L’ultimo numero della rivista di geopolitica Limes analizza le possibili politiche del Governo Draghi rispetto agli scenari nazionali e internazionali e alla credibilità personale della quale gode. Il titolo del numero è “A che ci serve Draghi” e, dopo averlo letto, più adatto sarebbe stato “ Cui prodest Draghi ?”. La crisi del Governo Conte 2, crisi che, come giustamente ha evidenziato Goffredo Bettini, è da attribuire al concorso di fatti internazionali e interni, ha determinato un cambiamento della politica economica e internazionale dell’Italia. La crisi del Governo Conte 2 è stata il primo effetto dell’elezione di Biden a Presidente degli USA, che ha modificato la politica estera degli USA con conseguenze sugli equilibri europei. Gli attacchi di Trump alla Germania con politiche doganali per essa penalizzanti, in aggiunta alla crisi pandemica che ha aggravato la già pesante crisi economica, aveva spinto tanto la Germania quanto la Francia a modificare l’approccio alle questioni UE. L’approvazione del Next Generation EU ha aperto scenari inediti, esso impegna 750 miliardi di euro per sostegni alle economie dei singoli Stati; per il tipo di interventi finanziabili e per l’attenzione che esso pone alle aree maggiormente in crisi dell’U.E., tra le quali il Mezzogiorno d’Italia, ha un effetto redistributivo e nel contempo è la premessa per integrare nelle aree più sviluppate dell’U.E. quelle più arretrate. Il sostegno alla domanda utile alla ripresa coinvolge le aree più arretrate sancendo il principio che il recupero di quelle aree non è rinviato al mercato ma ad interventi diretti del pubblico. Come scrive giustamente l’economista Gianfranco Viesti nel suo intervento su Limes dal titolo “Il benessere del nord dipende dalla crescita del sud” << Il Piano di rilancio serve a ridurre la galoppante asimmetria territoriale, in Italia e in Europa. Anche perché taglia fuori le Regioni e impone allo stato progetti di lungo periodo. Se falliremo, la frammentazione diverrà incontrollabile. (…) gli investimenti nelle aree più deboli di ciascun paese hanno un effetto moltiplicatore, cioè la capacità di indurre sviluppo a cascata, come la stessa bozza del Piano di rilancio esplicitamente riconosce. La crescita delle Regioni più arretrate, del nostro sud, attiva produzione e importazioni da quelle più forti; fa crescere l’attività economica in tutto il Paese. Perché è nella stessa logica europea del programma Next Generation: a fronte di un indebitamento comune garantito dai contributi di ciascun paese al bilancio comunitario ( in proporzione alla propria dimensione economica), le risorse sono attribuite in misura asimmetrica: di più a quei paesi che hanno maggiori difficoltà strutturali, misurate anche attraverso i tassi di disoccupazione, e che più stanno patendo gli effetti dell’epidemia.(…) nella logica europea del Next Generation, designata dall’intesa franco–tedesca, il benessere delle aree più forti d’Europa non viene dall’appropriarsi della quota maggiore delle risorse. Al contrario, dall’averle destinate alle aree più in difficoltà, per stimolarne la ripresa e giovarsi indirettamente del loro sviluppo attraverso i canali dell’integrazione commerciale.
Il benessere della Germania dipende dalla ripresa dell’Italia e della Spagna, e quindi dalle nuove prospettive che le imprese tedesche potranno trovare in quei mercati (…)>> Il Next Generation EU insieme all’acquisto da parte della BCE dei titoli del debito pubblico senza rispettare il vincolo del Capital Key di fatto ha creato le condizioni per una maggiore integrazione dell’U.E. che non è più solo di tipo monetario.
Il numero di Limes, al netto dell’intervento di Viesti e di Dario Fabbri giornalista e coordinatore America di Limes, fa da sponda al New York Time quando titolava << A Giant of Europe Prepares to Head Italy’s New Unity Governenent>> e a questo si allaccia la dichiarazione di Goffredo Bettini. Tradotto: Draghi un Gigante utile agli Usa che vedono in lui e nella sua credibilità internazionale il grimaldello capace, occupando lo spazio politico che da qui a qualche mese lascerà la Merkel, di ridisegnare gli equilibri dell’U.E. in funzione degli interessi USA. Dopo la Brexit, gli USA sperano che possa essere l’Italia guidata da Draghi a sparigliare le carte contribuendo a ridimensionare il ruolo della Germania riconducendola a più miti consigli rispetto alle relazioni che ha con la Russia di Putin e con la stessa Cina.
