L’ ingegnere iraniano, Mohammad Abedini,
è stato arrestato per volontà politica degli Stati Uniti. Non ci sono ancora, a quanto ne sappiamo, accuse
circostanziate nei suoi confronti se non voci sul fatto che avrebbe trafugato
del materiale tecnologico utile per fabbricare droni negli Usa per trasferirlo
in Iran. Ma sono appunto voci, più avanti, forse ne sapremo di più, ammesso che
mai avremo informazioni certe su questo.
A mio parere l’accusa, anche qualora
fosse vera (il che non è in linea teorica da escludere), è comunque abbastanza risibile.
In Occidente il traffico delle armi è una delle industrie più fiorenti e
lucrose, da sempre le industrie occidentali produttrici di armi, con tutta la
loro filiera di mediatori e consulenti privati e di stato, hanno fatto e fanno
affari d’oro con le peggiori dittature criminali e liberticide (in confronto
alle quali l’Iran è quasi un’oasi di democrazia e tolleranza) di tutto il
mondo, anche con paesi che non erano e non sono formalmente riconosciuti dagli stessi
stati occidentali. Alla luce quindi del contesto nel quale ci troviamo accusare
Abedini di traffico illegale di materiale tecnologico destinato a produrre armi
per il suo paese, laddove fosse appunto vero, è un po’ come fare la multa per
eccesso di velocità ad un pilota di Formula 1 alle mille miglia di Indianapolis.
L’Iran ha chiesto il rilascio del
suo cittadino e tale richiesta è ovviamente caduta nel vuoto. Per tutta
risposta il governo iraniano ha a sua volta tratto in arresto Cecilia Sala con
la generica accusa “di aver violato la legge della Repubblica Islamica”, con l’obiettivo
di arrivare ad uno scambio.
Naturalmente l’arresto di Cecilia
Sala è stata l’ennesima occasione per rilanciare la solita campagna di
criminalizzazione dell’Iran dipinto come una sorta di inferno sulla terra, soprattutto,
ovviamente, per le donne.
E’ a questo punto necessario fare
una serie di osservazioni.
- L’Iran non è certo un modello di democrazia ma
non è nemmeno un sultanato né quella tirannia assoluta di cui si parla; esiste
una dialettica politica reale in quel paese (al contrario di paesi come l’Arabia
Saudita o il Qatar che, essendo alleati degli USA e della NATO, sono perciò
stesso al riparo dalle accuse di violazione dei diritti umani) e lo dimostra il
fatto che si avvicendano al governo leader politici che rappresentano differenti
concezioni e posizioni all’interno della società civile iraniana, talvolta
anche radicalmente diverse, sia per quanto riguarda le politiche interne sia
per quanto riguarda la politica estera.
Quanto alla condizione
delle donne, queste ultime in quel paese sono pienamente inserite nella società
civile, nell’amministrazione pubblica e anche nella politica, la maggior parte
di tutti i professionisti – medici, ingegneri, architetti, avvocati,
giornalisti – sono donne, anche perché la maggioranza della popolazione universitaria
è femminile.
La storia dell’obbligo
del velo è ormai poco più di una leggenda metropolitana. Chiunque abbia
viaggiato negli ultimi anni in Iran (o abbia visto anche solo di sguincio un
breve servizio su qualche TG) sa perfettamente che moltissime donne, specie
nelle città, girano tranquillamente senza velo senza incappare in nessuna
sanzione. E’ vero, l’Iran è formalmente uno stato confessionale e quindi, in
linea teorica (ma abbiamo già detto che nella vita reale così non è), tutti i
cittadini e tutte le cittadine sono tenuti e tenute a rispettare determinate
regole e precetti. Ma questo vale per tutte e per tutti e non certo solo per le
donne. Sappiamo però che la narrazione ideologica/mediatica (politicamente corretta)
occidentale non può certo rinunciare ai suoi fondamentali cavalli di battaglia
e il femminismo è uno di questi. Laddove anche si trasformasse in una sorta di
gineocrazia, per l’immaginario occidentale l’Iran dovrà continuare ad essere il
regno della dannazione eterna per le donne.
- Subito dopo la notizia del suo arresto, è naturalmente
partita la campagna di beatificazione di Cecilia Sala dipinta come l’intrepida
free lance che a rischio della propria vita sfida il barbarico e brutale
leviatano iraniano.
Ma chi è realmente
e qual è la funzione di questa donna? Si tratta di una “funzionaria” del sistema
mediatico occidentale, altrimenti detto giornalismo. Ma il vero giornalismo è
morto da un pezzo, e di certo non abita più nelle redazioni di quei media il
cui compito non è informare ma raccontare quello che può e deve essere
raccontato. Cecilia Sala è stata mandata
in Iran per raccontare quanto è brutto, sporco e oscurantista quel paese che se
ultimamente ha fatto qualche progresso è proprio grazie alla pressione del
mondo occidentale e della sua capacità di penetrazione nella società iraniana. Il
sistema mediatico non è preposto a informare ma a manipolare la realtà e
Cecilia Sala è uno dei suoi tanti funzionari. Non è una vittima sacrificale,
alle sue spalle ha tutto il mondo occidentale e quando sarà liberata – cosa che
comunque mi auguro perché nessuno deve stare in galera per ciò che scrive,
anche fossero corbellerie in malafede o dettate di sana pianta – eletta a nuova
eroina di quel mondo occidentale di cui lei ambasciatrice, avrà davanti a lei l’imbarazzo
della scelta in termini di possibilità di carriera, essendo fra l’altro sicuramente
più brillante, meno maldestra e meno rozza di una Carola Rackete o di una
Ilaria Salis. Rispetto alle ultime due è, soprattutto, anche molto più posizionata
e il suo curriculum professionale ci dice che gode delle simpatie degli
ambienti che contano, specialmente quelli “non ostili” (eufemismo…) ad Israele.
Sia chiaro, ciò
che dico per il sistema mediatico occidentale vale per tutti gli altri, però almeno
diciamocelo senza ipocrisie e smettiamola di atteggiarci a paladini della
libera informazione che non siamo.
- Dopo il genocidio permanente in corso a Gaza e
dopo il sostegno aperto in Siria ai tagliagole ex Al Qaeda ed ex ISIS l’Occidente
non ha più nessuna credenziale per rimproverare gli altri in tema di rispetto
dei diritti civili. Il re è nudo, come
si suol dire, non ha più neanche una fogliolina di fico dietro alla quale
ripararsi. Fino a qualche tempo fa si camuffavano le guerre imperialiste come
guerre umanitarie per portare diritti civili e democrazia. Oggi, con il
sostegno aperto ai tagliagole dell’Isis elevati al rango di “ribelli moderati”
e con il sangue dei bambini palestinesi trucidati come mosche e mutilati dalle
bombe che noi forniamo ad Israele, viene a cadere anche quella coperta
ideologica, per lo meno per chi ha occhi per vedere. Non si spende una parola che
è una per i circa duecento giornalisti, per lo più arabi, assassinati a Gaza, si
è lasciato marcire per anni e anni in galera un vero giornalista come Assange ma
si alzano cori ditirambici per l’arresto di questa nostra connazionale in Iran.
Spero che sia
Abedini che Sala vengano presto liberati e possano fare ritorno alle loro case
e alle loro famiglie. Ma questo è un augurio personale, la politica è un’altra
cosa. La verità è che siamo in guerra, e sarebbe l’ora di dirlo senza tanti giri
di parole. Ma dirlo apertamente sarebbe troppo destabilizzante per delle
società infiacchite e spappolate come quelle occidentali.
Fonte foto: TG LA7 (da Google)