Il G7 si chiude. La
percezione è di uno spettacolo andato in scena tra orecchiette, ciliegie,
trulli e mare. Non mancano i baci, le faccine simpatiche o le chiacchiere su
simpatie e antipatie tra i Grandi. Una regione intera è divenuta il palco su
cui, sempre loro, i “Grandi” si sono esibiti per noi, i plebei, tali ci percepiamo (e ci
percepiscono), che a sentir loro, dovrebbero essere contenti, perché con la
loro presenza hanno fatto uno spot
pubblicitario ad una regione del Sud nella quale non si credeva. La gente è
diventata un contorno da mostrare. I Grandi, come i giornali asserviti li hanno
descritti, sono scesi nelle Puglie, tra loro anche il Papa che con la sua presenza
li ha legittimati. La realtà resta fuori.
La Puglia vera tace, non compare con la
cementificazione che avanza e con i
migranti sempre più poveri e pazzi di dolore che si trascinano nelle città. Non
compaiono i lavoratori precari e le case in affitto sempre più rare e costose, perché ormai è
solo una regione che ospita turisti nei B&B, per cui mettere su famiglia è un’impresa nel
vero senso della parola. Una regione
cannibalizzata le cui lingue dialettali e le cui tradizioni scompariranno
definitivamente nei prossimi anni, perché ormai è solo terra di passaggio per
ricchi che nulla comprendono e vivono della sua storia. Nel mezzo la gente
comune che si impoverisce della propria identità e ridotta a comparsa per un set cinematografico.
Se si fossero spostati di pochi kilometri, i Grandi della Terra avrebbero assistito all’ ex ILVA di Taranto
dove il territorio è bruciato dalla chimica, e dove uomini, donne e bambini continuano a morire di
cancro in nome dell’acciaio. La Puglia vera è stata oscurata, al suo posto un
borgo edenico per ricchi ha ammiccato sui giornali e ci ha illustrato una
realtà che non c’è o meglio è per pochissimi. Tutto è artificiale, non solo
l’IA, nella società dello spettacolo. Giornali e TV di Stato continuano a ripetere i
Grandi della Terra, come fossero divinità planate per qualche giorno tra noi
miserrimi, che non contiamo nulla. Si soffermano sui vestiti e sulle
passeggiate che i Grandi hanno svolto. È politica? Poniamoci la domanda
spegnendo il rumore del giornalismo adulatore sempre più simile alle agenzie
pubblicitarie. Puglia terra di passaggio non tra Ovest ed Est, ma passerella
avvilente.
La definizione “i
Grandi della Terra” andrebbe analizzata, in quanto esprime in sé una verità non
voluta dal giornalismo che non informa, ma si dedica ad altro. La nostra non è
una democrazia, poiché non vi sono Grandi in essa, in quanto il potere sovrano
è del popolo che elegge i suoi rappresentanti, i quali sono al servizio del
popolo. Sono banalità, ma in questi tempi di rimozione della politica, non lo
sono. Nona caso la parola ”ministro”
deriva dal latino “minus”, ovvero
“meno” che indicava la subordinazione al “magister”
, ad una autorità superiore, che in questo caso sarebbe il popolo. I ministri e
i capi del popolo sono al servizio del popolo. In una democrazia si serve il
popolo. Invece l’osanna con cui i
giornali e le TV hanno acclamato i Grandi della Terra deve farci comprendere
che abbiamo assistito ad una riproduzione della corte di Versailles, dietro i cancelli della reggia è rimasta la
realtà del popolo che chiede rappresentanza, ambiente da vivere e non da usare
e comunità come luogo di pace e di crescita qualitativa. Vi è comunità dove si
coltiva la pace nella quotidianità. I
“piccoli della Terra” vogliono tornare ad essere “persone vere” senza
l’abbaglio della società dello spettacolo che ci umilia, e non vogliono essere
usati.
Nessuna voce è stata data alle proteste dei giovani che hanno sfilato a Fasano chiedendo più politica, giustizia e meno spettacolo. La realtà non è nei resort ma è nella voce della gente. Su tutto ancora un dubbio, un giovane in formazione che sente ripetere i Grandi della Terra, come vivrà la sua normale condizione esistenziale in un contesto che spinge verso la grandezza economica e la potenza? Cosa penserà di sé e delle persone a lui vicine? Le parole costruiscono mondi che spesso sono infelici, perché ci si sente “niente”, e ciò sviluppa clientelismo e sudditanza. Dobbiamo avere il coraggio di riprenderci la realtà e di vivere l’essenziale.
Fonte foto: ISPI (da Google)