Sono ancora in molti a ritenere che la reazione italiana al coronavirus sia stata esagerata.
Ora, visto che siamo su FB e non in un consesso di esperti, dico la mia, solo a titolo di opinione personale.
Ecco, la mia impressione è che in Italia, e in verità ovunque in Occidente, lungi dal sopravvalutare la situazione, la si stia sottovalutando di molto.
La Cina, che non è famosa per le sue preoccupazioni umanitarie, né per l’apprensività isterica dei suoi leader, ha dichiarato un’emergenza nazionale, parlando del momento più grave dal 1949. Sono intervenuti congelando letteralmente ogni attività per una popolazione pari all’intera popolazione italiana, hanno adottato sistemi di disinfezione esterni (modello Ebola), hanno costruito due ospedali in dieci giorni, e sono intervenuti in tutte le situazioni critiche con forniture di beni di prima necessità.
E ora contano di ritornare ad una parvenza di normalità tra due mesi.
Certo, forse i cinesi sono delle mammolette e noi, come novelli Rambo, “non abbiamo tempo per sanguinare”.
Forse.
Una lettura alternativa è che ciascun paese in Occidente, ma specialmente in Europa, è tutto occupato a sbirciare cosa fa il vicino, e su quello si tara.
Per che motivo?
Ma è semplice, perché l’Europa nata a Maastricht più che una ‘comunità’ è un’arena, dove si lotta per acquisire fette di mercato, vantaggi comparativi, e dove dunque si cerca innanzitutto di trarre il massimo vantaggio dal prossimo in difficoltà, visto che il prossimo è innanzitutto un concorrente economico.
Così, Germania e Francia fino a due giorni fa fischiettavano facendo finta di nulla. Poi hanno cominciato di malavoglia a chiudere qualche iniziativa, qualche museo, qualche manifestazione. Ma la direttiva di fondo resta sempre quella del freno tirato, dell’imperativo ‘niente panico’; dove l’oggetto del panico da evitare non è tanto quello della plebe, ma quello dei ‘mercati’.
Quanto alle ‘iniziative straordinarie’, stanno graziosamente concedendo a chi ne ha bisogno di fare un po’ di deficit, ma a regole immutate. Dunque una volta finita l’emergenza chi il deficit lo ha fatto verrà chiamato a dissanguarsi per rimettersi in piedi, proprio come prima.
Simmetricamente in Italia il ceto politico, soprattutto quello delle regioni del nord, più che al virus ha l’occhio fisso sul comportamento dei paesi confinanti. E su questo si regolano. Così la pressione costante è per allentare la stretta, per rilassare i controlli, per tornare rapidamente alla normalità, per riprendere a competere.
Come se si trattasse di esercitare persuasione politica sul virus.
Purtroppo si tratta di gente totalmente disabituata a rapportarsi con l’indifferenza degli eventi naturali per l’uomo.
Decenni di un’esistenza tutta concentrata su rapporti di potere, normative, marketing li rende ipersensibili ad ogni battito di ciglia dei concorrenti prossimi, ad ogni ‘orientamento dell’opinione pubblica’, ma ciechi alla durezza dei fatti di natura.
Salvo sorprese al momento non prevedibili (per quanto ne sappiamo il virus potrebbe estinguersi così come è comparso, senza un perché), credo che avremo un brusco risveglio.
Fonte foto: Uniss (da Google)