Foto: Vanity Fair (da Google)
Hugh Hefner, il fondatore di Playboy scomparso pochi giorni fa è stato un gran furbone che ha capito quanto sia grande il potere della sessualità femminile e quanto gli uomini siano psicologicamente e sessualmente dipendenti da questa (altro che dominio maschile…). E naturalmente ha speculato sia sull’uno che sull’altro aspetto.
Nessuna pseudo “rivoluzione culturale”, dunque, come maldestramente riportato dai media in questi giorni e nessuna vittimizzazione delle donne, come invece raccontato dalle solite e dai soliti maitre a penser femministe/i e politicamente corrette/ii.
Un uomo d’affari che ha speculato sullo smisurato desiderio di molte donne di apparire e arricchirsi (le sue “conigliette” e le sue “playgirl” non erano affatto delle oppresse e discriminate come vorrebbe certa letteratura femminista più maschietti pentiti al seguito, ma donne lucide e consapevoli che guadagnavano una montagna di soldi con il minimo sforzo…) e naturalmente sulla perenne (e aggiungo, del tutto naturale e legittima) “fame di figa” degli uomini, i veri destinatari di quel messaggio. Ed è proprio quella “fame di figa” che ha consentito a Hefner e alle sue girl di arricchirsi.
Perché di certo non erano le donne a comprarsi il suo giornalaccio per farsi le seghe (poteva forse servire a qualcos’altro un fogliaccio di quel genere?…) e far così guadagnare un mucchio di soldi a lui e alle sue amichette consenzienti e complici che facevano la fila (e ti credo, con un paio di foto e un giorno o due di “lavoro” guadagnavano quello che guadagna un qualsiasi lavoratore in un anno e forse più…) per mostrare tette e culi su Playboy.
Se è vero quanto sosteneva Hegel, e cioè che la filosofia è il proprio tempo appreso nel pensiero, non c’è dubbio che Hugh Hefner lo avesse appreso perfettamente. Ed è per questo che ha fatto della sessualità un business.
Un opportunista, per quanto mi riguarda, che ha prima di tutto speculato sul legittimo desiderio maschile in un contesto dove tutto è mercificato, in primis, appunto, il desiderio maschile, prima ancora del corpo delle donne le quali erano lautamente pagate per fare quello che facevano (in realtà ben poco…). Al contrario degli uomini che erano (e sono) quelli che pagavano (e che pagano) per farsi le seghe davanti a delle foto di donne irraggiungibili su un giornaletto.
Hugh Hefner gli metteva la carota davanti agli occhi come si fa con i cavalli per farli correre sempre di più, instillandogli l’illusione di poter arrivare un giorno al tanto ambito premio (in realtà irraggiungibile per i più): poter un giorno anche loro godere di quelle bellezze in copertina. Solo illusioni, perché solo uno su mille ce la fa, come recita una nota canzone. Lui ce l’ha fatta. Per lui le “playgirl” e per gli altri seghe.
E questa è la società capitalista di cui anche il fondatore di Playboy era agente e complice. E con lui le sue “conigliette” a stipendio a tanti zeri.