Questo breve articolo nasce da
una risposta che ho dato nei commenti all’articolo di Fabrizio Marchi su ‘Sinistra
in Rete’ [1] già pubblicato sull’Interferenza. Nei commenti ed anche in altri
articoli si cerca di negare la differenza sessuale in virtù di un moralismo
beatificante che vorrebbe disegnare un mondo diverso semplicemente parlandone
dimenticando quelle che sono le basi biologiche, economiche e sociali dell’essere
nel mondo. Ci sono all’incirca quaranta milioni di prostitute nel mondo in
contesti diversissimi da società ultraliberiste a quelle più chiuse (anche in
Bhutan e Corea del Nord ad esempio), pensare di abolire questo fenomeno strutturale,
di lunga durata e non certo dovuto al solo sistema capitalistico sfida
qualsiasi soluzione che possa essere mai immaginata, nonostante si debba sempre
combattere l’aspetto deteriore della tratta (trafficking), ma questo è un
effetto appunto del disquilibrio della ricchezza e di cui il capitalismo è
certamente responsabile.
La frattura tra chi è a favore (sex
positive) e i movimenti contro la prostituzione nel femminismo, e in generale
nella sinistra liberal, è di vecchia data e risale ad almeno quaranta anni fa. La
divisione è sempre stata trasversale all’interno del movimento femminista per
cui chi pensa che il femminismo sia stato sempre monoliticamente abolizionista
compie un errore di prospettiva attribuendo la volontà di legalizzare o quanto
meno regolamentare la prostituzione alla destra, per cui mi appare curioso che
l’articolo di Marchi sia stato tacciato di essere reazionario.
Scrive nel 1999 l’attivista queer
Pat Califia[2]: Ci vorrebbe una massiccia protesta pubblica per modificare
le politiche pubbliche che permettono a questa farsa crudele di continuare. Ma
l’impulso per un esperimento sociale di depenalizzazione della prostituzione
non verrà dal movimento delle donne. In Female Sexual Slavery (Prentice-Hall
1979), l’attivista antiporno Kathy Barry ha delineato l’analisi femminista
destrorsa[3] della prostituzione. Barry afferma di attaccare qualsiasi
istituzione che subordina la donna e fa alcuni deboli
tentativi di confondere il lavoro sessuale con il matrimonio combinato e altri
accordi sociali che sfruttano sessualmente ed economicamente la donna. Ma
lei individua nella prostituta l’archetipo della schiava sessuale. Barry si
rifiuta di fare distinzioni tra i diversi tipi di lavoro sessuale, per i quali
i lavoratori vengono compensati a tariffe diverse. Per lei, la
tossicodipendente che spaccia a Times Square è nella stessa situazione della
squillo da 200 dollari l’ora o dell’immigrato clandestino che è scioccato nello
scoprire di essere stato introdotto clandestinamente nel paese, non per
lavorare come governante o cameriera, ma come prigioniera virtuale di un
bordello. In questa visione del mondo, la prostituzione è intesa come un
problema morale molto più che economico […]. L’aspetto più riprovevole di
questo libro è il modo in cui incoraggia le femministe a considerare le
prostitute come loro nemiche, come donne che contribuiscono all’oppressione di
tutte le donne perché si sono lasciate vittimizzare […]. Lei e i suoi alleati
sono stati molto attivi a livello internazionale, cercando di convincere i
governi europei che hanno liberalizzato le politiche sulla prostituzione a
riportare indietro l’orologio, e agitandosi per l’approvazione di “leggi
anti-tratta” […]. Per promuovere questo obiettivo, queste … importanti
femministe si sono allineate dietro una lettera firmata da conservatori e
cristiani di destra che accusavano l’amministrazione Clinton di promuovere
l’idea che “la prostituzione volontaria è una legittima opzione di
carriera per le donne“. In conclusione, del discorso Califia accenna
alla, non certo sorprendente, circostanza che tra i clienti delle prostitute
queer dell’area di S. Francisco ci fossero numerosi membri della polizia che
prima della retata non rinunciavano alla prestazione dopo essersi spacciati per
clienti.
Pat Califia si è sempre
dichiarata femminista e penso creda ancora nel patriarcato (anche se da lesbica
è poi diventata uomo, ora si chiama Patrick), ma ha sempre difeso la libertà
della prostituzione, della pornografia e della cultura del sesso radicale come
lei lo definisce (bdsm e altre pratiche), non si è fatta scrupolo di attaccare
persino Catherine McKinnon che è tra le principali leader abolizioniste. Come
vediamo nel suo testo la distinzione tra differenti tipi di sex workers è esattamente
la stessa di cui parla Fabrizio Marchi nel suo articolo, nulla di nuovo dopo 25
anni.
