Il dibattito in seno alla cosiddetta “comunità scientifica” rispetto alla questione covid ha assunto ormai una dimensione grottesca e purtroppo anche grave.
Allo stato delle cose, nessuna persona “comune“ (che non sia cioè uno scienziato) è in grado realisticamente di avere informazioni veramente certe sul virus. E questo perché anche e soprattutto in seno alla suddetta “comunità scientifica” si sono formati i vari “partiti”, ciascuno portatore della sua verità, con i suoi dati, i suoi numeri, le sue percentuali, le sue statistiche e naturalmente le sue interpretazioni.
Diventa quindi oggettivamente difficile per i non addetti ai lavori (cioè praticamente quasi tutti) formarsi una opinione fondata su dati certi. Anche perché – sempre per i non addetti ai lavori – diventa difficile credere alla interpretazione (degli stessi dati e talvolta neanche degli stessi…) di uno scienziato piuttosto che di un altro, specie quando entrambi sono personaggi autorevoli e ricoprono incarichi altrettanto autorevoli e di prestigio. Due nomi fra tutti (ma è solo un esempio), Burioni e Bassetti. Il primo è di fatto stato elevato a “scienziato di stato” e, insieme ad altri, portatore della linea intransigente, diciamo pure durissima, del lockdown, mentre il secondo ha una posizione molto più “morbida” e flessibile e fin dall’inizio è stato bollato come “negazionista”.
Non possiamo quindi che osservare come anche e soprattutto in questo caso, abbia prevalso in modo netto una logica “politica” e molto poco scientifica (sempre ammesso che scienza e politica possano essere separate…). Anche in questo caso, chi ha espresso posizioni diverse rispetto a quelle del “Comitato Scientifico” è stato immediatamente bollato dispregiativamente come “negazionista”. Dall’altra parte c’è da dire che anche chi invece esprimeva una posizione più incline al lockdown veniva subito tacciato di essere un filogovernativo che ha portato il cervello all’ammasso e aspirante liberticida animato dall’intento di assassinare le libertà costituzionali…
A tutt’oggi, se siamo onesti, non siamo riusciti ad uscire da questa misera e falsa “dialettica” che, se ci pensate, è simile in tutto e per tutto alla altrettanto misera e falsa dialettica che “oppone” oggi destra e “sinistra”.
Il risvolto drammatico (è il caso di dirlo, perché qui è in gioco la vita delle persone…) di tutta questa situazione è che avendo tale “dibattito” assunto, appunto, una dimensione “politica” ma anche e soprattutto personalistica (nel senso che ha comportato anche una esposizione personale pubblica dei vari soggetti), nessuno degli addetti ai lavori (cioè gli scienziati) rinuncerà alla propria posizione né tanto meno sarà disposto ad ammettere eventuali errori oppure a riconoscere la validità di altre tesi sostenute da altri suoi colleghi oppure ancora ad ammettere che bisogna, ad esempio, cambiare strategia, approccio e forse anche terapie. Del resto, avete mai ascoltato un medico che ammette pubblicamente di aver sbagliato? Io mai…
Tutto ciò non è casuale, naturalmente, perché fin da subito (e forse non poteva essere altrimenti) la crisi da Coronavirus ha assunto una dimensione che va ben oltre l’emergenza sanitaria, per diventare, appunto, una grande questione sociale (e quindi politica).
Resta il fatto che questa situazione ha fatto sì che – divieti a parte che naturalmente devono essere rispettati altrimenti scattano le sanzioni – ciascuno abbia avuto un suo personale approccio al virus. Ed è per questo che assistiamo ad atteggiamenti così diversi fra loro, che vanno da quelli che se ne fregano altamente e si assembrano nei locali pubblici o anche nelle piazze fino a quelli, dalla parte opposta, che se vedono uno che gira con la mascherina appena sotto il naso gridano all’untore e chiamano i carabinieri per fartela infilare pure nelle orecchie…
Anche in questa vicenda, non ci resta amaramente che constatare che il sonno della ragione – come diceva un tale – genera mostri.