Torno brevemente sul covid perché un dibattito sull’Interferenza con alcuni lettori mi ha fatto capire che è necessario un approfondimento da parte mia.
La mia opinione è che i lockdown adottati da più o meno tutti i governi siano dovuti al timore che un eventuale collasso sanitario possa conseguentemente portare ad una rottura della pace sociale. E la rottura della pace sociale è ciò che temono più di ogni altra cosa al mondo i governi e le classi dominanti che essi rappresentano.
Ribadisco ciò che ho già detto in altri miei precedenti articoli. Il covid è una patologia grave ma non gravissima e non un flagello, nel senso che il tasso di letalità è relativamente basso ma quello di contagiosità è invece molto alto. Ciò significa che molte persone che hanno contratto o contrarranno il virus potrebbero avere necessità (al fine di sopravvivere o comunque di guarire, non certo per fare una scampagnata nei reparti di terapia intensiva…) di essere ricoverate in ospedale. Ora, il sistema sanitario nazionale (ma vale evidentemente anche per quelli di altri paesi) in virtù di questo afflusso straordinario di pazienti, potrebbe collassare. Per fare degli esempi banali, se la situazione precipitasse, si potrebbe arrivare al fatto (increscioso) di dover impedire l’accesso in un ospedale ad uno che si è rotto una gamba in un incidente stradale, con le conseguenze che possiamo immaginare (se una gamba rotta non viene curata una persona potrebbe rimanere claudicante per tutta la vita oppure la gamba potrebbe anche andargli in cancrena, a seconda della gravità della frattura e della ferita). E’ solo un esempio banale, naturalmente, ne potrei portare centinaia anche di più gravi.
Ora, è evidente che se si determinasse una simile situazione, potrebbe potenzialmente verificarsi, come dicevo poc’anzi, una rottura della pace sociale, cioè una rivolta sociale di una certa entità con conseguenze politicamente imprevedibili. Perché sentirsi (ed essere) abbandonati in quel modo, oltre a portare ad uno stato di disperazione, porta inevitabilmente al punto di rottura, alla fine di ogni possibile mediazione o patto sociale fra le persone e lo stato.
La ragione politica, dunque (quella scientifica è altro discorso), dei lockdown, è a mio parere questa. Chi ci governa ha ritenuto gestibili, o comunque più gestibili, le conseguenze economiche e sociali della chiusura (comunque parziale, perché milioni di lavoratori hanno continuato e continuano a lavorare…), mentre ha ritenuto meno o molto meno gestibili le conseguenze di un collasso sanitario con relativa potenziale rottura della pace sociale. E noi sappiamo che quest’ultima è da sempre la vera bestia nera delle classi dominanti. Non gliene importa nulla della guerra fra poveri (anzi, la alimentano), gli importa ancora meno della guerra fra i sessi, o meglio, della guerra contro il genere maschile (al contrario, alimentano anche e soprattutto questa, il bombardamento mediatico femminista a cui siamo sottoposti da anni e anni lo dimostra), ma gli importa, eccome, del mantenimento della pace sociale. Ai miei tempi un gruppo di estrema sinistra tra i più famosi, cioè Potere Operaio, aveva coniato uno slogan a mio avviso molto efficace che recitava testualmente: “Pace sociale, vince il capitale. Lotta di classe, vincono le masse”.
Non entro volutamente nel merito della questione scientifica per la semplice ragione che non ne so nulla. Oggi tutti si sono inventati e si inventano esperti, né più e né meno di come tutti si inventano allenatori di calcio. Personalmente non sono in grado di dire se il lockdown sia una misura giusta oppure no, per cui mi limito a prendere posizione su quello che so e non su altro. La posizione che ho preso sulla crisi pandemica, l’ho presa sulla base dei dati, dei numeri e delle percentuali forniti dal ISS. Ma, ribadisco, non sono un esperto e quindi le mie considerazioni non possono che essere di ordine squisitamente politico (dove forse mastico qualcosina…) e non di carattere medico o scientifico. E quindi, sotto questo profilo, non posso che affidarmi a chi ne sa infinitamente più di me che non ne so nulla. Non sono quindi in grado di dire se la chiusura sia la migliore modalità per limitare la circolazione del virus oppure ve ne siano altre. Non lo so e non è oggetto della mia analisi e di ciò che io sono realisticamente in grado di fare. Per cui, mi limito (si fa per dire perché è un risvolto fondamentale) all’analisi politica e ai risvolti di ordine politico e sociale della crisi pandemica.