Quasi a suggello della crociata
moralista, evocata dalla Califia, giusto un anno dopo, nel 2000, è stato varato
in Svezia il modello nordico ‘proibizionista’ nei riguardi dei clienti, tra
l’altro, di recente adottato anche in paesi come la Francia e l’Irlanda in
contrapposizione al modello tedesco notoriamente a favore della prostituzione
libera sia per i clienti che per i c.d. sex workers. Oggi vi sono dubbi che il
modello ‘proibizionista’ abbia avuto successo, esso è nato nel particolare
contesto dei paesi nordici in cui il problema della tratta era particolarmente
sentito (ne è un esempio la trilogia del Millennium di Stieg Larsson scritta
intorno alla fine del secolo XX in cui gioca un ruolo importante nel secondo e
terzo romanzo).
Purtroppo, qualunque forma di
proibizionismo finisce per nascondere la polvere sotto il tappeto facendo
sparire il fenomeno solo in apparenza. Anni
dopo ci si accorge che vi è un aumento della violenza contro chi si
prostituisce nei paesi in cui il modello nordico è stato adottato [4]. Di recente
un gruppo di sex-workers francesi ha contestato la legge ottenendo che il caso
fosse esaminato dalla CEDU cosa che già di per sé è un successo perché dimostra
che vi è una base giuridica contro la legge [5]. L’asimmetria del rapporto col
sesso tra uomini e donne inevitabilmente porta ad una situazione in cui offerta
e domanda, prima o poi, si incontrano, negarlo dopo aver constatato la
strutturalità del fenomeno sembra un pio desiderio da anime belle.
Altra questione che è stata
sollevata è l’affinità tra prostituzione e GPA in termini di sfruttamento
capitalistico dei corpi. Ma credo che sia ovvio che nessuno, né qui né
tantomeno Fabrizio Marchi, voglia giustificare una qualsiasi forma di
sfruttamento tra chi vende il proprio corpo e chi acquista spesso come
descritto in quei pochi attimi a sua volta sfruttato dal sistema. La tratta, e
con questo intendo quella che spesso finisce per essere ciò che è dietro la “prostituzione
in strada”, come la GPA devono essere considerate forme severe di
sfruttamento. D’altra parte, anche la GPA, come la prostituzione, non è una
pratica del tutto nuova, ma può ricondursi ad una molto antica: da che esiste
la necessità per alcuni di fare dei figli il problema della sterilità è stato
spesso aggirato con pratiche note come “il figlio della serva” o affini. Nella
Bibbia è noto l’episodio di Giacobbe che deve ricorrere alle serve di Rachele
per avere altri figli. Ma, come scrive Califia, questi poi non sono forse deboli
tentativi di confondere il lavoro sessuale con … altri accordi sociali che
sfruttano sessualmente ed economicamente la donna.
Tornando alla prostituzione anche
nell’attuale modello legale, tedesco e affini, vi è il rischio che vi sia una
discreta percentuale di lavoratori vittima di sfruttamento visto la pervasività
del capitalismo attuale [6] che appunto crea quelle differenze di ricchezza che
fanno da motore per la tratta. Oggi, tra l’altro, dopo l’epoca del MeeToo e con
l’enfasi sulla violenza sulle donne, il femminismo a favore della sessualità
libera e in generale la tendenza sex positive sono in crisi: si assiste
ad un ritorno del moralismo e della cultura abolizionista. È interessante
notare quello che scrive sul NYT Michelle Goldberg [7], attivista femminista: La
parola demisessuale si riferisce a coloro che sono attratti solo da persone con
cui condividono una connessione emotiva. Prima della rivoluzione sessuale,
ovviamente, molte persone pensavano che la maggior parte delle donne fosse
così. Ora l’avversione per il sesso occasionale è diventata un autentico
orientamento sessuale; questa frase è curiosa perché non fa altro che
confermare l’asimmetria tra uomini e donne nei riguardi dell’interesse per il
sesso. È da notare come molti si definiscano asessuali ormai, tanto da
richiedere una propria lettera, A, nella sequenza LGBT… .
La novità di questi ultimi anni è
semmai l’enorme offerta di sesso virtuale nella pornografia e nei siti come OnlyFans
e affini. Ma se il virtuale non è lo sfruttamento diretto in termini materiali
dei corpi bisogna capire che sempre della stessa cosa si tratta: cosa
differenzia una che guadagna centinaia di migliaia di euro su OnlyFans da una
prostituta tradizionale? L’assenza di contatto fisico è l’unico discrimine? Ma
se colei o colui che fa sesso virtuale indulge persino a pratiche bdsm non vi è
un uso voyeuristico del corpo che in fondo non è dissimile da certe forme di
prostituzione? Viene esplicitamente affermato che è volontario, eppure viene
fatto per ragioni di guadagno. Chi combatteva, tra le femministe americane, la
prostituzione combatteva anche la pornografia con la stessa intensità. L’offerta
materiale e quella virtuale sono la stessa cosa in definitiva, eppure nessuno
oggi ha da dire qualcosa sui guadagni di chi si ‘prostituisce’ su siti tipo OnlyFans
ed affini, nessuno pensa di multare o proibire i clienti dei siti dove si
vendono corpi e prestazioni. Determinare qual è il confine tra sfruttamento e
libera scelta è molto più difficile in questo caso.
