La morte di Giorgio Napolitano consegna alla storia dell’oligarchia imperialista contemporanea una delle più efficienti maschere di facciata del deep state che ha adempiuto a un duplice compito: la ridefinizione geopolitica del livello di subordinazione dell’Italia all’imperialismo USA, facendo da garante nel processo transitorio dalla democrazia borghese ai nuovi regimi tecnocratici.
La distruzione dei partiti di massa è stata la condizione necessaria per americanizzare l’Italia, un Paese che per la propria collocazione geopolitica e geoeconomica poteva diventare un ponte verso il Mediterraneo e il mondo musulmano, così come l’aveva immaginata Enrico Mattei. Italia: geoeconomia del multipolarismo o base strategica della Nato? Partiamo da una data, il 1978.
Giorgio Napolitano: un Cavallo di Troia degli USA
Nell’aprile del 1978, GN vola negli Stati Uniti d’America. All’Università di Yale (casamadre della loggia massonica teschio ed ossa), Napolitano, sollecitato dal neoconservatore Joseph La Palombara, teorizzò la rottura delle relazioni diplomatiche fra il Partito Comunista Italiano (PCI) e l’URSS. Secondo La Palombara, Napolitano era maturo per partecipare al Council on Foreign Relations, un think tank per l’elaborazione di strategie globali pan-imperialiste per conto di importanti famiglie del Capitale come Rockefeller, Rothschild e Morgan. In questa sede, il futuro Presidente della Repubblica recita un vero e proprio atto di genuflessione alla Nato: ‘’Il Pci non si oppone più alla Nato come negli anni Sessanta, mentre lo scopo comune è quello di superare la crisi, e creare maggiore stabilità in Italia’’ 1.Lo statista della restaurazione neoimperialista tornò a Roma il 19 aprile, intento a cambiare per sempre il suo futuro politico e quello del PCI berlingueriano.
Nel 1980, il neoconservatore Duane Clarridge diede inizio all’Operazione chiamata ‘’soluzione finale’’, da lui definita ‘’una delle operazioni più azzardate della sua carriera: un accordo segreto tra la CIA e il PCI’’.Giorgio Napolitano fu il garante di questo accordo, accelerando la formazione di una equipe di tecnici neoliberali all’interno del più grande partito di massa della sinistra europea. L’operazione denominata ‘’soluzione finale’’ non ha necessitato di ’’azioni violente’’, è stata sufficiente una controrivoluzione ideologica o – mutuando le parole di Antonio Gramsci – una rivoluzione passiva dell’élite. In questa prospettiva, Giorgio Napolitano è stato l’ideologo dell’esaurimento, nei Paesi a capitalismo maturo, della coppia dicotomica destra/sinistra, un processo ‘’evolutivo’’ verso la transizione ad una nuova Architettura di potere.
Nel maggio 1989, Napolitano ed Occhetto fecero un viaggio a Washington e New York dove incontrarono il presidente della World Jewish Congress, il sionista Edgard M.Bronfman il quale ci tenne a dire che il loro era stato ‘’un dialogo amichevole, costruttivo e caloroso con mutui benefici’’. Qualche mese dopo ci fu quello che Lucio Magri definì nel suo libro ‘’Il sarto di Ulm’’ un colpo di mano all’insaputa di tutti, altrimenti – come disse Magri – lo scioglimento del PCI non sarebbe passato. In estrema sintesi, sono questi gli antefatti politici più importanti (aggiungerei anche il delitto Moro e la marcia dei quarantamila) che hanno portato alla distruzione del più grande Partito comunista europeo, ponendo le basi per la transizione ai nuovi regimi tecnocratici: dall’integrazione europea ai bombardamenti etici della Nato fino alla declinazione neoliberista del Grande Reset.
