Il rinnovo degli sgravi fiscali per i salari deve ancora trovare copertura economica. Intanto i nodi vengono a galla e il Governo Meloni annaspa tra debito e crescita inesistente
L’aumento del deficit e del debito pubblico sono stati certificati dal Documento di economia e finanza e limitano fortemente il raggio di azione del Governo Italiano.
Prossimamente entrerà in
vigore il nuovo Patto di stabilità e l’Italia potrebbe, a fine
Giugno, entrare nella procedura di infrazione per un disavanzo superiore ai
tetti consentiti.
Adottare provvedimenti economici in chiave elettorale diventa impresa ardua se non impossibile, pena attirarsi le ire di Bruxelles che poi metterebbero anche a rischio i fondi Pnrr.
Il Governo Meloni al suo interno palesa contraddizioni e divisioni invisibili agli occhi della opinione pubblica ma non mancano contrasti tra i partiti della maggioranza in materia di fisco e politiche economiche, e prova ne sia il ritardo nel rinnovo di tanti contratti pubblici e privati per iniziativa delle associazioni padronali e dell’Aran.
E così al Governo non
resta che magnificare i provvedimenti già adottati, alcuni in eredità dai tanto
vituperati governi precedenti, cercando le opportune coperture economiche.
Parliamo della deduzione del costo lavoro per le assunzioni a
tempo indeterminato con la maggiorazione del 20% del costo
deducibile da parte delle imprese, deduzione che dovrebbe salire al 30%
se le assunzioni proverranno dalle categorie e liste cosiddette
“svantaggiate” (giovani, donne, ex beneficiari di rdc).
Mesi fa il Mef aveva
concordato con il Ministero del Lavoro un decreto attuativo di cui si è persa
traccia per mesi salvo poi rispolverarlo alla vigilia del 1 Maggio. I
soldi necessari arriveranno dalla soppressione di una norma denominata Aiuto
alla crescita economica (Ace), agevolazione fiscale che riduceva
l’imponibile Ires.
In assenza di risorse
economiche non resta che magnificare le sorti di provvedimenti previsti già
dallo scorso autunno senza alcun bilancio sul rapporto costi e benefici
derivante dalla riduzione delle tasse sul lavoro. E perfino la conferma dei
tagli al cuneo fiscale devono trovare copertura economica mentre nei programmi
della Meloni era previsto il loro potenziamento.
Gli sgravi fiscali alle
imprese e il taglio al cuneo fiscale per i salariati e le imprese hanno
agevolato la ripresa dell’economia restituendo al contempo potere di acquisto
alle buste paga?
Domanda semplice ma con risposte tutt’altro che scontate, non esiste alcuno studio sui provvedimenti adottati, nel frattempo possiamo asserire che una buona parte delle assunzioni nell’anno 2022 è caratterizzata da rapporti a tempo determinato, da contratti di apprendistato ricorrendo alle innumerevoli tipologie precarie che caratterizzano i rapporti di lavoro.
Slitta intanto il decreto con il bonus sulla tredicesima che nell’ultima bozza sale a 100 euro, ma solo per chi ha coniuge e almeno un figlio; si restringe insomma la platea dei beneficiari riducendo la spesa a carico dello Stato, le condizioni sono avere un reddito complessivo annuo fino a 28.000 euro, avere un coniuge e almeno un figlio a carico.
Se pensiamo che una famiglia con due redditi arriva con grande difficoltà a fine mese, immaginiamoci allora quali saranno i reali numeri dei beneficiari, insomma siamo davanti ad un provvedimento del tutto insufficiente a restituire dignità ai salariati e destinato a numeri veramente esigui.
E le misure di contrasto
al lavoro povero sono rinviate a fine 2024 dopo il diniego governativo a
stabilire un reddito minimo e paghe orarie sotto le quali non scendere.
Ci pare evidente che la Melanomics, la politica economica del Governo di destra, stia palesando innumerevoli criticità, i salari sono fermi, l’economia non cresce e gli aiuti alle imprese si stanno dimostrando fin troppo onerosi.
Fonte foto: C.S.A. Vittoria (da Google)