Gentiloni, materializzatosi durante una seduta spiritica a Cernobbio, snocciola spettacolari statistiche sulla creazione di nuovo lavoro grazie al Jobs Act. Ora, facciamo chiarezza. Lo spettro del nobiluomo cita i dati relativi alle posizioni lavorative, cioè, come da definizione Istat, “il numero di posti di lavoro, misurato dal numero di contratti di lavoro stipulati, a tempo indeterminato o a termine, a tempo pieno o parziale, indipendentemente dal numero di ore lavorate”. Il numero medio di ore lavorate per addetto, invece, scende del 5% circa fra 2007 e 2016 (Ocse). Ed è l’effetto di una ripresa economica troppo debole, che non fa crescere il monte-ore di lavoro complessivo, e dell’aumento della precarietà, che ripartisce un monte-ore pressoché costante su un numero maggiore di occupati, grazie al fatto che, tramite la più diffusa precarietà, molti degli occupati aggiuntivi non lavorano a tempo pieno per tutto l’anno, ma hanno periodi di inattività. Di fatto, quindi, aumentano i contratti, cioè le posizioni lavorative, ma non aumenta il lavoro.
Di fronte ad uno dei maggiori dilemmi del prossimo futuro, che sarà reso ancor più aspro dalla rivoluzione tecnologica che a breve cancellerà milioni di posti di lavoro, il liberismo trova, come soluzione, la redistribuzione della quantità totale di lavoro su un maggior numero di teste tramite la precarizzazione dei rapporti di lavoro, facendole lavorare in maniera intermittente. Come infatti ci dice l’Inps, le assunzioni con contratto a tempo indeterminato, nei primi sei mesi del 2017, sono del 35% più basse rispetto al corrispondente periodo del 2015 (quando erano agevolate dagli incentivi contributivi alle imprese). Le nuove assunzioni a tempo pieno, nei primi sei mesi del 2017, sono del 32% inferiori al corrispondente periodo del 2015. Ma nel 2015 eravamo ancora in uscita dalla recessione, nel 2017 c’è una lieve ripresa. A testimonianza del fatto che la riduzione del ricorso al lavoro a tempo pieno è un fatto strutturale, non congiunturale.
Il liberismo sta quindi coniando la sua versione, predatoria e sfruttatrice, dello slogan di sinistra “lavorare di meno per lavorare tutti”. Con le retribuzioni nette medie che, fra 2007 e 2016, rimangono pressoché ferme in termini reali, nascondendo ovviamente le diseguaglianze: per i più giovani, quelli più esposti alla precarietà ed alla de-sindacalizzazione, e per i meno qualificati, la dinamica dei redditi tende a divenire negativa. Ma niente paura: il liberismo è anche caritatevole. Per i periodi non lavorati ecco pronta la mancetta dei 400 euro al mese.
Fonte foto: Il Sole 24 Ore (da Google)