Il 10 febbraio cade la giornata del ricordo delle foibe istituita il 30 marzo 2004. Ogni anno va in scena un rappresentazione ideologica e parziale di quegli eventi che, difficilmente, può contribuire alla memoria civile e consapevole diciò che è stato. La fiction spesso si sostituisce alla realtà storica, già in sé terribile, e la verità è così sostituita da una rapppresentazione edulcorata e che non è di ausilio a comprendere ciò che fu al fine che non si ripetano simili eventi. Si pensi alla fiction Rai “Il cuore nel pozzo”, in cui la “storia diventa un mezzo per l’audience”.
Le immagini in bianco
e nero delle vittime che ogni anno accompagnano le vicende degli infoibati e
degli esodati istriani, procurano
un’emozione e uno sdegno senza concetto, pertanto dopo che la giornata si è
consumata nella medesima liturgia e ritualità degli anni precedenti non resta
che una irriflessa avversione per i comunisti titini, i quali appaiono come
creature irrazionali che in nome di foschi principi, in sé sanguinari, hanno
posto termine, in modo cruento, a migliaia di esseri umani per bieco odio
ideologico. La ricerca storica, dinanzi a ricostruzioni semplicistiche e
finalizzate a far apparire il sistema liberale come la patria dei diritti,
annaspa ed è costretta al silenzio. Nelle giornate della memoria, che ormai si
moltiplicano in modo sospetto, la storia è sostituita dalla narrazione ideologica
per immagini, mentre le parole sono ridotte a slogan retorici.
Le giornate della
memoria, pertanto, sono in sé inutili e anch’esse sono parte del sistema di
controllo e sorveglianza della storia. In una nazione democratica sarebbe sufficiente lo studio della storia in
ogni ordine e grado di scuola per promuovere la cultura del ricordo finalizzato
alla prassi sociale, invece si tagliano le ore di storia e della formazione e
si offrono giornate della memoria fondate sull’ignoranza pianificata. Il caso
delle foibe è paradigmatico, si taglia la parte dalla interalità viva della
storia per trasformarla in un feticcio astratto.
Le vittime sono
onorate solo nella verità e nella comprensione olistica dei fenomeni storici, i
quali sono anticorpi etici per filtrare politicamente il presente. La violenza
che si perpetra oggi non potrà che partorire altra violenza e per rompere tale
automatismo è necessario accostarsi a tali dolorose esperienze con la “volontà
di sapere e di ricercare”. Solo in tal
modo la memoria è forza plastica e progettuale. Nel caso delle foibe si occulta
che esse furono utilizzate dai fascisti che occupavano tali territori per
liberarsi degli oppositori. Si rimuovono le violenze pianificate di cui furono
vittime gli sloveni e non solo durante il ventennio fascista.
I fascisti proibirono agli
slavi l’uso della lingua, negarono i diritti individuali ai non italiani e imposero
l’italianizzazione forzata. I campi di concentramento e di lavoro, il più
famoso nell’isola di Rab, non mancarono, anzi spesso erano campi nei quali gli stessi
ebrei erano “temporaneamente ospitati” prima di essere trasferiti nei campi di
sterminio. Le violenze perpetrate in modo continuo culminarono nella Circolare 3C del generale Mario Roatta
del 1 marzo 1942 che definiva l’Istria e i territori sotto il controllo dei
nazifasisti un immenso campo da bonificare con ogni mezzo pur di sconfiggere le
forze partigiane titine a cui si unirono anche gli italiani. Nella premessa della Circolare 3C si afferma che non “dente
per dente, ma testa per testa dev’essere la logica da perseguire contro gli
oppositori e i resistenti al fascismo”. Nell’introduzione al punto VI si
afferma:
— II trattamento da
fare ai partigiani non deve essere sintetizzato dalla formula: « dente per
dente » ma bensi da quella « testa per dente » !
— La prontezza e la
potenza della reazione suppongono:
— in primo luogo dei «
ginger »;
— in secondo luogo: una
organizzazione, permanente e contingente, propria allo scopo (elementi mobili,
di pronto impiego).
Nel paragrafo IX dal titolo “Si deve combattere a fondo e con
accanimento” si legge:
“Non vi sono
circostanze che autorizzino nuclei o singoli a cessare dalla lotta od a sbandarsi,
come non esistono circostanze che legittimino perdite in armi e prigionieri,
non accompagnate da notevoli perdite in morti e feriti.
