Non mi stupiscono le deliranti affermazioni dell’ex comico sull’inutilità del parlamento (e presumo delle assemblee rappresentative) e del funzionamento ottimale delle dittature rispetto alle democrazie.
Mi stupisce la credibilità di cui questo personaggio gode tra militanti che si definiscono di sinistra o che comunque si impegnano nelle lotte sociali, ambientali…
Perché Beppe Grillo è ormai da tanti anni che evidenzia apertamente la sua cultura qualunquista, le sue idee piccolo-borghesi, con le sue direttive aziendalistiche che trasmette, placidamente, ad una platea di ingenui e di incolti.
Il suo populismo (lotta alla corruzione, all’inefficienza, allo spreco, alla mala sanità, alla mala istruzione…) è stato scientemente abbinato al disprezzo del movimento sindacale, alla noncuranza delle lotte dei lavoratori, all’indifferenza nei confronti dei migranti, al disinteresse per le guerre coloniali dell’Occidente. Populismo che, una volta al governo, ha mostrato tutta l’inanità, la vanità, di parole ipocrite inviate ad “un popolo disperso che nome non ha…”
Che tanti italici abbiano abboccato con grande passione al capo di un’azienda che non veniva definita partito perché si potessero emettere delle ordinanze dall’alto, giustificandole in quanto provenienti dal manager, nonché proprietario del marchio e dell’azione politica e quindi legittimato a stroncare il dissenso e ad espellere coloro che non si piegano ai suoi diktat è la dimostrazione più lampante dello stato confusionale in cui si è trovato il popolo italico dopo la fuoruscita dal pensiero democratico e realmente progressista delle avanguardie storiche del comunismo, del socialismo, del movimento libertario.
Grillo vuole una governabilità efficiente, che non abbia intoppi, che non sia costretta a defaticanti mediazioni, a continui compromessi. Il parlamento crea perciò dei problemi. Ridurre il numero dei rappresentanti costituirebbe di già un successo sia pure modesto. Abolirlo sarebbe per la governabilità il rimedio ottimale. Del resto, come dimenticare la frustrazione in merito alla perdita di tempo che costituisce un assemblea rappresentativa, espressa da un suo sodale, Mario Monti “E’ il parlamento che inceppa le riforme strutturali, bisognerebbe aggirarlo per evitare che frenino lo sviluppo…il problema dell’Italia è che si vota troppo spesso e sono ancora troppi ad andare a votare”. L’aggiramento del parlamento e dello stesso popolo italico Mario Monti è riuscito sapientemente a realizzarlo attraverso l’Unione Europea. “Lo vuole l’Europa”.
Il grillo ha espresso i suoi desiderata che sono gli stessi del neoliberismo che ha saputo esordire sul piano politico nel settembre del 1973, assassinando Salvator Allende e la democrazia di orientamento socialista che si stava avviando in Cile. Il golpe, fortemente voluto dal premio Nobel per la pace, Henry Kissinger, ha spianato la strada alle riforme neoliberiste che hanno stravolto l’economia cilena e ridotto il Paese, dopo un eccidio di massa, ad una formazione sociale di tipo coloniale. Esempio fulgido di devastazione di una nazione che è stato ben replicato dal “Pinochet russo”, Boris Eltsin, autore di uno spregiudicato saccheggio che aveva ridotto la Russia alla fame e regalato le risorse ingenti dello stato sovietico ad una banda di capitani coraggiosi che ha formato una mafia oligarchica che, in parte, ridotta di numero, ancora oggi, grava sul Paese.
Per chi conosce la storia del Novecento, le geniali puntualizzazioni del manager dei Cinquestelle risultano ovvie. Quando il Capitale è in difficoltà rispetto alle aspettative, alle lotte di un popolo, necessita della dittatura che può essere più o meno spietata ma comunque repressiva di ogni rappresentanza di popolo, a meno che tali rappresentanze, come sta avvenendo ora nell’Occidente, siano evanescenti e prive di potere reale.
Il grillo, disdegna tali apparenze che fanno credere a molti militanti, a tanti intellettuali che viviamo ancora in una democrazia piena, nonostante lo svuotamento terrificante della Costituzione. Il grillo vuole come il Gelli la fine di tali apparenze. Credo che per lui il massimo di efficienza sarebbe dato anche da una diminuzione dei membri del governo, da un dimezzamento, e diciamolo pure, da un governo di un uomo solo al comando.