Duecentocinquanta Euro


In uno dei tanti incontri istituzionali che ho fatto in questi anni come rappresentante di associazioni di genitori separati, mi è stato detta la solita frase, celebre per chi non ha queste sfortunate frequentazioni: come si fa a crescere un figlio con 250 € al mese. Potrebbe sembrare una frase innocua, ma veniva pronunciata in capo ad un discorso riguardante il pagamento di assegni di mantenimento da parte di uomini, padri, a donne, madri loro ex-mogli, ed in questo contesto rappresenta uno dei vertici assoluti del luogocomunismo nostrano, insieme ad altre amenità come quella dei “bambini con la valigia”, sulla quale però si può discutere, mentre qui siamo nell’ambito becero delle incontrovertibili verità.

Prendendo spunto da questo episodio (peraltro accaduto innumerevoli volte nel corso di quasi venti anni di volontariato in questo campo), vorrei fare alcune considerazioni che seguono un mio articolo già pubblicato qui nel recente passato sull’applicazione dell’affido condiviso in Italia.

Innanzi tutto chiariamo perché la frase è un luogo comune: 250 € sono certamente pochi dato che il costo di un figlio per una famiglia italiana media vale circa 1000 € al mese se usiamo i dati riportati in [1] rivalutati ai valori odierni, ma come sempre possono essere tanti se chi deve pagarli ha un salario di 800 € al mese o pochissimi per chi guadagna 8000 € al mese. Soprattutto se nel primo caso ci si deve pagare anche il costo di un’abitazione in affitto [2]. Ma possono essere pochi anche per chi li riceve perché se non lavora potrebbero non essere sufficienti a raggiungere una cifra congrua per l’accudimento di un figlio che come abbiamo visto è quattro volte più alta in media. Potrebbero però essere molti, un bonus extra diciamo, se chi li riceve ha una casa di proprietà o assegnata come casa familiare e uno stipendio uguale di chi invece deve sbarcare il lunario in affitto. Per questo vanno contati gli effettivi oneri che i genitori pagano, compreso l’eventuale mutuo se presente. Non ha nemmeno senso dire “ma mia cugina mi ha detto che il suo ex non gli paga il mutuo e nemmeno il mantenimento a volte”, si ma poi c’è anche mio cugino che mi dice “che lui paga il mutuo e il mantenimento regolarmente, ma vive in una monocamera in affitto dove non può ospitare i figli”, i singoli casi non possono fare statistica, va considerata sempre la media a livello generale, mentre poi le decisioni anche quando sono giuste dei giudici e tengono conto di tutti gli oneri, si attagliano al caso particolare. Se poi c’è un’evidente ingiustizia è necessario considerare la denuncia penale o il ricorso civile (570 cp in caso di inadempienza o un ricorso per la modifica dell’omologa della separazione in caso di eccessivi oneri), denunce e ricorsi che purtroppo nel nostro sistema giuridico ingessato possono richiedere anni prima di arrivare a sentenza.

Cosa dovrebbero fare lo Stato e le Regioni? In alcune Regioni come il Lazio e la Lombardia già esistono leggi regionali che si assumono l’onere di alleviare i problemi dei genitori separati. In particolare se guardiamo alla legge della Lombardia, la cui legge data al 2014, essa contribuisce con due misure: la prima è di carattere normativo, e a costo zero, si tratta semplicemente di permettere ai genitori separati la possibilità di accedere alle graduatorie dell’edilizia popolare se nell’omologa della separazione essi hanno perso l’assegnazione della casa familiare in favore dell’altro coniuge, anche nel caso ne fossero gli unici proprietari [3]. L’altra misura è un sostegno di carattere economico, una somma mensile che la regione, attraverso un regolamento di assegnazione che prevede anche un patto di corresponsabilità, mette a disposizione dei genitori in condizione di disagio sociale ed economico. L’importo stanziato dalla Regione Lombardia è di 20 M€ all’anno, data anche la differenza di popolazione è ragionevole pensare che 10 M€ siano sufficienti per una regione ad esempio come la Campania dove un legge simile non esiste. Nei dieci anni di applicazione della legge in Lombardia si può dire che i padri hanno avuto accesso più frequente alla prima misura (sostegno abitativo) dovuto al fatto che molto frequentemente non hanno l’assegnazione della casa familiare, mentre le madri hanno avuto in maggioranza la seconda misura (sostegno economico) a causa del fatto che come si sa in Italia l’occupazione femminile è bassa, cosa che influisce sui redditi medi delle donne rispetto agli uomini (quello che è l’effettivo gender gap e non quello che il mainstream vorrebbe farci credere ossia che la singola donna possa essere pagata meno di un uomo a parità di mansioni).

