Ricordo sempre con immensa gratitudine la mia insegnante di matematica del ginnasio, che in quegli anni difficili e decisivi della mia formazione come persona mi fece conoscere la geometria euclidea contribuendo tantissimo a fare di me un convinto razionalista e a farmi tanto amare (anche, fra l’ altro) la conoscenza scientifica.
Da amante della scienza vivo con sgomento questa stagione della presente pandemia, ormai evoluta in endemia.
Il suo effetto di gran lunga più grave é ovviamente costituito, almeno finora, dai lutti che ha causato e continua a causare, “grazie” soprattutto alla demolizione, più o meno avanzata a seconda dei casi ma in corso il tutto il mondo, delle conquiste civili e democratiche dello stato sociale (per gli anglomani: “welfare state”) in diretta conseguenza dell’ abbattimento del muro di Berlino e delle sconfitte del socialismo reale di fine millennio scorso.
Ma un altro effetto estremamente negativo é costituito dalla diffusione dell’ irrazionalismo e della sfiducia nella conoscenza scientifica; effetto “collaterale” ma probabilmente ancor più grave, a ben vedere, soprattutto in relazione ai serissimi problemi di sopravvivenza posti alla nostra specie umana dai gravissimi guasti che arreca all’ ambiente in cui viviamo lo sconsiderato sviluppo produttivo-consumativo guidato dalla pretesa mano invisibile del mercato capitalistico.
Gravi tendenze irrazionaliste erano e sono ampiamente presenti da tempo fra gli intellettuali influenti e nelle più vaste popolazioni di gran parte del mondo (per lo meno), comprese le loro componenti che politicamente tendono a collocarsi a sinistra aspirando a lottare per il progresso della civiltà umana (tendenze irrazionalistiche che da seguace del materialismo storico mi spiego con lo “stato di avanzata putrefazione” oggettivamente raggiunto dai dominanti rapporti di produzione capitalistici in mancanza di un’ adeguata consapevolezza soggettiva da parte dei loro potenziali affossatori).
Infatti da decenni conosce una larga diffusione anche in questi ambienti “progressisti” l’ assurda nozione di “non neutralità della scienza”, poggiante su di un grave travisamento e confusione concettuale. Si tratta di un’ assurdità per il semplice fatto che la scienza in quanto tale, cioé conoscenza di come é il mondo materiale naturale, non agisce, non propone obiettivi da raggiungere, ma casomai contribuisce a far discernere al meglio i mezzi atti a raggiungere scopi che altre motivazioni, pulsionali e non teoriche, irrazionali e non razionali suggeriscono: come sostenuto con la sua abituale lucidità dal grande filosofo David Hume, da “come é il mondo“ non é assolutamente possibile inferire alcunché circa “come il mondo deve -o dovrebbe- essere”.
E questa maliziosa confusione fra i ben diversi concetti di “oggettività” (della scienza) e di “non neutralità” (delle possibili applicazioni tecniche della scienza; nonché degli scienziati i quali sono oggi solitamente ben inseriti, in quanto corporazione potente e privilegiata, nell’ iniquo sistema sociale esistente) tende fortemente a negare -falsissimamente!- l’ oggettività della scienza.
Ma invece la scienza può casomai essere o meno oggettiva (in quanto conoscenza) e non affatto neutrale (in quanto non pratica “attiva”)!
Neutrali o meno possono essere invece le applicazioni tecniche delle conoscenze scientifiche (applicazioni eventuali; e non: necessarie, non affatto “obbligatorie”, checché ne dicano nemici della scienza stessa).
