Gli Stati Uniti al bivio?


La possibile elezione di Donald Trump per la seconda volta denuncia l’assenza della sinistra reale e razionale. Il partito democratico è schierato con l’oligarchia e, specularmente con i partiti di sinistra parlamentari europei,  è solo la longa manus delle nomenclature che spingono per deregolamentare il mercato e concedere i soli diritti individuali. Il mercato “offrirà i prodotti e i modi per soddisfare i desideri legittimati dai nuovi diritti individuali rigorosamente per ricchi”.  I nuovi diritti sono nominalmente per tutti, ma nella realtà solo per i ricchi e per i padroni. La democrazia borghese continua la sua corsa verso l’oligarchia pienamente realizzata sostenuta dal pensiero unico liberale. La disuguaglianza è  giustificata in modo ideologico riportandola sotto la voce “diritti individuali”.

Guerre e disavanzo pubblico sono stati la stella polare della sinistra liberal statunitense. La destra repubblicana raccoglie  operai, impiegati e migranti abbandonati dalla sinistra, i quali sono assoldati dal partito repubblicano per il voto. Le parole che la sinistra non osa più pronunciare sono utilizzate dalla destra per “il grande inganno”: presentarsi come l’alternativa, ma nei fatti ripete il medesimo modello e se ne differenzia su temi di carattere etico nei fatti secondari rispetto alle logiche del capitalismo, i cui fini di sfruttamento e alienazione permangono granitici e sempre uguali. La competizione elettorale è una commedia delle parti con la quale nulla mutare. Partito democratico e Partito repubblicano sono due facce della medesima medaglia, essi rendono gli Stati Uniti e l’Occidente irreale e irrazionale. Si vive in una realtà psicotica e delirante. L’elettore medio è scollato dalla realtà al punto da “credere” che esista una reale opposizione e una valida alternativa alle sue quotidiane difficoltà. Emmanuel Todd, studioso francese, in questo momento noto e discusso, è generoso nel giudizio su Trump:

“Ma Donald Trump ha vinto, contro l’establishment repubblicano prima, e poi al cuore del sistema politico complessivo, smettendo di alimentare un sistema basato sulla falsa coscienza e riportando il mondo operaio ad una certa forma di coscienza di classe. Questo è il senso del suo attacco al libero scambio e del suo appello a favore del protezionismo, l’unico capace di permettere agli operai bianchi e ai loro fratelli di classe neri, ancora più maltrattati dal tracollo dell’industria, un ritorno nella classe media americana[1]”.

Il protezionismo e il tentativo di riportare la produzione in casa servono ai padroni e signori dell’industria, i quali in un mercato sempre più turbolento e competitivo preferiscono “giocare in casa”, piuttosto che avventurarsi in una realtà perigliosa innescata anche dagli stessi statunitensi. I subalterni anche in un sistema protezionistico restano tali e guardano con ostile diffidenza i migranti colpevolizzati per la contrazione del mercato e per le disuguaglianze sempre più offensive. Non c’è nessuna coscienza di classe in questo, ma solo un presente di povertà che guarda con terrore al futuro. La coscienza di classe è l’in sé-per sé universale che in questo caso è inesistente.

Disuguali

Le disuguaglianze negli Stati Uniti sono ormai naturalizzate. Per l’istruzione universitaria giovani e famiglie sono costrette ad indebitarsi. L’indebitamento funziona come una museruola, poiché si dipende dal debito e si contrae l’azione politica. Ancora una volta il giudizio di Emmanuel Todd denuncia un eccessivo  ottimismo. Secondo l’antropologo francese i giovani americani dinanzi all’aumento scandaloso delle disuguaglianze si stanno orientando verso la sinistra radicale. La richiesta dello stato sociale potrebbe diventare pressante. La democrazia americana dunque potrebbe riservare sorprese:

