del 26 ottobre 2011. Eurobond: l’intreccio tra economia e politica

Il post. 9 aprile 2020. Questi benedetti eurobond , spiegati bene.

Il  Sole 24 Ore del 10 aprile 2020 cosa sono e perché fanno discutere gli eurobond, spiegato in parole semplici di Maximilian Cellino

[8] B. Abelow. Come l’Occidente ha provocato la Guerra in Ucraina. Fazi Editore2023

[9] Forbes Italia del 28/11/2022. Dal sostegno a Obama all’appoggio al repubblicano DeSantis: la svolta politica di Elon Musk . La Redazione di Forbes

1 commento per “Il protezionismo. Una costante delle politiche economiche statunitensi

  1. Giulio Bonali
    27 Gennaio 2025 at 8:22

    “L’ UE ha bisogno di più Europa, più stato e di più unità”???

    Sono allibito.

    I popoli europei hanno bisogno di più stato ma soprattutto di diverso stato, che anziché tassare i lavoratori e i meno abbienti per finanziare le banche e le grandi imprese nonché la guerra nazista in Ucraina (alla faccia dell’ orwelliano “giorno della memoria”!) tassi i monopoli finanziari e industriali per cominciare a ripristinare lo stato sociale e per rilanciare l’ economia attraverso una programmazione stile prima repubblica italiana o attuale Repubblica Popolare Cinese.
    Invece l’ UE é nata ed é stata “accuratamente confezionata” proprio con l’ intento (fra gli altri anche peggiori) di demolire lo stato sociale e di foraggiare i grandi monopoli ai danni dei lavoratori (come infatti ha alacremente fatto e continua a fare), ed é assolutamente inemendabile in proposito; va distrutta fino alle fondamenta e ci si deve spargere sopra abbondantemente il sale come fecero i Romani (abbietti imperialisti antichi) con Cartagine.
    Anche perché una unione “asimmetrica” tra stati con vincoli per tutti, come la moneta unica, ma erario, fiscalità, istituti dello stato sociale, parlamenti e governi diversi e indipendenti non può che determinare inevitabilmente iniquità anche gravissime fra gli aderenti, a danno degli uni e a vantaggio degli altri.
    Unica “UE” equa dovrebbe essere -per assurdo, ammesso e non concesso che fosse possibile!- un unico stato con un’ unica legislazione, un unico sistema politico, amministrativo, fiscale, un unico stato sociale un unico esercito, ecc. (ovviamente un’ unica capitale e un’ unica bandiera). Ergo: NESSUNA UE potrebbe mai esserla!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dichiaro di essere al corrente che i commenti agli articoli della testata devono rispettare il principio di continenza verbale, ovvero l'assenza di espressioni offensive o lesive dell'altrui dignità, e di assumermi la piena responsabilità di ciò che scrivo.