Di Fabrizio Marchi, giornalista iscritto all’albo dei giornalisti del Lazio, direttore della rivista online “l’Interferenza”, insegnante di storia e filosofia, candidato, come indipendente, alle prossime elezioni amministrative di Roma, per il Partito Comunista guidato da Marco Rizzo, come consigliere comunale. https://www.facebook.com/fabrizio.marchi.75
Il Comune di Roma, così come tutti gli enti locali, ha provveduto ad esternalizzare molti dei servizi che gestiva o avrebbe dovuto gestire direttamente. Linea di tendenza che possiamo far iniziare negli anni ’90 del secolo scorso e che obbediva alla logica del “meno stato più mercato”, ovviamente vista come una sorta di panacea per tutti i mali. Ci si aspettava più efficienza con minor spesa.
Non si è ottenuta tutta quella efficienza che ci si aspettava e, “in compenso”, chi lavora in quei servizi ha problemi in termini di precarietà e scarse retribuzioni. Tutto ciò ha determinato pesanti ricadute sulla struttura sociale ed economica del territorio. Un vero e proprio paradosso per dei servizi che si proponevano di incrementare il processo di inclusione e di migliorare la qualità della vita.
Quanto poi al risparmio economico ci si “dimentica” spesso di contabilizzare le spese relative all’indizione dei bandi, al lavoro degli uffici preposti, alle commissioni esaminatrici, ecc.
Senza contare la duplicazione dei ruoli tra pubblica amministrazione e strutture appaltanti. Ovvero l’attività di coordinamento, monitoraggio e controllo dei servizi erogati svolto sia dal personale della pubblica amministrazione che dal personale delle strutture appaltanti con aggravio dei costi e inefficienza organizzativa.
INTERNALIZZARE È POSSIBILE?
Solitamente tutte le vertenze dei lavoratori che richiedevano l’intervento del “pubblico” venivano bollate, dai più benevoli, come utopistiche. La cultura su accennata del “meno stato più mercato” sembrava ormai radicata e irreversibile.
Ma, proprio nel Comune di Roma, è accaduto un fatto nuovo. Lo scorso martedì 20 luglio l’Assemblea capitolina ha approvato le Delibere per la reinternalizzazione del servizio di inclusione scolastica degli alunni disabili. Entrambe le Delibere sono state approvate all’unanimità, con la non partecipazione al voto dei Consiglieri del Partito Democratico (sic!).
Complimenti a chi ha lottato duramente e lungamente per il raggiungimento di questo obiettivo e, per chi volesse saperne di più, ( cfr. AEC ora OEPA (Operatore Educativo Per l’Autonomia) LAZIO
Come suol dirsi in questi tempi, “non bisogna abbassare la guardia”.
Il risultato però c’è e può essere una speranza per tutti i lavoratori dei servizi esternalizzati degli enti locali.
Per quanto riguarda il Comune e Roma Capitale le realtà di questo tipo sono tante e variegate. Chi ci lavora può scrivermi agli indirizzi mail che troverà in fondo all’articolo per fare il punto della situazione ed iniziare una collaborazione.
LA FORMAZIONE PROFESSIONALE
Per me che insegno da tanti anni e con tanta passione, l’abbandono della formazione professionale, proprio nella mia città, mi addolora particolarmente. Eppure c’era stato un buon inizio. Nei primi anni ’80 con le giunte di sinistra Petroselli e Vetere, il comune di Roma assunse “la gestione dei centri di formazione professionale precedentemente gestiti da enti privati in liquidazione per lo più legati ad associazioni sindacali o comunque laiche, rilevandone in ogni caso sedi, attrezzature e personale.
Nasce così il più grande Ente di Formazione Professionale su tutto il territorio provinciale romano. Con le sue 14 strutture formative (CFP) passate al comune di Roma, si rafforza il fronte della Formazione Professionale Pubblica decretandone la schiacciante superiorità, sia in termini quantitativi che qualitativi delle attività formative, rispetto agli enti privati”. (cfr. Franco Casale, Storia della Formazione professionale pubblica romana da Luigi Petroselli a Virginia Raggi, “l’interferenza”)
Giunto il rozzo vento liberista inizierà una storia che proseguirà con tante ombre e poche luci fino ad arrivare alla tragica situazione attuale. Di centri di formazione comunale ne sono rimasti nove (9), qualcuno ormai svuotato di attività, il personale dipendente comunale è in percentuale minima ed è a esaurimento, ovvero non viene reintegrato chi va in pensione.
La maggior parte del personale (docenti compresi) è fornita con costi proibitivi da “Capitale Lavoro SPA” che funziona come una specie di società di lavoro interinale.
E tutti gli altri centri professionali, da chi sono gestiti? Non ci crederete mai, da enti religiosi!!
Mi chiedo cosa sarebbe successo se avesse avuto lo stesso trattamento – che so – la scuola primaria. Ci sarebbero state un paio di rivoluzioni. Per la formazione professionale invece nulla, come se non fosse scuola.
Eppure Stato ed Enti locali hanno il dovere di fornire una più vasta gamma di offerte formative che coprano tutte le esigenze e le attitudini dei ragazzi. La carenza nella varietà di offerta ha conseguenze su tutta la struttura scolastica. Molti ragazzi che frequenterebbero con profitto i CFP approdano a strutture scolastiche non idonee per loro e ne vengono espulsi.
CFP pubblici, seri ed affidabili sono un indispensabile baluardo contro l’abbandono scolastico e la marginalità. A sfavore della formazione professionale ha giocato non solo il “nuovo” vento liberista e la vocazione monopolistica del privato cattolico in questo settore educativo, ma anche la vecchia concezione che divide “arti liberali e meccaniche” decretando l’inferiorità delle seconde.
La gerarchia dei saperi ancora persiste. È ora di cambiare rotta. Internalizzare si può, si deve.
Per confronto e/o informazioni scrivere a info@linterferenza.info o a violenzabasta@gmail.com
Fonte foto: Rete Camere (da Google)