“Il Buy American provision, adottato nel 2009, ha in effetti riservato il finanziamento di un piano di rilancio per le infrastrutture, utilizzando materiali e prodotti fabbricati negli Stati Uniti. Prolegomeni alla fase II della ripresa democratica: ad ogni modo, lo sviluppo del protezionismo, elemento centrale del consolidamento nazionale, ha quindi preceduto Trump, e toccato le due grandi forze politiche americane quasi simultaneamente, anche se è chiaro che la localizzazione sociologica della xenofobia ha permesso il successo di Trump piuttosto che di quello di Sanders. Il crollo nella fede del libero scambio colpisce l’insieme della società americana, fenomeno che appare razionale e ragionevole quando si sa che i laureati stessi non beneficiano più della globalizzazione economica e vedono i loro redditi stagnare. Ma allora, come scegliere tra le due ipotesi: divisione durevole della società americana o raduno maggioritario ad una concezione nazionale non xenofoba? Il destino economico e il comportamento ideologico delle giovani generazioni possono permetterci di anticipare il futuro. Attraverso l’indebitamente studentesco, lo abbiamo visto, le giovani generazioni dei laureati subiscono un’accelerazione della diminuzione dei loro redditi. Ma questa volta ancora, per prendere la misura completa della crisi vissuta dai giovani americani, dovremo scendere verso gli strati profondi dei comportamenti familiari e religiosi. Quando i dati esistono, mostrano la generalità di questa crisi nelle democrazie occidentali[2]”.

Lo schierarsi di minoranze per Bernie Sanders è letto da Emmanuel Todd come il sintomo di un cambiamento in corso a cui associare il ritorno della famiglia nucleare che nei suoi studi è l’humus inconscio per il liberalismo:

“La rivoluzione neo-conservatrice, rendendo difficile l’accesso all’impiego e indebolendo lo Stato, ha invertito la tendenza e riavvicinato, per la seconda volta nella storia, la famiglia nucleare americana al tipo nucleare indifferenziato, vale a dire del modello originario di homo sapiens. In considerazione di questa reversione, comprendiamo meglio l’interesse dei giovani laureati americani per l’interventismo statale, e l’entusiasmo di alcuni per il “socialismo” di Bernie Sanders. Contrariamente a quanto professato dal catechismo neo-liberale, che riporta in pratica i giovani sotto l’autorità paterna, lo Stato per i giovani dei Paesi avanzati rappresenta la libertà[3]”.

La famiglia nucleare indifferenziata è identificata come la “famiglia originaria”. L’homo sapiens ha fondato la famiglia nucleare dotata di libertà e plasticità. Negli Stati Uniti si assiste al ritorno di tale famiglia valutata come modello ideale, in quanto coniuga la libertà individuale con la plasticità dei ruoli. Sembra una chiara proiezione in un passato poco accertabile di un ideale liberale tipico della sinistra moderata:

“Possiamo fornire in questa fase una descrizione semplificata del sistema antropologico originario dell’umanità, in quanto tipo ideale. La famiglia è nucleare, senza nessun dogmatismo, le coppie giovani o i genitori anziani possono essere temporaneamente aggiunti ad essa. Lo status della donna è elevato. Il sistema di parentela è bilaterale, o indifferenziato, attribuendo alla parentela della madre o del padre posti equivalenti nella definizione del mondo del bambino. Il matrimonio è esogamo, alla ricerca di coniugi oltre i cugini di primo grado, ma di nuovo, senza nessuna intransigenza. Il divorzio è possibile, così come la poliginia, e a volte anche, anche se più raramente, la poliandria (…). Il concetto di indifferenziazione è generalmente utilizzato dagli antropologi per descrivere sistemi di parentela che non sono né patrilineari né matrilineari, ma lasciano gli individui liberi di utilizzare in modo pragmatico la filiazione paterna o materna. In questa fase possiamo generalizzare il suo uso a tutti gli elementi della struttura familiare che non sono stati polarizzati durante la storia da una scelta dicotomica stabile[4]”.