Gli USA con Biden hanno la necessità di ridefinire i propri confini imperiali riaffermando la propria egemonia sull’U.E. Limes in questo numero, attraverso gli interventi che pubblica, esalta questo ruolo evitando accuratamente l’approccio critico che ci si aspetta da tale rivista. Nell’intervento introduttivo Fabrizio Maronta scrive << L’Italia non è protagonista della geopolitica europea. E’ però fattore che i primattori in Europa – tutte le potenze mondiali, nessuna esclusa – non possono espungere dalle rispettive equazioni. Siamo “nazione di secondo ordine” e insieme “peso determinante”>> In sostanza piccolo valore aggiunto che fa la differenza consentendo di vincere o di perdere. Siamo ai “giri di valzer” dell’Italia di fine ‘800 e inizio ‘900. Tra gli altri autori, Fabrizio Agnocchetti con un intervento dal titolo “Il vento keynesiano di Wasghington riallinea Francia e Italia contro le follie della Germania”. Secondo Agnocchetti la Germania, sotto la pressione che gli USA eserciteranno su di essa grazie al valore aggiunto dell’Italia, modificherà il proprio modello economico ordoliberista favorendo appunto il nostro Paese. In aggiunta prevede che le politiche keynesiane USA faranno da traino alla ripresa economica Padana con effetti positivi sul resto del Paese. Dovrebbe fare da traino al resto dell’Italia: il contrario, insomma, della logica che ispira il Next Generation EU. Altri autori, consapevoli delle difficoltà che presenta un tale progetto individuano già i possibili responsabili della sconfitta di Draghi. Tra questi ve ne è uno che è a dir poco demenziale quando attribuisce le inefficienze della P.A. ai dirigenti, in prevalenza meridionali, laureati in giurisprudenza presso le università di Messina, Napoli e Roma. L’intervista al prof. Sabino Cassese, poi, mi spinge a pensare che in questi anni sia vissuto su Marte. C’è anche da dire che il chiarissimo professore è talmente coerente che gli stessi provvedimenti, se fatti da Conte, erano oggetto di critiche al vetriolo, fatti da Draghi, sono positivi e sono esempio delle sue qualità di grande statista. A leggere l’intervista a Lars Feld, direttore del Walter Eucken Institut di Friburgo, le questioni acquistano la loro reale dimensione. Altro che politiche keynesiane sotto la pressione degli USA. Non a caso nel suo intervento Luca Steiman sottolinea che “Di Draghi Berlino non si fida”. Le riforme alle quali fa riferimento Lars Feld sono esattamente quelle che negli anni passati hanno portato al massacro sociale del quale vediamo ancora gli effetti: privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica per il sociale, allungamento dell’età pensionabile, in una parola rispetto dei vincoli di bilancio e quindi politiche di austerità. Il fatto che la Merkel da qui a settembre lascerà la guida non vuol dire che la Germania non avrà più un ruolo preponderante in U.E. La Germania messa sotto pressione per i rapporti che ha con Russia e Cina tratterà con gli USA in funzione delle politiche mercantiliste che caratterizzano da anni la propria politica economica. Durante l’era Trump l’export tedesco verso gli USA si è ridotto del 50%. In quell’export c’è anche l’export dell’industria “maquilladora” padana funzionale al sistema produttivo tedesco. Se il Next Generation EU poneva come obiettivo il recupero delle aree arretrate per la ripresa economica, le politiche keynesiane di Biden invertiranno gli indirizzi. Il governo Draghi, con ministri come Giorgetti, si appresta a cogliere l’occasione che viene dal cambio delle politiche economiche statunitensi per cambiare le indicazioni che vengono dal Next Generation EU e non investirà più risorse per recuperare le aree arretrate come il mezzogiorno, ma le dirotterà verso il nord Italia, parte integrante del sistema produttivo tedesco. Draghi deve garantire esattamente questo cambio di indirizzo non certamente operare per una maggiore integrazione dell’UE partendo dalle sue aree più arretrate e quindi dal Mezzogiorno.
Garante di una tale operazione non è solo la Lega rappresentata al Governo da Giorgetti, ma lo stesso PD visto il radicamento elettorale e il peso che ha il Presidente dell’Emilia Romagna Bonaccini. Non ci sarà nessun cambio di rotta ma solo il ritorno alle politiche economiche pre crisi pandemica che come si evince dalla cartina rappresenta la Kerneuropa che rappresenta a sua volta la catena del valore tedesco. Per cui le politiche economiche che metterà in campo Draghi, a partire dall’utilizzo delle risorse del Recovery Fund, saranno finalizzate a rafforzare la Kerneuropa della quale fa parte la Padania con alcune propaggini nel centro. Essendo questo l’obiettivo è del tutto evidente che le critiche allo Stato Arcipelago che fa Cassese sono finalizzate a rafforzare lo Stato centrale perché il processo sopra descritto per potersi realizzare ha bisogno di uno Stato centralista.
Da qui si passa per individuare il capro espiatorio nella P.A. arretrata perché egemonizzata dalla cultura giuridica meridionale. La stessa crisi demografica affrontata da Livi Bacci ignora che politiche economiche che assecondano la concentrazione capitalistica favoriscono l’emigrazione dal Mezzogiorno verso le aree sviluppate del nord con la conseguenza che lo stesso ricambio delle classi dirigenti diventa impossibile per mancanza di ricambio generazionale e soprattutto di mentalità. In Conclusione come scrive Dario Fabbri << Non possiamo stare sia con gli Stati Uniti che con la Germania perché seguono traiettorie conflittuali>> da qui la unica e possibile mediazione e cioè la salvaguardia di quella parte dell’Italia integrata nella catena della produzione del valore della Germania che come evidenzia Viesti determinerà una “frammentazione incontrollabile”. C’è ben poco da esaltarsi: se con il Next Generation EU si scorgeva all’orizzonte una nuova U.E. alla quale avrebbe partecipato l’Italia tutta, con i nuovi scenari internazionali e quindi nazionali si fa un salto indietro di qualche anno e si continua a vedere un’Italia a due velocità.