E contrariamente alle alternative pretese di conoscenza irrazionalistiche (superstiziose, religiose, magiche, taumaturgiche, “visionarie”, ecc.), la conoscenza scientifica può effettivamente essere considerata oggettiva, seppure limitatamente, relativamente, mai compiutamente o “perfettamente” (per la cronaca: questo personalmente l’ ho imparato in gioventù leggendo Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin). Pretendere che offra conoscenze teoriche assolutamente esaurienti complete, illimitate, e conseguentemente contributi a soluzioni di problemi pratici che non siano sempre in una qualche ineliminabile misura “di compromesso”, ovvero che siano prive di difetti o di effetti collaterali indesiderati, é precisamente negazione del razionalismo teorico e di un corretto atteggiamento pratico che si avvalga della scienza; é invece precisamente quello che millantano di procurare ai loro adepti la magia, la superstizione, la taumaturgia e tutti gli altri sfavillanti e variopinti irrazionalismi.
E infatti oggi é espressione eclatante, fra gli altri, di quell’ irrazionalismo molto in voga, non meno tale (non meno una forma di irrazionalismo) e non meno dannoso di altri irrazionalismi antiscientifici più ingenuamente sfacciati, e anzi per certi aspetti forse anche più insidioso proprio in quanto cerca di darsi una falsa veste pseudorazionalistica e pseudofiloscientifica, che é costituito dallo scientismo di ascendenza positivistica più o meno diretta.
E oggi, di fronte alla pandemia reale, questo atteggiamento irrazionalistico caratterizza di fatto la stragrande, “bulgara” maggioranza di quei professoroni e accademici plurititolati che il giornalismo politicamente corretto chiama sulla carta stampata e nei talk show (non sono un anglofobo) televisivi a “difendere la scienza” (ma in realtà le scelte più o meno irrazionalistiche e antiscientifiche , oltre che antipopolari, del governo) dall’ irrazionalismo becero di negazionisti alla don Ferrante e antivaccinisti (assoluti e acritici).
E così, fra i molti altri esempi che si potrebbero menzionare, a partire dalla primavera dell’ anno scorso abbiamo sentito proclamare solennemente ”ex cathedra” (uso di proposito, provocatoriamente questa espressione tipica del diritto canonico allusiva alla ridicolmente pretesa “infallibilità del papa” e diametralmente opposta al razionalismo scientifico) che col 70% di vaccinati si sarebbe raggiunta l’ immunità di gregge; oppure abbiamo sentito negare recisamente, senza ombra di dubbio, che il pessimo -relativamente agli altri disponibili; uso il superlativo come “licenza poetica”- vaccino AstraZeneca provocava anche effetti collaterali letali (in proporzioni comunque non paragonabili a quelle della letalità dell’ infezione). E continuamente sentiamo usare il termine “immunizzazione” come mero sinonimo di “vaccinazione” quando é evidente che i vaccini disponibili contro il covid riducono solo in modestissima misura la possibilità di infettare o essere infettati.
Bene. Anzi, malissimo: negazionisti alla don Ferrante e antivaccinisti acritici, che hanno potuto sbandierare ai quattro venti (ciascuno fa ovviamente il proprio mestiere, anche i ladri e gli assassini) queste panzane antiscientifiche “autorevolmente spacciate per scienza” sentitamente ringraziano questi pretesi “amici della scienza per il meraviglioso assist” (non sono anglofobo) costituito dalla possibilità di sbandierare ai quattro venti prima le rare (ma cazzo!) morti per embolia polmonare o per coagulazione intravascolare diffusa provocate dall’ AstraZeneca, e ora il dilagare endemico dell’ infezione anche in paesi con ben più del 70% di vaccinati nonché la modestissima immunizzazione garantita dai vaccini disponibili.
E la gente comune dotata di buon senso, vedendo (allucinatoriamente) che “la scienza” racconterebbe simili balle, cosa può pensare e decidere quando si cerca di convincerla della sacrosanta verità che la vaccinazione contro il covid presenta un rapporto costi-benefici “mostruosamente positivo”, per lo meno circa le più gravi conseguenze possibili dell’ infezione, e dunque é un solido mezzo di prevenzione di grave patologia e del rischio di morte per larghissima parte della popolazione?
Chi mai potrebbe essere incoraggiato a credere sulla parola a sputtanatissimi mentitori seriali?