Per quanto riguarda il sostegno abitativo esso è materia regionale poiché gli enti per l’assegnazione delle case popolari dipendono dalle regioni (come l’Aler in Lombardia). Tuttavia lo Stato centrale potrebbe anche intervenire sulla seconda misura del sostegno economico, dato che non essendo a costo zero molte regioni non lo fanno. Semplicemente dovrebbe prevedere, ad esempio, un incremento dell’Assegno Unico per i genitori separati collegato a dei coefficienti ISEE adattati a questi casi. La stessa cifra che abbiamo visto sopra per la lombardia, facendo una media, potrebbe essere per l’intera Italia di circa 120 M€ all’anno, una cifra modesta il 4×1000 della finanziaria 2024. Naturalmente, si possono usare sistemi diversi dall’Assegno Unico o integrare i contributi regionali se ogni regione stanziasse una cifra tutto sommato anche più modesta di quelle che spendono le regioni che già lo fanno [4]. A parte i vantaggi economici questo contributo avrebbe anche il vantaggio di alleviare il lungo tempo necessario perché le cause civili o penali vengano a conclusione, quindi disinnescando, almeno parzialmente, quella conflittualità tra ex coniugi che spesso porta ad altre spese legali che vanno a incidere in una situazione in cui già ci sono problemi economici (cosa che porta molti genitori non abbienti a rinunciare al diritto di accedere alla giustizia). La conflittualità tra genitori separati andrebbe assolutamente evitata perché è un danno soprattutto per i minori.

Questa che abbiamo descritto è certamente una via praticabile, ma a mio parere ce ne è anche un’altra che uno Stato che si dica davvero progressista dovrebbe attuare, e qui torniamo al discorso già fatto in [4]. Abbiamo visto che l’Italia ha decisamente optato per la maternal preference, è data così per scontata che i luoghi comuni che abbiamo descritto sopra sono pressoché noti e utilizzati dalla maggior parte delle persone. La legge 54/2006 ormai è un mero ricordo, formalmente l’affido condiviso esiste, ma di fatto esso è un’affido monogenitoriale, in massima parte alla madre (90%). Non è neanche sorprendente che la maggior parte delle denunce penali tra genitori separati siano cp 570 per violazione degli obblighi di assistenza familiare o cp 388 per violazione delle statuizioni dei giudici. Ma se fosse applicata la JPC (Joint Parental Custody) ovvero l’affido condiviso reale cosa cambierebbe? Beh, ci sarebbe senz’altro una forte diminuzione dell’assegno di mantenimento perché esso non potrebbe essere che un assegno perequativo residuale se i tempi di frequentazione sono grosso modo paritetici [5], il mantenimento sarebbe in massima parte diretto. Un contributo statale andrebbe ai genitori non abbienti, ma non ci sarebbe in linea di massima il problema di determinare gli oneri comprendendo il mantenimento perché nel caso delle coppie in JPC questi sarebbero marginali: è probabile che in molti di questi casi il contributo statale da solo basterebbe a coprire le differenze tra i coniugi. L’unico problema resterebbe stabilire il peso della casa familiare. Inoltre, si avrebbe certamente una ulteriore diminuzione della conflittualità; che ricordo, di nuovo, è innanzitutto un danno per i minori. Infine, dobbiamo anche dire che JPC significa anche più tempo per le madri da dedicare ad un lavoro senza essere vincolate alla cura dei figli, cosa che contribuirebbe ad aumentare il lavoro femminile che, come detto, è molto scarso rispetto ad altri paesi Europei [6]. E non dobbiamo dimenticare che se la famiglia viene vista sempre più dai giovani come una cosa complicata e difficile da cui stare alla larga è anche perché i modelli familiari del passato sono ormai desueti e le sofferenze dei figli dei separati sono note a tutti, per cui una buona gestione delle separazioni può avere effetti positivi anche sulla natalità. Sorge a questo punto il sospetto che Francia, Spagna, Svezia e gli altri paesi europei che hanno scelto la via della JPC lo abbiano fatto con cognizione di causa valutandone gli effetti come tutti positivi per il futuro. Ma per quanto riguarda l’Italia sembra che tutto questo non accadrà, dovrei dire che siamo dalle parti di chi diceva ho un sogno

