Attorno ai numeri crescenti degli evasori si muove
anche il federalismo fiscale. Una ulteriore occasione perduta per rafforzare la
natura pubblica delle aziende ammodernando le procedure lavorative e con minor impatto
sull’ambiente.
La Tari è la tassa dei rifiuti ossia il tributo chiesto alla cittadinanza per sostenere i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a pagarla, almeno in teoria, sono i possessori o i beneficiari, a qualsiasi titolo, di locali o aree.
Le tariffe della TARI variano da Comune a Comune e vengono determinate da apposita delibera del Consiglio Comunale una volta calcolati i costi da parte del gestore del servizio; questa delibera ha il compito di assicurare la copertura di tutti i costi legati allo smaltimento dei rifiuti.
È innegabile che i gestori possano essere determinanti
nel definire dei costi, se poi questi gestori sono aziende pubbliche ma con
soci privati a gestire l’azienda il discorso si fa interessante.
In questi anni molti Enti locali hanno promosso la
raccolta differenziata senza mai occuparsi di ammodernare il porta a porta, una
attività lavorativa particolarmente logorante e tale, nell’arco di pochi anni,
da determinare problemi di salute per la ripetizione di alcuni movimenti che
alla fine logorano il fisico degli addetti.
Gli apologeti dell’ecologismo quasi mai guardano alle
condizioni materiali di lavoro, se lo avessero fatto avrebbero compreso la
necessità di ammodernare le procedure del porta a porta che le aziende quasi
sempre gestiscono con un unico operatore alla guida del mezzo e al carico e
scarico dei rifiuti.
Nell’igiene ambientale molte attività svolte da 2\3
dipendenti nel corso del tempo, per essere convenienti, sono state
riorganizzate impiegando un singolo lavoratore.
Molti anni fa ci occupammo, in qualità di Rls di uno
sportello dedicato alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, alla raccolta
porta a porta appurando che dopo 10 anni molti addetti venivano giudicati
idonei alle mansioni ma con diverse prescrizioni che ne limitavano l’attività,
un numero elevato poi di lavoratori era trasferito ad altre mansioni per il
sopraggiungere di varie patologie inconciliabili con il porta a porta.
La gestione del porta a porta dovrebbe quindi riservare
maggiore attenzione alle condizioni di vita e lavorative degli addetti,
introdurre sistemi organizzativi tali da salvaguardare la salute e la sicurezza
della forza lavoro. Ma in tale caso sarebbe necessario un intervento del
pubblico, in accordo con Inail e Asl, nell’ottica non di ridurre i costi ma di
salvaguardare quello che i datori di lavoro definiscono benessere organizzativo
(da non confondere con la tutela della salute)
Il pagamento della Tari dovrebbe poi servire per favorire la gestione dei rifiuti ad impatto ridotto sull’ambiente, sarebbe utile prendere una bolletta e sviscerarne le varie voci giusto per capire dove vanno i soldi della cittadinanza, come sono spesi, quali siano insomma le scelte operate dalle varie aziende gestrici.
Il Sole 24 ore Enti locali, in un articolo destinato agli abbonati (Tari, riscossi 6,4 miliardi di euro:all’appello manca un terzo delle entrate | NT+ Enti Locali & Edilizia (ilsole24ore.com), spiega come il 33% delle entrate previste per la Tari non siano in realtà riscosse e ai Comuni, in cassa arrivano solo 6,4 miliardi rispetto alle entrate previste, e messe a bilancio, pari a 9,5 miliardi di euro.
Stando ai dati circa il 33 per cento della tariffa non
arriva nelle casse comunali; quindi, sono in molti a non pagare questa tassa
pur ricevendo dei servizi. Siamo il paese che paga sempre meno tasse, dalla
flat tax per gli autonomi fino alla riduzione delle aliquote fiscali per non
parlare poi di tutte le operazioni speculative della Finanza che generano utili
e dividendi ma restano escluse da ogni forma di tassazione.
E questa scelta bipartisan, sostenuta anche da parte
dei sindacati, finisce con l’impoverire le casse statali determinando la
contrazione dello stato sociale e la privatizzazione dei servizi.
Il Ministero delle Finanze conta numerose banche dati
dalle quali si evince una percentuale elevata di morosi, un ragionamento serio
e costruttivo andrebbe esteso a tutto il sistema fiscale, un reddito elevato
nel corso degli anni ha beneficiato di innumerevoli detrazioni che assicurano
tagli alle tasse fin troppo generosi.
Invece di affrontare le reali problematiche (gestione
pubblica delle aziende legate ai beni comuni al posto delle quali nascono
colossi come le multiutility, organizzazione del lavoro per salvaguardare la
salute degli addetti, riciclo e processi di lavorazione e di riutilizzo dei
rifiuti urbani) si pensa solo a rendere snello ed efficiente il sistema di
riscossione lasciando fuori una valutazione complessiva del ciclo dei rifiuti.
E sullo sfondo si muove l’autonomia differenziata, il ragionamento del Governo
non è quello di reinternalizzare i servizi e potenziare le aziende pubbliche ma
solo attivare una sorta di app per consentire al cittadino, nel buon nome del
federalismo fiscale, di avere contezza dell’entità, e del versamento,
dell’imposta Tari.
L’idea, insomma, che le tasse locali debbano essere oggetto di una sostanziale ridefinizione per far pagare somme maggiori ai siti industriali e commerciali non rientra tra gli obiettivi del Governo così come non si capisce, concretamente, quale sarà il sistema di controlli e di sanzioni atto a colpire gli evasori. Non saremo davanti all’ennesima beffa con un fisco clemente con il sistema imprenditoriale e invece severissimo verso le famiglie inadempienti? E in prospettiva, una tassa sempre più diversificata sarà di aiuto a costruire un sistema dei rifiuti con minor impatto ambientale e salvaguardando la salute degli addetti?
La risposta, almeno per noi, è scontata.
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