Prospettive

Se tale cambiamento fosse reale assisteremmo a proteste e rivolte per il conflitto in Ucraina e per il genocidio palestinese. Le manifestazioni nei college contro l’eccidio a Gaza si sono già esaurite e non sono diventate proteste popolari. Silenzio assoluto sul conflitto ucraino, da cui si deduce un implicito consenso non solo al conflitto, ma anche all’espansione guerrafondaia della NATO. Il pregiudizio liberale contro i russi è rimasto inalterato. La forma mentis imperiale non è scalfita e pensata collettivamente. Le disuguaglianze e i conflitti che l’antropologo registra con matematica precisione, al momento non hanno causato una riconfigurazione delle forze in campo. Non si contesta l’economia di guerra e la  missione religiosa degli Stati Uniti, pertanto il cauto ottimismo di Emmanuel Todd non sembra solido:

“Tra il 1980 e il 1998, abbiamo potuto osservare negli Stati Uniti un aumento spettacolare delle disuguaglianze, che non ha impedito tuttavia, una crescita del reddito medio delle famiglie, da 48. 500 dollari a 58.000 dollari (in equivalente del 2015). Questo aumento non è stato determinato da una crescita dei salari individuali, ma piuttosto dalla contribuzione supplementare delle donne, che sono entrate all’epoca nel mercato del lavoro e hanno così moltiplicato il numero di famiglie a doppio reddito. Gli anni 1999-201 5 hanno rappresentato, per gli Stati Uniti, l’apogeo del progetto liberale e l’entrata in crisi della globalizzazione. L’adesione della Cina all’Organizzazione Mondiale del Commercio, nel dicembre 2001,  ha eliminato la minaccia di un rialzo dei diritti doganali. La conseguenza immediata è stata l’accelerazione della crisi industriale americana, sottoposta ad una vera epurazione. Tra il 1965 e il 2000, la relativa diminuzione della popolazione impiegata nel settore secondario non aveva impedito la sua stagnazione in valore assoluto, attorno ai 18 milioni di lavoratori. Ma tra marzo 2001 e marzo 2007 questa cifra è crollata del 18%[5]”.

Gli Stati Uniti non sembrano essere l’anello debole dell’Occidente, anzi la decadenza imperiale rischia di farne la fortezza che resiste al suo degrado proiettandosi in fantasie egemoniche ormai superate.  Il bombardamento della Germania mediante l’attacco al nord stream II non ha provocato nei giovani statunitensi particolare scalpore, lo si deduce dalle proteste che non vi sono state. Bombardare una infrastruttura da cui dipende l’alimentazione energetica alla struttura economica è un vero atto di guerra.  I dibattiti sui giornali americani non mutano le sorti della politica e dell’economia, pertanto è assai probabile che dal cuore dell’impero non verranno le soluzioni. La possibilità di un movimento politico potrebbe avvenire in Europa, in quanto colonia che “deve tollerare il dominio USA-NATO e l’ideologica indifferenza delle oligarchie nazionali”. La sinistra reale e razionale è in costruzione ed essa per essere tale dev’essere radicale nella critica e nella soluzione politica, se così non fosse, le generazioni che verranno saranno costrette a vivere nell’anglo-sfera e nella subalternità politica e culturale. L’emancipazione non verrà neanche dai BRICS, i quali propongono e vogliono il loro capitalismo; nel cuore dell’Europa umiliata e ridotta ad un nulla politico ci sono le condizioni materiali per un nuovo comunismo che faccia dell’Umanesimo il metro con cui ricostruire una civiltà sul baratro della fine.


[1] Emmanuel Todd, Breve storia dell’umanità, La Clessidra, 2019

[2] Ibidem pag. 303

[3] Ibidem pag. 305

[4] Ibidem pag. 92

[5] Ibidem pag. 286

Fonte foto: Corriere della Sera (da Google)

1 commento per “Gli Stati Uniti al bivio?

  1. Giulio larosa
    4 Novembre 2024 at 6:38

    Sono più ottimista e generoso di te verso il popolo USA e un po’ meno di Todd. Ottimo articolo e per la prima volta trovo una critica molto precisa e corretta verso Todd

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