— L ’eventuale verificarsi
di simili fenomeni, ed il rientro di militari disarmati e di prigiionieri,
danno luogo a rigorose inchieste, ed a gravissimi provvedimmenti disciplinari o
penali”.
Nel capitolo II al paragrafo 48 della Circolare 3C si
descrive l’occupazione mediante una fitta rete di presidi piccoli e grandi che
avevano il compito di stringere il territoro in una morsa d’acciaio a cui
nessuno doveva sfuggire. La guerra era contro il popolo slavo:
“In particolare, il
controllo dei territori annessi viene assicurato mediante una intelaiatura
fitta di piccoli presidii, costituiti per io piü da plotoni (o reparti equivalenti)
di forze di polizia o similari, a cui si sovrappone una intelaiatura, meno fitta,
di presidii maggiori”.
Sullo sfondo dell’occupazione resta la pratica del razzismo e
della discriminazione verso le popolazioni non ancora italianizzate. In questo
clima matura la tragedia delle foibe, come in tutte le guerre pagarono gli
innocenti.
Mario Roatta è
sopravvissuto alla Seconda guerra mondiale ed è fuggito in Spagna protetto dal
regime di Franco, si è spento nel 1968 a
Roma, dove rientrò nel 1966 e potè usufruire dell’aministia definitiva del 1953
per tutti i reati politici commessi entro il 1953. La fuga gli ha permesso di
sottrarsi ai processi per i crimini di guerra. Mario Roatta è scomparso dalle
cronache storiche, il suo nome e la sua Circolare
3C è sconosciuta e in, tal modo, la catena delle azioni e reazioni resta
incompresa. Non è secondario il fatto
che la cacciata degli istriani e la
tragedia di coloro che non hannno perso solo i loro beni, ma anche la loro
identità e la loro lingua non è, oggi, forza etica e plastica che ci è di ausilio per
capire la tragedia che vivono i migranti del nostro tempo, anch’essi
costrettti per ragioni complesse e spietate (il capitalismo) a lasciare la
terra e il suono della loro lingua per diventare anonime presenze da sfruttare.
Si pensi in questi
giorni agli abitanti di Gaza che ritornano in una terra con 50 mila tonnellate
di macerie e con ancora diecimila cadaveri sotto le macerie. Per loro nulla è come prima, ma anche le macerie
assumono un significato, sono le loro macerie, in esse vi è la loro stroria
rubata e umiliata.
Gli istriani furono
accolti in Italia, fortunatamente, malgrado tutto…
La giornata della
memoria delle foibe fu istituita in piena mutazione genetica dell’ex Partito
comunista e in tumultuosa campagna anticomunista del partito di Berlusconi in
perenne ricerca di consensi.
Ciò che manca è la
storia meditata a scuola, nelle università e in ogni luogo, ovvero nel
quotidiano vivere, solo nell’ordinaria normalità la storia può diventare non un
ricordo ma memoria dei crimini e superamento razionale delle logiche di potere
che causano i crimini. Al momento siamo distanti da tanta profondità etica e
politica, per cui la retorica non produce che momentanee emozioni senza
radicamento di nessun genere. Gli
istriani e la loro storia devono essere pensati in modo complesso, solo in tal
maniera l’irrazionale può asssumere una forma e diventare memoria che sa
riconoscere le violenze e sa rifiutarle con la politica e non certo con la
forza. Le parole di Umberto Saba nella poesia Ulisse ci raccontano della nostalgia degli istriani e di ogni
popolo invaso e depredato:
Nella mia giovinezza ho
navigato
lungo le coste dalmate.
Isolotti
a fior d’onda
emergevano, ove raro
un uccello sostava
intento a prede,
coperti d’alghe,
scivolosi, al sole
belli come smeraldi.
Quando l’alta
marea e la notte li
annullava, vele
sottovento sbandavano
più al largo,
per fuggirne l’insidia.
Oggi il mio regno
è quella terra di
nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi
lumi; me al largo
sospinge ancora il non
domato spirito,
e della vita il
doloroso amore.
Che nessun uomo viva l’esperienza della “terra di nessuno”, questo dovrebbe essere il senso della memoria della storia che nessuna giornata del ricordo stretta tra fiction e manipolazione ideologica può dare. Ogni giorno dovremmo ricordare i popoli senza terra resi tali dai padroni del mondo, i quali, mentre alimentano le giornate del ricordo si garantiscono la continuità del potere. A tutto questo deve andare il nostro “no pensato”, in modo che ogni popolo abbia la sua terra e che il sangue delle vittime possa non essere stato versato invano.