Il giurista misogino


Il professor Gazzoni, ordinario nella facoltà di giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma e autore di un manuale di diritto civile sul quale da decenni si formano generazioni di giuristi, è stato recentemente messo alla gogna mediatica/politica. Per un’approfondita conoscenza di tutta la vicenda, rimandiamo al suo intervento “difensivo” riportato su diverse testate online: https://www.ildubbio.news/giustizia/accusato-per-alcune-tesi-nel-suomanuale-di-diritto-privato-parla-gazzoni-geo7j8oc.

Come potrete vedere, le questioni trattate riguardano aspetti giuridici, sociali, mediatici, ecc., e ne consigliamo la lettura integrale. Qui vogliamo solo analizzare un aspetto di tutta la vicenda e cioè la condanna sociale e politica che scatta automaticamente appena si esce dalla vulgata femminista e politicamente corretta.

I nuovi censori si sono accorti, piuttosto tardivamente, che nell’introduzione al manuale di diritto privato si trovava la seguente terribile frase: “I magistrati entrano in ruolo in base a un mero concorso per laureati in giurisprudenza e appartengono in maggioranza al genere femminile, che giudica non di rado in modo eccellente, ma è in equilibrio molto instabile nei giudizi di merito in materia di famiglia e figli”.

La tesi è che le magistrate tenderebbero a schierarsi, magari inconsciamente, a favore delle donne nei contenziosi che riguardano separazioni e affidi. Tesi non certo peregrina. Conclude Gazzoni: “Del resto, che la pluralità di genere debba essere favorita è provato proprio dal fatto che, almeno quando si tratta di tribunali per i minorenni, i Collegi sono, per legge, composti da quattro giudici: un o una presidente e un o una giudice togati, di carriera, ma anche due giudici onorari di cui una donna e un uomo. Almeno un uomo, pur se fosse isolato, ci deve quindi essere di necessità. Come mai?” Ma sappiamo benissimo che, quando si parla di donne, ci si deve esprimere solamente in termini apologetici, altrimenti si incorre nelle ire della “santa inquisizione femminista”.

Gli uomini, invece, possono/debbono essere insultati sistematicamente. Lo stesso Gazzoni, per dimostrare di non essere misogino, riporta un’altra frase sempre dalla famigerata introduzione: “Gli studenti sono, in confronto alle studentesse, babbei infantili, destinati a soccombere nei concorsi e, tra breve, anche nella vita”. “Facile previsione: essendo più preparate e vincendo quindi in maggioranza il concorso in magistratura, ora la percentuale femminile è del 56%”.

Questa frase, pur contenendo un insulto esplicito (babbei), non ha destato nessuna protesta. Ora, però, vediamo se è vera la tesi secondo la quale i giudici donne parteggerebbero per le donne. Discutendo con gli amici della LUVV “Lega degli uomini vittime di violenze” https://www.legauominivittimediviolenza.org/, che difendono decine di uomini anche in ambito giudiziario, sembrerebbe vero il contrario. Insomma, le giudici donne sarebbero tendenzialmente più obiettive dei giudici uomini in queste materie. Il che è abbastanza comprensibile. Un uomo è già criminalizzato di per sé e quindi più esposto ai ricatti della cultura dominante. La vicenda di cui stiamo parlando ne è, d’altronde, una conferma. Ormai Gazzoni è divenuto il “giurista misogino” senza se e senza ma. L’equilibrio dei generi sancito dalla legge, di cui parla Gazzoni, rimane un principio sacrosanto ma ora si inserisce in una società sempre più complessa e sempre più permeata da una cultura dominante misandrica, intollerante ed oppressiva. Un giudice, soprattutto se uomo, non può giudicare con quell’equità che competerebbe al suo ruolo. Poche parole anche sugli studenti maschi “babbei”. Chiunque operi nella scuola sa che i maschi studiano meno delle femmine. Tutto ciò è confermato anche dagli abbandoni scolastici prematuri che li riguardano maggiormente. Sembrerebbe che abbiano interiorizzato il diktat sociale che li condanna alla marginalità. Questo tema, di fatto occultato, andrebbe approfondito in maniera seria in tutti i suoi aspetti psico-sociali, cosa che faremo senz’altro prossimamente.

Fonte foto: Youtube (da Google)

3 commenti per “Il giurista misogino

  1. Giacomo
    6 Settembre 2024 at 11:01

    Ottimo articolo che spiega la complessità del problema. Da parte mia vorrei far notare che:
    1) è molto difficile stabilire una statistica degli affidi dei minori che includa il sesso dei magistrati, non saprei quindi da dove Gazzoni ricavi la sua affermazione riguardo le magistrate;
    2) in molti casi è vero che le magistrate si sono rivelate meno prone ad essere influenzate dal femminismo di maniera che vuole l’uomo sempre tossico e la donna sempre vittima, ci sono casi anche ben noti in cui le magistrate si sono comportate bene, meglio di altri giudici nel sistema affidi (non li posso citare qui perché sono ancora in itinere); che poi si siano comportate bene e sono state anche accusate di di misoginia in casi non di affido dei minori è certo (devo ricordare i casi della Fortezza da Basso e i recenti ‘guai’ della dr.ssa Bonaventura);
    3) tuttavia dato che il sistema degli affidi è ben lontano dalla parità uomo donna (una recente ricerca di cui parlerò a breve in prossimo articolo) e le magistrate sono ora la maggioranza è chiaro che il classico dispositivo di un affido falso condiviso (in termini di tempo di frequentazioni, assegno, assegnazione della casa familiare), simile di fatto a quello pre-legge 54/2006 è la norma piuttosto che l’eccezione;
    4) peraltro, chi scrive, ricorda molto bene di essersi iniziato a occupare di affido condiviso giusto l’anno successivo al varo della legge: a quell’epoca il dr. Casaburi autore di diversi trattati di giurisprudenza come Gazzoni, uomo e non donna, disse gattopardescamente che “nulla sarebbe cambiato, si sarebbero date due visite settimanali e i fine settimana alterni esattamente come prima” bastava chiamare questo ‘affido condiviso’ e il problema, per i magistrati e per le donne madri, era risolto.
    5) pochi anni dopo con il decreto filiazione (2012) veniva introdotta ufficialmente nelle leggi la figura del genitore ‘collocatario’ che avrebbe definitivamente affossato il ‘condiviso’ ad opera stavolta di una magistrata la dr.ssa Velletti,
    6) ad una magistrata la dr.ssa Palazzo del tribunale di Brindisi, donna quindi, è dovuto un estremo tentativo di salvare il condiviso nel 2017, scrivendo delle linee guida che hanno contestato il concetto di “collocatario”, ma non sembra che abbia avuto molto seguito al di fuori del proprio territorio.

