E’ normale che faccia discutere il condono o pace fiscale – così come è stato ribattezzato per cercare di differenziarsi dai vecchi condoni – proposto dal governo.
Non entro nei dettagli “tecnici” che tutti possono leggere (questo articolo mi pare che faccia una buona sintesi https://www.quotidiano.net/economia/pace-fiscale-ultimissime-1.4242982 ).
Mi interessa, ovviamente, l’aspetto politico della vicenda.
La premessa è che sono sempre stato contrario alla logica dei condoni per ovvie ragioni di equità e giustizia. I condoni premiano alcuni – gli evasori fiscali (e i costruttori abusivi, in ambito edilizio) – e penalizzano altri, quelli che le tasse le pagano tutte fino in fondo e, anche volendo, non hanno possibilità di evaderle perché gli vengono detratte dalla busta paga. Ovvio quindi, che i condoni siano una misura oggettivamente iniqua, cioè non equa. Chi ha regolarmente pagato le tasse (chi ha assolto ai suoi doveri di cittadino, potremmo anche dire…) si sente giustamente turlupinato e finisce per perdere fiducia nello stato.
Tuttavia, tutto deve essere sempre contestualizzato e non c’è dubbio che, nella fase attuale, questo provvedimento sia una boccata di ossigeno per centinaia di migliaia di persone normalissime, artigiani, partite IVA, piccoli e piccolissimi commercianti ma anche lavoratori dipendenti che per varie ragioni (ad esempio multe non pagate oppure presunte irregolarità nella dichiarazione dei redditi, il tutto sempre maggiorato con interessi vari, di mora, di dilazione, compensi di riscossione ecc. e viziato da quello che in termini giuridici viene chiamato “anatocismo”, cioè il pagamento degli interessi sugli interessi, sostanzialmente illegale e anticostituzionale come spiegato qui https://www.laleggepertutti.it/83070_equitalia-usura-e-anatocismo-sulla-cartella ), non riuscendo a pagare cartelle esattoriali il cui importo, a causa di quei perversi meccanismi di cui sopra, aumenta fino 40 o al 50% del dovuto, sono stati schiacciati nella morsa della famigerata (è il caso di dirlo) agenzia Equitalia.
Ci sono passati in tanti, anzi tantissimi. Equitalia ha seminato il panico e la disperazione in tutti questi anni e purtroppo in alcuni casi anche di peggio (gente che si è suicidata perché impossibilitata ad assolvere il debito). Certo, non c’è dubbio che anche questo condono favorirà i soliti “furbetti” però, se serve a dare una mano a tanta gente in oggettiva difficoltà, stringendo un po’ i denti, ci si può anche stare.
Tuttavia, c’è un “però” che non può essere eluso. Le attuali forze politiche al governo non sono arrivate a prendere questa decisione – così per lo meno hanno sempre spiegato – solo per rastrellare un po’ di quattrini e dare la possibilità a parecchia gente di farla franca, fra cui non solo bisognosi ma anche “furbetti” (cioè quello che è avvenuto da decenni a questa parte con tutti i condoni), ma in virtù di un ragionamento politico, peraltro del tutto condivisibile. E cioè che la politica di Equitalia era ed è intrinsecamente iniqua perché fondata su di una logica (e una prassi) intrinsecamente usuraia che ha finito per vessare persone in oggettiva difficoltà.
Coerenza vorrebbe, dunque, che se si vuole porre fine a questo stillicidio, si dovrebbe comunque, per ragioni di equità e giustizia, prevedere anche una qualche forma di risarcimento o di indennizzo per tutti coloro (centinaia di migliaia di persone) che in questi anni hanno pagato le cartelle di Equitalia, spesso a prezzo di duri sacrifici, e non hanno potuto usufruire del condono. Se si ritiene – come a mio parere è giusto ritenere – che una gran parte di ciò che è stato riscosso da Equitalia è stato di fatto estorto a causa di meccanismi iniqui – allora è doveroso e non solo giusto che chi è stato vessato, debba essere in qualche modo indennizzato.
Non penso, naturalmente all’ipotesi che lo stato debba mettere mano al portafogli e restituire il “maltolto”, anche perché sarebbe irrealistico, però prevedere, ad esempio, per il prossimo futuro, uno sgravio fiscale per quelli che hanno già pagato le cartelle (cioè sono stati in parte derubati…), potrebbe essere a mio parere fattibile e soprattutto giusto.
Questo sarebbe un segnale importantissimo in tante direzioni. Innanzitutto i cittadini che hanno già pagato regolarmente non si sentirebbero fregati, e questa sarebbe già una ragione più che sufficiente. Dopo di che si farebbe capire che non siamo in presenza del solito condono finalizzato a raschiare il barile e all’insegna del qualunquistico “chi ha dato, ha dato, chi ha avuto, ha avuto, scordammoce o’ passato” (cioè quello che fa giustamente incazzare tutti coloro che hanno pagato regolarmente e che si sentono defraudati), ma di una politica di equità, perequazione e giustizia fiscale che non crea cittadini di serie A e di serie B, che combatte la logica dei “fregnoni” e dei “furbetti”.
I principi di equità, onestà, legalità, trasparenza e giustizia sono – sostengono – i valori fondanti del M5S. Così ci hanno spiegato in tutti questi anni. E’ del tutto indifferente, in politica, se i leader e i gruppi dirigenti delle varie forze politiche credano veramente nelle idee che professano, e quindi se siano in buona o in cattiva fede. Ciò che conta sono i fatti e gli interessi che sono chiamati a rappresentare e a cui devono rispondere. Il M5S si trova obiettivamente a rappresentare, per tutta una serie di ragioni, a torto o a ragione, una serie di istanze che fanno riferimento a quei valori e a quei principi di cui sopra. Siano allora coerenti fino in fondo, anche a costo di confliggere con il loro alleato di governo, cioè quella Lega che fino a poco tempo fa era alleata di Forza Italia, cioè di una forza politica che quei principi, a partire dal suo leader, li metteva sistematicamente sotto i tacchi.
Ci si gioca la credibilità su queste cose.
Foto: Imprese del Sud (da Google)