Ieri pomeriggio ho assistito ad una scena molto triste e deprimente che mi ha colpito molto. Due extracomunitari che lavano vetri o vendono chincaglierie varie che litigavano fino a venire alle mani probabilmente se non certamente per dividersi lo spazio vicino ad un semaforo. Il tutto naturalmente nell’indifferenza generale. Eravamo in una strada di grande scorrimento, praticamente un’autostrada all’interno della città (Via C. Colombo, per chi conosce Roma) e mi trovavo dalla parte opposta della strada, impossibilitato a scendere per poterli separare.
Vedere due poveracci che si scannano fra loro per conquistarsi pochi metri quadrati di sopravvivenza è uno “spettacolo” triste, avvilente, desolante che, ovviamente, non poteva non farmi riflettere.
Finchè non si ricostruirà una dimensione collettiva, sociale, e con essa una coscienza di classe, saremo sempre divisi e succubi dei nostri padroni. Gli ultimi contro altri ultimi e i penultimi contro gli ultimi. Poco più sopra, nella gerarchia sociale, penultimi contro altri penultimi. E così via.
Ci vogliono divisi, atomizzati, in competizione l’un con l’altro.
Dobbiamo essere esattamente il contrario di come ci vorrebbero i nostri padroni.
Fonte foto: Mauro Biani (da Google)
nei tanto bistrattati “socialismi reali” non si assisteva a certe scene.
C’era maggiore poesia… come quella di una bella ragazza cubana che, a Santiago de Cuba, invitava a vedere, a casa sua, la propria collezione di francobolli…
Commento degno di uno che puó anche tornare a leggere Repubblica, la tua “Vera casa” antropologica…
Non vorrei sbgliarmi ma credo ci sia stato un misunderstanding, come si suol dire…
Il commento sulla ragazza cubana è pietoso, la cosa che fa veramente ribrezzo è lo stato di embargo che i poveri cubani sopportano da 70 anni, stato di cose al quale anche noi italiani diamo il nostro contributo, d’altronde da poveri schiavi degli usa che potremmo fare? Il consiglio che ti do Piero è di andare a Cuba pure tu se non hai mai visto una bella donna da vicino.