Fonte foto: Vice (da Google)
Due sere fa mi è capitato di vedere un servizio, del tutto casualmente, andato in onda su quella oscena trasmissione condotta da Belpietro su Rete 4 che va sotto il nome di “Dalla vostra parte”.
Uno dei programmi televisivi più beceri che siano in circolazione insieme a “Quinta colonna”, condotto invece da tale Paolo Del Debbio, naturalmente sempre su Rete 4, vera e propria discarica della Mediaset, che già è una discarica di per sè. Ahinoi, in tempi come questi, anche e soprattutto simili porcherie – monumenti mediatici alla diffusione del più triviale e squallido qualunquismo (e razzismo) – fanno audience.
Le suddette trasmissioni seguono normalmente il solito copione. C’è sempre un fantomatico “comitato di cittadini” incazzati col mondo ma soprattutto con gli immigrati, in collegamento con lo studio, e con il conduttore che gli strizza l’occhiolino, che vomitano astio, rancore, aggressività repressa e frustrata (nel senso che non avendo la forza e il coraggio di prendersela con chi li tiene nella loro condizione di subalternità, siano essi il padrone, il capoufficio, la banca a cui devono il mutuo con gli interessi o anche la moglie o la ex moglie che li tiene per le palle, scaricano la loro rabbia repressa contro chi sta peggio e sotto di loro…).
Il mantra è sempre lo stesso:” Non se ne può più, è l’ora di finirla, basta, noi non siamo razzisti ma…” ecc. ecc. Spesso gli stessi conduttori si trovano in difficoltà di fronte alle bestialità pronunciate dai “cittadini” intervistati e sono costretti a correre ai ripari, come quando, un po’ di tempo fa, sempre nella cloaca condotta da Belpietro, un tizio se ne è uscito dicendo che “i detenuti dovrebbero essere utilizzati come cavie per fare esperimenti perché così almeno sono utili a qualcosa invece di essere mantenuti a sbafo dalla comunità con i soldi nostri…”. In quel caso, anche Belpietro, visibilmente in difficoltà, è stato costretto a prendere le distanze.
L’altra sera, forse per variare, ad essere oggetto del solito becero e qualunquistico attacco, non erano gli immigrati ma i lavoratori dell’ATAC, cioè l’azienda dei trasporti del Comune di Roma, e in particolare gli autisti.
Come si è svolto il servizio? Una troupe è stata inviata presso lo stabilimento balneare del dopolavoro dei dipendenti dell’ATAC , al Lido di Ostia, e a quel punto il giornalista inviato in loco ha cominciato a commentare “Guardate che lusso, la piscina, le sdraio, i lettini, la mensa, e pare pure che si mangi molto bene…”. Avete capito? Al dopolavoro ATAC non si pasteggia a brodaglia ma si può anche scegliere fra tre primi e tre secondi! Hai capito che lusso ‘sti dipendenti ATAC! Hanno pure i lettini e le sdraio per prendere il sole! E la piscina! Guardate!
Dall’atteggiamento scandalizzato sia dell’inviato che del conduttore sembrerebbe che gli impiegati e gli operai dell’ATAC non abbiano il diritto di farsi il bagno in piscina, a tal punto che a un certo punto Belpietro dallo studio chiede ad un sindacalista dell’ATAC in collegamento (che aveva spiegato che la suddetta piscina era stata inizialmente concepita per i bambini), se la piscina è solo per i bambini o anche per gli adulti. A quel punto il sindacalista gli risponde che la piscina è in effetti per tutti, anche perché lo stabilimento è aperto a tutti e non solo ai lavoratori dell’Atac. Belpietro non può fare a meno di sorridere beffardamente e di pronunciare un altrettanto beffardo “Ahhh, ecco…” Come se fosse una colpa farsi il bagno in piscina o mangiare del buon cibo in una mensa decente…Chissà lui col suo stipendio che a occhio e croce sarà dieci volte almeno (ma forse molto di più, non ne ho idea…) quello di un lavoratore dell’Atac, dove e come trascorre il suo tempo libero…
Poi, naturalmente, come da copione, sono state intervistate alcune persone, tutti lavoratori dell’Atac in ferie oppure non in servizio, che stavano prendendo il sole sui lettini oppure pranzando. Il senso del tutto era: ”Guardate come se la spassano questi lavativi e parassiti, mentre la gente aspetta ore alle fermate degli autobus, in mezzo al traffico ecc. ecc. “.
Insomma, sembrava che stessero facendo un servizio in qualche resort per ultraricchi a Porto Cervo e non in un dopolavoro di un’azienda pubblica al Lido di Ostia…
Il senso però è anche un altro. L’ATAC, come tutti sanno, ha un debito enorme, un vero e proprio buco nero (una voce importante di questo buco è data anche dai megastipendi percepiti dai “dirigenti” dell’azienda), risultato di decenni di politiche clientelari e disastrose sotto ogni aspetto, portate avanti da tutte le amministrazioni che si sono succedute da almeno una trentina di anni a questa parte. Il top, da questo punto di vista, si è sicuramente raggiunto con la giunta Alemanno, che ha “ripulito” le sezioni di AN assumendo proprio all’ATAC centinaia di “fancazzisti” come impiegati e “consulenti” invece di autisti, di cui c’è bisogno come il pane.
Ora si cerca di scaricare la colpa del disastro interamente sui lavoratori. E’ un classico. E allora vai con le campagne mediatiche di criminalizzazione dei suddetti. Non che non ci siano fra questi anche i lavativi o gli assenteisti, è ovvio, ma questi sono dappertutto, non certo solo all’ATAC. E in ogni caso si tratta pur sempre di comportamenti individuali, per quanto diffusi. Nessuna azienda, mai, pubblica o privata, ha chiuso i battenti a causa degli assenteisti e dei lavativi.
Ma il vero obiettivo è un altro ancora. Dimostrare che tutto ciò che è pubblico funziona male, è parassitario, improduttivo e induce i lavoratori all’assenteismo, e quindi deve essere privatizzato.
L’unica soluzione per risolvere ogni male è la privatizzazione. Lo smantellamento sistematico di tutto ciò che è pubblico è uno degli imperativi categorici dell’epoca che stiamo vivendo.
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