A partire
da domenica sera ad ascoltare i vari Tg e dal giorno dopo a leggere i vari
quotidiani si ricava un solo dato: lo scampato pericolo rappresentato grazie
alla sconfitta della destra guidata
dalla Le Pen e la contestuale vittoria delle sinistre raggruppate nel Nuovo
Fronte Popolare. Il risultato del ballottaggio ha invertito il risultato del
primo turno, la coalizione di destra è arrivata terza, seconda la coalizione di
Macron, primo il Nuovo Fronte Popolare.
La realtà,
ad analizzare i risultati definitivi, è molto diversa. In Francia non è
cambiato nulla, ha vinto ancora una volta Macron e gli interessi che
rappresenta. I risultati definitivi in termini di percentuali e di numero di seggi
conquistati assegnano al Presidente
della Repubblica il ruolo di guida. Macron continuerà a fare il presidente
della Repubblica fino alla scadenza del mandato, anno 2027; dei 163
parlamentari eletti nella coalizione di Macron, 99 appartengono al suo partito Reinassance o
semplicemente France En Marche!, dato questo che gli attribuisce un notevole potere
coalizionale. R.N. della Le Pen con 10 milioni di voti e 126 parlamentari
eletti è il primo partito ed il primo gruppo parlamentare. Il partito di
Mélenchon, France Insoumise, è il terzo gruppo parlamentare con 75 eletti;
quarto e quinto sono rispettivamente Udi partito di destra e i socialisti. Il
NFP , ossia le sinistre, hanno donato il sangue alla destra neoliberale e tecnocratica
rappresentata da Macron, infatti 127 dei suoi candidati, a fronte di circa 90
della coalizione di Macron, hanno ritirato la candidatura al secondo turno
favorendo in questo modo la crescita del numero di parlamentari macroniani.
Prima di
procedere con l’ulteriore analisi dei dati è necessario focalizzare l’attenzione
su come nasce il partito di Macron. La Republique En Marche! viene fondato nel
2016 da Macron, allora ministro del governo Valls, Presidente della Repubblica
Francois Hollande. Macron da ministro dell’economia è il vero artefice della
svolta in senso chiaramente neoliberale del governo Valls. Solo per memoria
riporto le modifiche apportate al diritto del lavoro che in materia di
contrattazione riporta la lancetta della storia all’originario testo del Code
Civil del 1804. La sostanza di quella controriforma può essere riassunto nei
seguenti punti: negoziazione dei contratti di lavoro a livello aziendale e non
solo nazionale, quindi libertà per le imprese che possono negoziare con i
singoli lavoratori i dettagli dei contratti di lavoro; abolizione della
clausola della c.d. “ salute globale dell’azienda” per cui era possibile
bloccare i licenziamenti nel caso l’azienda avesse i conti in ordine; libertà
per le imprese con meno di 50 dipendenti nella gestione della sicurezza dei
lavoratori e della loro rappresentanza; cambiamento anche dei contratti a tempo
determinato per cui se prima la loro
durata e la possibilità di rinnovo erano stabilite per legge (massimo due
volte), a far data dalla legge voluta da Macron le condizioni possono essere
discusse all’interno di ciascuna azienda con i sindacati. Una flessibilità del
lavoro che fa ripiombare la legislazione
francese, come dicevo, ai tempi del Code Napoleon ribadendo l’impianto
ideologico tipicamente liberale della parità nel rapporto contrattuale tra
datore di lavoro e lavoratore. Nonostante le numerose manifestazioni, blocchi
stradali e scontri con le forze dell’ordine i provvedimenti legislativi vennero
approvati. Dell’azione di Macron ministro a pagarne le conseguenze sul piano
politico furono Valls e Hollande. Abilmente Macron uscì dal Partito Socialista
fondando una sua Associazione “Association pour le renouvellement de la vie
politique” che si trasformerà nel partito appunto La Republique En
Marche!.
Il nuovo
movimento si presenta come una forza politica che punta al superamento della
tradizionale contrapposizione tra destra e sinistra. Il profilo è quello di un
movimento politico progressista, europeista, ambientalista fondamentalmente
neoliberale e tecnocratico. Alle elezioni politiche si allea con i Liberali di Bayrout.