Matrix: una società fondata sull’ingiustizia
Che tipo di società ha contribuito a costruire Giorgio Napolitano? Secondo il sociologo marxista James Petras, il nuovo autoritarismo rappresenta una ‘’evoluzione’’ delle democrazie verso nuove dittature neoliberali. Leggiamo – con una lunga citazione – quali sono le caratteristiche dei totalitarismi nell’Occidente collettivo:
‘’1) Massicci spostamenti delle disponibilità di bilancio, dalle spese per i bisogni sociali ai pagamenti dei titoli di stato e alle rendite
2) Cambiamenti su larga scala nelle politiche di reddito, dai salari ai profitti, ai pagamenti degli interessi e alla rendita.
3) Politiche fiscali fortemente regressive, con l’aumento delle imposte sui consumi (aumento dell’IVA) e sui salari, e con la diminuzione della tassazione su detentori di titoli ed investitori.
4) Eliminazione della sicurezza del lavoro (“flessibilità del lavoro”), con l’aumento di un esercito di riserva di disoccupati a salari più bassi, intensificando lo sfruttamento della manodopera impiegata (“maggiore produttività”).
5) Riscrittura dei codici del lavoro, minando l’equilibrio di poteri tra capitale e lavoro organizzato. Salari, condizioni di lavoro e problemi di salute sono strappati dalle mani di coloro che militano nel sindacato e consegnati alle “commissioni aziendali” tecnocratiche.
6) Lo smantellamento di mezzo secolo di imprese e di istituzioni pubbliche, e privatizzazione delle telecomunicazioni, delle fonti di energia, della sanità, dell’istruzione e dei fondi pensione. Privatizzazioni per migliaia di miliardi di dollari sono sopravvenienze attive su una dimensione storica mondiale. Monopoli privati rimpiazzano i pubblici e forniscono un minor numero di posti di lavoro e servizi, senza l’aggiunta di nuova capacità produttiva.
7) L’asse economico si sposta dalla produzione e dai servizi per il consumo di massa nel mercato interno alle esportazioni di beni e servizi particolarmente adatti sui mercati esteri. Questa nuova dinamica richiede salari più bassi per “competere” a livello internazionale, ma contrae il mercato interno. La nuova strategia si traduce in un aumento degli utili in moneta forte ricavati dalle esportazioni per pagare il debito ai detentori di titoli di stato, provocando così maggiore miseria e disoccupazione per il lavoro domestico. Secondo questo “modello” tecnocratico, la prosperità si accumula per quegli investitori avvoltoio che acquistano lucrativamente da produttori locali finanziariamente strozzati e speculano su immobili a buon mercato.
8) La dittatura tecnocratica, per progettazione e politiche, mira ad una “struttura di classe bipolare”, in cui vengono impoverite le grandi masse dei lavoratori qualificati e la classe media, che soffrono la mobilità verso il basso, mentre si va arricchendo uno strato di detentori di titoli e di padroni di aziende locali che incassano pagamenti per interessi e per il basso costo della manodopera.
9) La deregolamentazione del capitale, la privatizzazione e la centralità del capitale finanziario producono un più esteso possesso colonialista (straniero) della terra, delle banche, dei settori economici strategici e dei servizi “sociali”. La sovranità nazionale è sostituita dalla sovranità imperiale nell’economia e nella politica.
10) Il potere unificato di tecnocrati colonialisti e di detentori imperialisti di titoli detta la politica che concentra il potere in una unica élite non-eletta.’’ 2
I politicanti che agiscono per conto della Nato e della nuova global class – Super clan, come l’ha chiamata il giornalista Giulietto Chiesa – sono sempre ricattabili. Giorgio Napolitano, nel corso della sua vita politica ha sempre agito come uno strozzino degli imperialismi israeliano, tedesco e statunitense, chiedendo il pizzo all’interno del “lager” europeo per conto di Washington. Alfiere del Politicamente Corretto, ha contribuito a configurare (citando Costanzo Preve) ‘’uno dei profili intellettuali più orrendi di tutta la storia comparata’’.
http://zecchinellistefano.blogspot.com/2012/04/operazione-napolitano-come-la-cia-ha.html
https://sinistrainrete.info/politica/1736-james-petras-il-nuovo-autoritarismo-dalle-democrazie-alle-dittature-tecnocratiche.html
Fonte foto: Archivio Quirinale (da Google)