In un’epoca ormai secolarizzata, da quando insomma l’utilitarismo borghese e la razionalità economica hanno definito le religioni un coacervo di credenze superstiziose e arcaiche, gli esseri umani hanno pian piano trasportato quella dimensione sacrale in altri lidi. Oggi la religioni detengono un carattere meramente psicologico e consolatorio per questo difficilmente sono capaci di generare speranze che contraddicono i condizionamenti del mercato. Il cattolicesimo è una religione così come lo sono scientology, lo yoga, il veganesimo. La Chiesa per ovviare a questo problema cerca di continuo un Papa ridotto a vedette mediatica. Ma gli esseri umani ripropongono il dilemma della loro finitezza terrena con differenti linguaggi.
Il coro “ho visto Maradona” rappresenta con sconvolgente immediatezza questo bisogno. Necessità di fiducia collettiva nell’apparizione del santo. Di colui che si manifesta per salvare esistenze inchiodate a patimenti giornalieri ormai privati di senso. Che dona una speranza di infinito. Per accedere alla beatitudine è sufficiente guardarlo. Le gesta del santo in vita ci indicano la via della sua immortalità che diventa anche la nostra.
Ogni Santo è celebrato nei luoghi in cui si sono compiuti i miracoli. Se non fosse così non si spiegherebbero i tanti riti collettivi che trascendono la razionalità di calcolo del nostro mondo. Le lacrime che hanno accompagnato l’addio di Totti al calcio o la morte di Maradona – attenzione non sto paragonando i due calciatori – disegnano una volontà popolare che legittimerà la loro beatificazione. Così non sono ammessi santi che tradiscono. Il popolo rifiuta a priori questo meccanismo. Il tentativo di riportare una sfera mistica in ambito mercantilistico. Le reazioni dei fedeli alle cessioni di Baggio e di Higuain si spiegano in questo modo. Scherza con i fanti ma non giocare con i santi.
I cori da stadio alla fine non sono altro che una riconfigurazione dei meccanismi ipnotici presenti nelle messe cantate. Il calcio senza pubblico di questi giorni quindi appare asfittico, immiserito in mero spettacolo commerciale. Con la nostalgia per il vecchio calcio, quello in cui i riti si celebravano la domenica alla stessa ora, si vuole ricordare l’appagamento che regalava una preghiera simultanea e collettiva. Un popolo intero che si raccoglieva nell’attesa del miracolo.