Nel partito di Macron confluiscono esponenti del Partito Socialista come
provano i pessimi risultati elettorali di quel partito, personaggi come
Jaques Attali esponenti del mondo
economico, finanziario e della tecnocrazia. Secondo alcuni sarebbe stato
proprio Attalì ad avere scoperto Macron suggerendolo a Sarkozy. Attali è stato
presidente della “Commissione per la liberazione della crescita” voluta appunto
da Sarkozy, della quale ha fatto parte anche Macron. Tra i componenti di questa Commissione due
volti noti della politica italiana: Mario Monti e Franco Bassanini,
quest’ultimo compare tra i firmatari della richiesta di Referendum abrogativo
della Legge Calderoli sul regionalismo differenziato. A conferma del
trasformismo politico che lo contraddistingue, eletto Presidente della
Repubblica incarica di formare il governo l’esponente della destra Edouard
Philippe. Lo spazio politico che occupa è fondamentalmente il centro. Da questo
excursus è facile prevedere che in soccorso dei 163 parlamentari della coalizione
macroniana possano arrivare – noi italiani ne sappiamo qualcosa – in nome della
responsabilità, la pattuglia dei 65 parlamentari socialisti da sinistra e i 68
parlamentari eletti nelle fila dell’Unione dei Democratici e degli Indipendenti
(UdI) da destra. Dicevo, noi italiani di soccorsi e di responsabili di tal
fatta ne abbiamo visti negli ultimi tre decenni. Solo per memoria, i Governi
D’Alema, Amato, Letta, Renzi e ultimo Draghi. Governi favoriti dall’azione di
Presidenti della Repubblica, non solo a mio modesto parere ma anche di molti
giuristi, che sono andati ben oltre il ruolo e le funzioni assegnate dalla
Costituzione. Solo per inciso, l’Italia, di fatto, è diventata una repubblica
semi presidenziale con la differenza che in Francia il Presidente viene eletto
dal popolo. Ma questa è un’altra storia.
Ad aver
vinto sono Macron e l’establishment economico, finanziario, tecnocratico e lo
stesso complesso industriale militare che lo sostiene. Per cui rivedremo la
riconferma della Von der Leyen, l’acuirsi del conflitto bellico tra Ucraina e
Russia, continueranno i massacri nella striscia di Gaza, contineranno le
politiche neoliberali di austerità e di riduzione dei diritti sociali. I
possibili effetti sul quadro politico italiano, effetti che hanno implicazioni
anche a livello di Unione Europea, riguardano soprattutto il ruolo della Meloni.
La narrazione dei media neoliberali pro establishment continuano a celebrare il
risultato delle elezioni europee e delle recenti amministrative come una grande
vittoria del campo progressista contro la destra – centro al governo,
narrazione fondata sul nulla. E’ sufficiente fare qualche somma per scoprire
una semplice verità: la distanza tra centrodestra e centrosinistra è
sostanzialmente immutata rispetto alle elezioni politiche del 2022. Fatta
questa doverosa precisazione per alcuni aspetti il quadro che si presenta è lo
stesso di cinque anni fa quando al governo c’era il “disprezzato “ Conte
sostenuto da M5S e Lega. Allora la Lega prese il 34% dei consensi doppiando il
M5S e 12 punti percentuali più del PD che si attestò al 22%. Cinque anni fa, in vista della elezione del presidente
della commissione UE ad essere normalizzato fu il M5S il quale contribuì ad
eleggere la von der Leyen Presidente della Commissione UE; oggi la
normalizzazione riguarderà Fratelli d’ Italia. Conte, in visita di Stato in
Giappone ritornò rapidamente in Europa per trovare l’accordo a livello di U.E.
Gli europarlamentari eletti nelle fila del M5S votarono a favore della von der
Leyen, addirittura furono determinanti.
I giornali nazionali si soffermano sulle spaccature
all’interno delle forze di destra presenti nel Parlamento U.E. sostenendo che
indeboliscono la Meloni, lettura a mio parere sbagliata. Meloni, al pari di
Conte, è alla ricerca di una legittimazione totale e completa da parte
dell’establishment da far valere anche in Italia. La Lega di Salvini si sposta
a destra della Meloni aderendo nel parlamento UE al gruppo che sta formando
Orban, questo spostamento consente a Fratelli d’ Italia di occupare uno spazio
politico di destra conservatrice legittimando così ancora di più il suo ruolo. Se la manovra dovesse
riuscire il governo Meloni si rafforzerà ancora di più. In fin dei conti è ciò che
Conte fece cinque anni fa aprendo la via al suo secondo incarico dopo la crisi
aperta da Salvini. Il quadro è per molti versi simili, sono cambiati solo alcuni
dei protagonisti ma non la sostanza. Il voto delle elezioni europee e il voto
politico in Francia restituisce un quadro politico dove l’establishment
economico – finanziario e tecnocratico ancora una volta si consolida.
Ritornando alla Francia e avviandomi alla conclusione, la perdita di terreno in Africa potrebbe spingere Macron a tentare la carta dell’intervento militare diretto in Ucraina, potrebbe essere questa la causa del terzo conflitto mondiale. Non ci resta paradossalmente che sperare nella vittoria di Trump alla presidenziali USA. Ultima nota utile a comprendere fino in fondo il tutto, gli USA hanno deliberato un prestito alla Polonia per l’acquisto di armi, manco a dirlo le armi devono essere acquistate dagli USA. Ormai i governi occidentali sono sempre più convinti che la soluzione alla crisi economica è nel riarmo, questa convinzione può essere smontata solo da un forte movimento di popolo che annulli qualsiasi mediazione. Perché ciò possa verificarsi serve un “ pacifismo integrale” senza compromessi.