Seconda questione. Oggi, in molti parlano di “Grande Reset” (anche alcuni amici che collaborano a questo giornale), e lo scrivono anche con la maiuscola proprio per dare più forza e significato alla loro tesi. Secondo questa tesi, sarebbe in corso, appunto, un “resettaggio” totale del sistema capitalista mondiale, studiato, pensato e concepito a tavolino da alcuni gruppi di potere che tengono in mano le redini del mondo intero. In parole povere, è quella posizione che, comunemente, viene definita come “complottista”. Siccome a me non piacciono le semplificazioni e soprattutto le volgarizzazioni, preferisco definire questa posizione come “riduzionista”. Queste persone tendono cioè a semplificare, in modo a mio parere anche tendenzialmente manicheo, la complessità della realtà. Per cui il mondo – sto semplificando all’inverosimile, me ne rendo conto – sarebbe diviso fra una ultra minoranza di super ricchi e di “kattivi” (come ripeto, sto semplificando e se volete anche banalizzando, ma è per capirci…) che manovra le leve del pianeta, e una stragrandissima maggioranza di persone che subisce il potere dei primi. L’enorme complessità del sistema di dominio sociale attualmente dominante, cioè quello capitalistico, viene così ridotta e semplificata all’inverosimile. La sofisticate e complesse logiche e dinamiche della formazione del potere e del dominio sociale vengono così ridotte ad una semplice espropriazione da parte di quei pochissimi ai danni dei tantissimi. I più estremisti fra loro arrivano a sostenere che il covid sia una invenzione di sana pianta oppure sia stato concepito appositamente in qualche laboratorio da non si sa bene quale struttura di comando (necessariamente trasversale, a questo punto) per pianificare quel lucido e scientifico piano di “resettaggio” totale.
Nei casi migliori, anche il tradizionale approccio metodologico marxista (in questo caso tuttora validissimo, a mio parere) di cui pure alcuni di loro dovrebbero disporre, viene di fatto messo da parte. La realtà non sarebbe quindi determinata dalla complessità dei fenomeni e dei processi sociali, economici e quant’altro che producono a loro volta, ovviamente, in un “gioco” reciproco di rimandi, gli ”attori” (cioè le classi sociali, i gruppi economici, gli stati, i governi, gli apparati, i media, gli eserciti, le ideologie, le tecnologie, la scienza, e anche gli eventi naturali e le singole volontà individuali e tante altre cose ancora ecc. ecc. ecc. ) che operano all’interno di quella stessa realtà, ma dalla volontà di alcuni gruppi molto ristretti che sarebbero in grado di condizionare quella realtà e addirittura di produrla, di inventarla, di fabbricarla di sana pianta. Questa forma di riduzionismo è per la verità assai diffusa, soprattutto a destra, ma da tempo ha fatto breccia anche in alcune fasce di estrema sinistra. Si tratta di una visione delle cose semplicistica e, in fondo, anche rassicurante e un po’ ingenua. Per la serie: “Una volta individuati i “kattivi”, basta eliminarli e il problema è risolto”. E in effetti, in molti casi, parlare di “complottismo”, non è neanche sbagliato. Magari la realtà fosse questa, probabilmente vivremmo da un pezzo in un mondo dominato dalla fratellanza e dalla solidarietà universali…
Ora, io credo che la crisi pandemica porterà sicuramente a delle trasformazioni, forse anche radicali, del sistema capitalista, anche se per ora posso solo paventarle. Ad esempio non c’è dubbio che il capitalismo digitale e quello della logistica prenderanno sempre più spazio rispetto ad altre forme di produzione capitalistica. Diciamo che, sempre per semplificare, il “new capitalism”, ruberà più spazio (e profitti) all’ “old capitalism”, cioè alle relativamente vecchie forme di produzione, distribuzione e organizzazione delle merci e del lavoro e quindi porterà anche ad un “riassesto” sociale. Una volta avremmo parlato di ristrutturazione del sistema capitalista…Quest’ultima ipotesi (ed è più che un’ipotesi) mi pare abbastanza prevedibile e, in fondo, era già in atto da tempo. La pandemia gli ha solo dato una (grande) spinta. Possiamo anche prevedere altre possibili trasformazioni ma, ripeto, si tratta di conseguenze, di processi che si innescano sulla base, in questo caso, di un evento, cioè la pandemia da covid. La realtà, e quindi anche le scelte e le decisioni assunte da gruppi o singoli individui, si modificherà in ragione di processi complessi e/o di eventi specifici, in questo caso il covid, di cui quei gruppi e quei singoli individui sono parte. La logica “complottista” capovolge invece l’ordine dei fattori e la dimensione soggettiva, o per meglio dire, soggettivistica”, diventa l’elemento assolutamente fondamentale. Nulla di male, sia chiaro, ciascuno ha diritto alle proprie opinioni, ma tutto o quasi di sbagliato, dal mio punto di vista. L’importante è essere consapevoli delle cose e delle scelte che si fanno. E siccome per me la cosa fondamentale è la corretta analisi e interpretazione della realtà al fine di poterla trasformare, è evidente che un approccio errato ci porta fuoristrada e ci allontana da quell’obiettivo.
Fonte foto: Huffington Post (da Google)