  2. Giusi
    6 Settembre 2024 at 11:34

    Quest’articolo tratta un argomento molto controverso. Ha il merito di non dare risposte risolutive ma di aprire il dibattito a cui mi piacerebbe contribuire magari attingendo a studi fatti sulle tematiche attinenti

  3. Andrea
    7 Settembre 2024 at 20:01

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    Gli uomini, invece, possono/debbono essere insultati sistematicamente. Lo stesso Gazzoni, per dimostrare di non essere misogino, riporta un’altra frase sempre dalla famigerata introduzione: “Gli studenti sono, in confronto alle studentesse, babbei infantili, destinati a soccombere nei concorsi e, tra breve, anche nella vita”. “Facile previsione: essendo più preparate e vincendo quindi in maggioranza il concorso in magistratura, ora la percentuale femminile è del 56%”.
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    Ovviamente il discorso vale solo per “gli altri uomini” ma non per lui… che indubbiamente, a suo tempo, sarà stato uno studente non eccellente ma eccezionale…
    Diciamo pure un “Will Hunting” della giurisprudenza… che però si laureò in un’epoca in cui le donne erano state ammesse da poco in magistratura.
    Tipico discorso da uomo appartenente a una generazione (è del ’42) di “intellettuali” che ha fatto danni immensi; una generazione che definire psicologicamente sottomessa al sesso femminile è poco.
    Costoro son stati veramente dei cattivi maestri per le nuove generazioni maschili, verso cui si son molto spesso dimostrati fortemente sprezzanti.
    Quando mai una magistrato di sesso femminile denigrerebbe le ragazze e le altre donne in genere?
    Ovviamente mai, perché le donne, al contrario degli uomini, conoscono la c.d. “solidarietà di genere”, mentre quest’ultimi conoscono solo il “disprezzo di genere”.
    Tutto il resto è consequenziale.

    Per quanto riguarda il resto mi risulta che i magistrati di sesso maschile siano meno obiettivi in fase di separazione e tendano spesso a favorire le donne.
    Io stesso, in un ipotetico caso di separazione, preferirei essere giudicato da una donna piuttosto che da un uomo, perché “so” che la prima sarebbe più obiettiva, non solo perché non è influenzata dalle scemenze femministe nella stessa misura di un suo collega di sesso maschile, ma anche e soprattutto perché essendo femmina non si farebbe abbindolare dalle manfrone di una appartenente al suo stesso sesso.
    Gli uomini, invece, vuoi per ingenuità, vuoi per scarsa conoscenza della psiche femminile, vuoi per “cavalleria”, vuoi anche per timore di passare per “misogini”, nella quasi totalità dei casi darebbero contro al sottoscritto, come a qualsiasi altro uomo.

    Per concludere: Gazzoni stia tranquillo, perché in prospettiva futura la magistratura è destinata a diventare un feudo femminile in tutta l’Europa, quindi da Ovest a Est, e non “solo in Italia”.

    https://www.giustiziainsieme.it/en/news/74-main/71-gli-attori-della-giustizia/499-la-composizione-della-magistratura-togata-oggi?hitcount=0
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    La composizione della magistratura togata oggi
    Pasquale Serrao Gli attori della giustizia 17 November 2018

    La “femminilizzazione” della magistratura è un fenomeno che accomuna la grandissima parte degli Stati europei.

    In base al rapporto CEPEJ 2018, possiamo osservare che l’Italia, quando alla distribuzione di genere della magistratura, è perfettamente nella media degli Stati considerati. Se in Spagna abbiamo l’identica percentuale (D 53% – U 47%), in Francia il rapporto è ancora più accentuato (64%-36%), così come, ad esempio, in Ungheria (69% – 31%), per arrivare la presenza di donne a percentuali quasi “bulgare” in Lituania e Slovenia (rispettivamente con una percentuale femminile del 78% e 79%).

    In controtendenza, invece, sono i paesi anglosassoni, presumibilmente influenzati anche dal diverso sistema di accesso, con provenienza dei magistrati dalla professione forense (UK=34%, Scozia 27%).

    L’accesso delle donne nella magistratura italiana è relativamente recente, per cui, eliminato il divieto, inizialmente esse partecipato al concorso in numeri ridotti. Il sensibile incremento progressivo della percentuale femminile tra i vincitori del concorso, fino a dati attuali, ha determinato una disomogeneità del rapporto di genere nelle diverse fasce di anzianità della magistratura.
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