ah, ma che fare con chi proprio non vuole saperne dei figli? Certo l’affido condiviso non è la panacea per tutti i mali. Vi sono genitori che nonostante abbiano riconosciuto il figlio finiscono per disinteressarsene completamente (in questo modo perdono anche la responsabilità genitoriale, ma non l’essere genitore; per evitare fraintendimenti non sto parlando di chi si vede attribuire improvvisamente un figlio tramite test del DNA, che è un diverso problema, ma di figli riconosciuti alla nascita e solo successivamente abbandonati). Non esiste legge, penale o civile, che possa modificare questo atteggiamento non infrequente, ne sarebbe costruttivo introdurne complicando ulteriormente dei codici già ipertrofici con una giustizia al rallentatore. L’unica cosa che forse è possibile fare è l’utilizzo di un sistema di Crediti Sociali. Le comunità hanno il diritto-dovere di far si che i minori ricevano cura da entrambi i genitori e se uno dei due si rifiuta, hanno il diritto di esprimere sotto forma di una moderata sanzione sociale (non penale, non economica, ma di cui poi si potrebbe studiare le forme) la loro disistima per costoro.

[1] Quanto costa un figlio: da un articolo di Panorama il costo di un figlio, Papa Separati Lombardia.

[2] Il problema è che non si pensa più in termini di classi sociali: tutto è appiattito su una generica classe media che in realtà non esiste. A questo proposito sarebbe utile leggere il recente libro di Pier Giorgio Ardeni Le classi sociali in Italia oggi (Laterza).

[3] “La Regione promuove interventi di sostegno abitativo a favore dei coniugi separati o divorziati in condizioni di disagio economico, che, a seguito di provvedimento dell’Autorità giudiziaria, sono obbligati al versamento dell’assegno di mantenimento dei figli e non sono assegnatari o comunque non hanno la disponibilità della casa familiare in cui risiedono i figli, anche se di proprietà dei medesimi coniugi o ex coniugi” Legge Regionale 24 giugno 2014, n. 18, Regione Lombardia.

[3] Se proprio si volesse essere sicuri si potrebbero dare questi contributi tramite una social card apposita che permette di controllare quali spese vengono fatte per figli.

[4] Regresso e Femminismo, Giacomo Rotoli, L’Interferenza 7 settembre 2024.

[5] Su questo si esprime spesso l’altro luogo comune dei “bambini con la valigia”, ma è un’argomento che vale semmai per chi deve passare un fine settimana a casa di un genitore dove non ha una residenza abituale (termine d’invenzione giuridica) non per delle frequentazioni paritarie in cui non c’è nessuna valigia avendo i minori due case in cui risiedono intorno al 50% del tempo, tempo che non deve essere gestito in modo rigido, oltre alla classica settimana alterna ci sono anche periodi alterni di taglio diverso, si possono fare due settimane alterne o mesi alterni, o periodi delle vacanze alterne. Non conta nulla l’esperienza personale (mio cuggino ha detto che…) ma vorrei dire che i miei figli in affido condiviso paritetico non hanno mai portato nessuna valigia.

[6] Il tasso di occupazione in Italia è al 56,5% di occupate donne tra i 20 e i 64 anni resta lontano soprattutto dalla Germania (77,4%) e dalla Francia (71,7%) (media UE 69,3%). Fonte Il Sole 24 Ore, 2024.

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