Quello che dobbiamo fare è
astrarre, e qui viene la complessità del problema, dalla perturbazione causata
dal sistema capitalistico che esalta al massimo ogni forma possibile di
sfruttamento tra chi ha e chi non ha, anche ai margini della società in una
perversa competizione fra tutti. Dovremmo chiederci se in una società
post-capitalista, ma molto probabilmente ancora basata sull’economia di mercato
(i.e. un ‘socialismo imperfetto’ a la Carlo Formenti), sia possibile
regolamentare la prostituzione di chi per libera scelta voglia fare del
sex-working?
Il fallimento della c.d.
rivoluzione sessuale degli anni 60-70, le infinite discussioni sul “libero
amore”, è stato non solo causato dalla vittoria del modello neoliberale
della competizione a tutti i costi, ma anche dall’impossibilità di sanare le
asimmetrie tra i sessi. Ci siamo liberati dei tabù del moralismo del passato e
da certi equivoci sul funzionamento del sesso [8], ma non della sofferenza
quando sia uomini che donne si trovano in situazioni in cui le proprie tendenze
non sono rispettate: una sessualità vuota non fa piacere né agli uni né alle
altre. Tutti vorremmo una scopata senza cerniera come nel celebre
romanzo di Erika Jong, ma come nel romanzo per la donna questo è un evento
eccezionale, quasi mitologico, da ricordare per la vita, per un uomo può essere
semplicemente la prima con incontri per strada parafrasando l’altrettanto
celebre canzone (e la prima che incontri per strada magari è una sex worker).
È qui che si incrocia la delicata
questione della differenza tra scambio e dono [9], e in una prospettiva marxista della
differenza tra valore d’uso e valore di mercato: un dono ha una remunerazione
che non ha valore di mercato (quantificabile con del denaro).Tra dono e scambio
vi è un continuum di situazioni intermedie in cui remunerazione e sfruttamento
sono inversamente proporzionali. Se la GPA fosse esclusivamente un dono sarebbe
criticabile come lo è ora? Naturalmente, in un sistema capitalistico sarebbe
impossibile controllare se non vi siano pagamenti in nero. Se qualcuno volesse
dare un momento di felicità a chi è disabile sarebbe criticabile? Sarebbe un
lavoro o vi sono gli estremi dello sfruttamento in questo? Ma in un modello
“di mercato” anche non iper-capitalista una forma di remunerazione
“sul mercato” dovrebbe essere garantita? È sfruttamento? O non lo è,
e sono gli atteggiamenti moralistici e proibizionisti in cui tutto viene nascosto
sotto il tappeto per la nostra soddisfazione personale di essere con la ‘casa
in ordine’?
Non ho una risposta a queste
domande. Sono volutamente provocatorie, vorrebbero stimolare una riflessione,
libera da moralismi e ideologie nefaste, sulle questioni della sessualità e del
rapporto tra i sessi.
[1] Fabrizio Marchi, Sulla
prostituzione. Una riflessione a partire da un’analisi di Carlo Formenti,
L’Interferenza, 20 marzo 2024.Sulla
prostituzione. Una riflessione a partire da un’analisi di Carlo Formenti,
Sinistra in rete, 26 marzo 2024.
[2] Pat Califia, Public Sex: The Culture of
Radical Sex, Cleis Press 2000.
[3] Ho preferito tradurre con ‘destrorsa’
piuttosto che ‘di destra’ poiché Califia si riferisce alle idee del femminismo
abolizionista che lei considera di destra, anche se includono alcune delle
icone del femminismo liberal, e quindi di sinistra, come McKinnon, Dworkin,
Steinheim. Lei si considera ‘di sinistra’ e a questa sponda ascrive il
femminismo sex-positive.
[4]The human cost of ‘crushing’ the
market: Criminalization of sex work in Norway Amnesty International (22 May 2016), ,
London: Index Number EUR 36/4034/2016;
Crime against sex workers ‘almost
doubles’ since law changeIrish Independent. 27 March 2019.
[5] European court will hear case
against French government crackdown on sex workers (2023)..
[6] Su questo vi è disaccordo tra
gli esperti: per alcuni nei paesi in cui la prostituzione è legale vi è un
aumento della tratta, per altri autori la misura reale del fenomeno è
ostacolata dalla natura stessa delle leggi proibizioniste.
[7] Why Sex-Positive Feminism Is Falling
Out of Fashion, NYT
24/09/2021.
[8] Oggi tutti sanno che la donna
è ‘cliteroidea” basta leggerlo su wikipedia, google, vederlo su Cielo TV, e
così via.
[9] Marcel Mauss, Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche (1ª ed. 1925), Einaudi, 2002, ISBN 88-06-16226-8 – ISBN 978-88-06-16226-9.