Cari compagni o, se preferite, amici.
Capisco la vostra gioia irrefrenabile per la sconfitta di Corbyn. Capisco il vostro disprezzo, ai limiti dell’odio per tutto ciò che ricorda il socialismo di una volta, per la sua cultura e, per la proprietà transitiva, anche per la sua gente.
Un sentimento che, da posizioni opposte è da molti altri, ampiamente ricambiato.
Per chiarire sinteticamente le cose, noi amiamo Corbyn e il suo tipo di socialismo e lo ritenete un relitto da buttare nella discarica.
Ma allora, zero a zero e palla al centro. Per discutere, per tutto il tempo necessario, su quello che è avvenuto in Inghilterra in questi mesi. A partire dai fatti; e non dalle fake opinions.
E i fatti dicono questo.
Primo: non è vero che il risultato raggiunto sia il peggiore della sua storia. Nel 1935 ottenne 50 seggi (oggi 202); negli anni ottanta scese sotto il 30%, Nel 2012, i laburisti presero un numero di voti inferiore ai 10 milioni e rotti raggiunti da Corbyn oggi.
Secondo: non è vero che il programma (qualche nazionalizzazione, un qualche aumento delle tasse e della spesa pubblica, una politica industriale verde, un maggior ruolo dello stato), fosse estremista e, in quanto tale, schifato dagli inglesi; perchè tutti sondaggi svolti sino alla fine del 2018 dimostrano esattamente il contrario.
Non è vero che il partito e il suo leader fossero antisemiti: per il semplice fatto che non c’è nessuna prova che lo fossero (a meno che l’ostilità verso la politica di Israele venga considerata antisemitismo).
E non è vero, infine, che il partito abbia perso perchè favorevole alla brexit; mentre è vero che ha perso per non esserlo stato abbastanza, all’indomani del referendum del 2016 (perso da Cameron e non dal Labour). Fino al punto di inserire nella proposta di referendum dopo la rinegoziazione dell’accordo anche la possibilità di votare remain. Ciò che gli ha costato la perdita del suo elettorato tradizionale del centro e del nord, tutto a favore del “leave”.
Questi i fatti. Inconfutabili.
Con i miei saluti socialisti
Fonte foto: In Terris (da Google)