Non pochi esultano per le dimissioni di Draghi, già respinte da Mattarella, ma ad un’analisi più attenta non si può che constatare che le dimissioni improbabili del leader del “governo dei migliori” non cambieranno la situazione di fatto della nazione. L’eventuale successore dovrà rispettare i vincoli di Maastricht, del Trattato di Lisbona, dell’agenda 2030 e del PNRR. La politica nazionale è impossibile, i rappresentanti del popolo lo sono soltanto nominalmente, in realtà sono gli esecutori degli ordini di Bruxelles. In questi anni il Parlamento ha approvato l’articolo 81, per cui è in Costituzione la parità di bilancio. Senza la possibilità di battere moneta e di indebitarsi lo Stato non può avviare politiche coerenti con la Costituzione, ma si deve convertire ad un liberismo darwiniano senza precedenti. La nazione è assediata dall’esterno e dall’interno, i barbari dal sorriso draculesco sono nei nostri confini, pertanto le possibilità di manovra per chiunque sia il successore di Draghi sono limitatissime. Si possono eseguire gli ordini in modo plurale, si possono applicare i trattati con modalità e tempi differenti, ma il risultato sarà comunque simile: lo smantellamento dello stato sociale e dell’identità nazionale, linguistica e culturale dell’Italia. Il progetto non è solo economico, ma è antropologico, ed ormai è in una fase avanzatissima. Le nuove generazioni sono deterritorializzate, mi è capitato durante un compito in classe che un alunno mi chiedesse di scrivere in inglese, in quanto gli era più congeniale e spontaneo che scrivere in lingua italiana.
Bruxelles ha i suoi complici ovunque, gli esecutori della distruzione del patrimonio politico e culturale italiano sono in Parlamento, ma in realtà, sono i comuni cittadini ad essere i complici inconsapevoli e poco informati della rovina della nazione. Il successore di Draghi in questo clima politico non potrà che essere un semplice sostituto in linea con le tagliole europee.
Draghi è al suo tramonto, forse, e paga la sconfitta della guerra in Ucraina con l’esborso di soldi pubblici per finanziare una guerra voluta dagli Stati Uniti e che abbiamo irreparabilmente perso. L’articolo 11 vilipeso è il segno che la Costituzione e il diritto sono carta straccia dinanzi ai superiori interessi internazionali. L’improvviso sussulto dei cinque stelle segue la scomparsa in TV delle notizie dal fronte ucraino sostituite da quelle pandemiche. La sconfitta è celata sotto la coltre di notizie riguardanti il covid, il matrimonio di Francesca Pascale con la Turci o il divorzio di Totti. Tutto è lecito pur di evitare la verità sullo stato della nazione, l’oppio della chiacchiera è sempre in azione.
Nessun giornalista ricorda che il 22 luglio del 2021 Draghi dichiarò che con le vaccinazioni saremmo stati al sicuro, ad un anno da tali dichiarazioni l’evidenza dei fatti è tra di noi, ma ancora una volta la nazione tace.
Pochi giorni fa era il 14 luglio, in tale data i francesi ricordano la Presa della Bastiglia nel 1789, la loro rivoluzione iniziò dopo decenni in cui si discusse nei club e nelle strade sul progetto della nazione dopo l’assolutismo. Una rivoluzione è come un figlio, nasce prima nella mente, si affina con le parole per diventare in ultimo visibile.
La conservazione oligarchica ha smantellato i corpi medi, per cui non si discute di politica, ma la chiacchiera impera e domina. Se si sommano i due elementi: i vincoli europei e la distruzione scientemente organizzata dalle oligarchie della politica democratica si comprendono le motivazioni del declino umano e culturale dell’Italia. Non è secondario il fatto che l’identità e la politica nazionale sono state sempre al traino di altri stati: la seconda guerra di indipendenza fu vinta grazie alla Francia e ciò avviò il processo unitario, durante il fascismo si dipese dalla Germania, dopo la seconda guerra mondiale dalla NATO e dunque dagli Stati Uniti, ora da Bruxelles. La dipendenza da Bruxelles in tale successione è automatica ed inevitabile. Tali dati sono fondamentali per comprendere che una vera svolta potrà avvenire con un lungo processo rivoluzionario che dovrà partorire una classe dirigente italiana al servizio del popolo e non delle potenze straniere e delle multinazionali. Per fermare il declino non sono sufficienti le dimissioni di Draghi, il quale è uno dei tanti, ma un movimento popolare che comprenda la radice prima del male per poterla tagliare. I grandi processi storici maturano lentamente e noi siamo in una tempesta che rischia di condurci nel baratro della disperazione, a tale tentazione dobbiamo opporre la passione per la verità e il dialogo con i quali trarci fuori dalla palude oscena in cui siamo. La speranza è prassi dolorosa ed impegnata, sta a noi scegliere, ora che la verità è tra di noi. Solo trasformando il passato storico in esperienza pensata ci si può dimettere da esso e cominciare una nuova storia senza cancellare nulla e nessuno.
Fonte foto: Gazzetta del Sud (da Google)