La Nato da tempo è scesa in lotta contro il cyber terrorismo e ha costruito una narrazione a senso unico alimentando paure e sensi di colpa. Come si alimenta controllo sociale e video sorveglianza costruendo nemici a tavolino.
Tra le grandi esercitazioni militari una è sfuggita alla attenzione generale, parliamo di oltre 4.000 rappresentanti di decine di paesi all’evento denominato Locked Shields. Ma prima di ogni altra considerazione proviamo a documentare il ruolo nevralgico della Nato nella lotta al cosiddetto cyber terrorismo.
“La nostra missione è quella di supportare i nostri paesi membri e la NATO con competenze interdisciplinari uniche nel campo della ricerca, dell’addestramento e delle esercitazioni di difesa cibernetica che coprono le aree di interesse della tecnologia, della strategia, delle operazioni e del diritto.
La nostra visione è quella di promuovere la cooperazione di nazioni che la pensano allo stesso modo. Riuniamo gli alleati della NATO e i partner al di là dell’Alleanza”.
Questo
è il biglietto da visita del Centro di eccellenza per la ciberdifesa
cooperativa della NATO, un centro di difesa informatica multinazionale e
interdisciplinare
CCDCOE – Il Centro di eccellenza per la difesa
cibernetica cooperativa della NATO è un centro multinazionale e
interdisciplinare di competenze in materia di difesa informatica.
La
sicurezza dei dati è elemento dirimente delle strategie militari e finanziarie,
le continue notizie di attacchi da parte della pirateria informatica sono
funzionali alla costruzione di un nemico tecnologico nell’immaginario
collettivo. E per combattere questo nemico ogni strategia è ammessa salvo poi
sostenere che si tratta di scelte difensive proprio per occultare veri e
propri scenari di guerra preventiva.
I servizi d’intelligence ucraini accusano la Russia di impiegare regolarmente attacchi informatici contro l’infrastruttura digitale del Paese, eppure è proprio l’Ucraina il paese nel quale sono particolarmente presenti interessi legati alla sicurezza informatica che ci riportano a loro volta al ruolo nevralgico, in questo campo, di Israele.
E’ proprio Gerusalemme a rappresentare per l’Italia un modello da seguire e soprattutto affascina l’interazione costruita nel tempo tra lo Stato di Israele e le loro università assoldate da anni nella costruzione di nuove tecnologie ad uso militare.
A questa storia di successo dovremmo guardare anche in
Italia: i fattori fondanti sono riassumibili in una forte sinergia tra esercito
e università (e mondo startup collegato). Collaborazione che è essenziale per
rilanciare la cyber security italiana, come ribadito nei giorni scorsi anche da
Roberto Baldoni del Dis a Itasec19.
Cybersecurity,
da Israele il modello vincente (agendadigitale.eu)
Gli attacchi informatici sono parte attiva della strategia di guerra e della militarizzazione delle università, questa guerra è ormai evidente e la si combatte anche con infezioni malware che vanno a colpire le infrastrutture energetiche provocando danni incalcolabili ai paesi colpiti. E’ una guerra invisibile senza esclusione di colpi, con attacchi informatici che utilizzano aggiornati malware indirizzati a sottrarre dati e alla occorrenza colpire le centrali elettriche e anche radio e tv. Se si contesta alla Russia l’utilizzo della guerra informatica non si spende invece una parola per documentare che questa guerra da anni è stata teorizzata dalla Nato e da Israele, ove da tempo proliferano piccole e medie imprese, start-up e freelancer che propongono nel mondo servizi e soluzioni in materia di cyber security e intelligence frutto della sinergia tra gli organi militari, politici e civili del paese.
I servizi italiani sono all’opera da tempo, non solo con una collaborazione in ambito Nato e con Israele, prova ne sia anche la Relazione al Parlamento di poche settimane or sono Relazione annuale 2023 – ACN ove si parla di una media di circa 117 attacchi al mese.
Il
CSIRT Italia, l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, riporta il portale
Analisi difesa (La
NATO si addestra a alla difesa cyber, in Italia aumentano gli attacchi –
Analisi Difesa) ha monitorato l’evoluzione della minaccia,
caratterizzata “sempre più da eventi di tipo ransomware e DDoS” ma anche dalla
“diffusione di malware via e-mail e phishing” e “indirizzata a diverse realtà
pubbliche oltre che ad aziende attive nei settori più disparati (primi fra
tutti telecomunicazioni, trasporti e servizi finanziari)”
E
ancora
lo scorso anno sono stati 3.302 i soggetti italiani
target di eventi cyber individuati dal CSIRT Italia, a fronte dei 1.150 del
2022. L’aumento del numero di asset a rischio è “da ascrivere – si legge nella
relazione – all’incremento delle capacità di monitoraggio dell’ACN, che
permettono ora di individuare, oltre agli asset potenzialmente compromessi,
anche quelli potenzialmente vulnerabili”. A causa del cyber attivismo legato ai
conflitti in corso, si è avuto un significativo aumento degli eventi DDoS.
Infatti, nel 2023 sono stati rilevati 319 eventi DDoS
(Distributed Denial of Service), con un incremento rispetto al 2022 del 625%.
Si tratta di eventi che mirano a compromettere la disponibilità di un sistema
mediante l’esaurimento delle sue risorse di rete, elaborazione o memoria.
Per potenziare il sistema di sorveglianza e di spionaggio si menzionano rivendicazioni di sedicenti collettivi filo russi e filo palestinesi alleati in una campagna di sabotaggio contro i paesi occidentali senza fare parola di come da anni siano le potenze Nato ad avere allestito sistemi analoghi. Attorno alla sicurezza informatica e alla salvaguardia di dati e tecnologie dual use si gioca una battaglia strategica fermo restando che l’immagine di un Occidente indifeso costretto a dotarsi di strumenti meramente difensivi stride con la realtà e con le dinamiche proprie della guerra condotta ad alto tasso tecnologico.
Altro ragionamento andrebbe fatto – ma ormai il civile e il militare sono strettamente connessi e gli interessi economici e finanziari in ambito militare la fanno da padrone – sugli attacchi informatici ai siti della Pubblica amministrazione.
La salvaguardia dei dati viene quindi ricondotta a strategie di guerra vere e proprie salvo poi invocare la cooperazione internazionale a tutela della sicurezza tanto che l’argomento sarà trattato già al prossimo G7 del 16 maggio.
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