C’è puzza di petrolio?


Gli amichetti neoliberali del Foglio ne hanno fatto un’altra delle loro, una sequela di sciocchezze talmente ridicole che fanno ridere a crepapelle, persino Ludwig Von Mises si potrebbe rivoltare nella tomba tanto siamo sottoterra.

L’articolo è in sostanza un’anticipazione di un testo [1] (neoliberale) sui libri scolastici che ancora, bontà loro, inneggerebbero a stilemi marxisti anti-mercato o, perlomeno, decrescisti ammantati di verde. Non sono citati esempi quindi su questo non ho molto da dire: che i nostri libri di testo delle scuole siano a volte obsoleti, magari sono rimasti ad un marxismo di maniera o al Club di Roma 1970, non è escluso ma non è nemmeno dimostrato, si dovrebbe leggere il testo autorecensito.

Ma Il fattaccio è che i nostri autori, Andrea Atzeni, Luigi Bassani e Carlo Lottieri, in quello che sembra l’introduzione, si lanciano poi in una sorta di peana del libero mercato sempre osteggiato, sempre brutalizzato dai cattivi (marxisti, sinistri, verdi, comunisti, … aiuto!), convitato di pietra anche San Luigi Von Mises protettore della Scuola Austricante. Ma prendono una serie di comiche cantonate. Quando poi negli ultimi venti anni ci hanno scassato le olive con la cultura d’impresa, la buona scuola, l’efficienza, la meritocrazia, tanto che trasudiamo libero mercato dappertutto nelle scuole e nelle università.

Secondo gli autori il declino dell’Italia sarebbe causato da ”quelle che sono le radici più profonde del nostro lento e inesorabile declino in termini di prosperità nella mentalità anticapitalista, che il grande economista austriaco Ludwig von Mises associava al risentimento intellettuale per le ambizioni frustrate, istillata nei giovani fin dalla più tenera età. Si tratta di cause ideologiche ben difficili da misurare, ma non per questo meno reali…Il fatto è che, perlopiù, gli intellettuali sono convinti che l’economia di mercato sia semplicemente un cancro e che il comunismo si sarà pur rivelato la cura Di Bella, ma resta comunque un tentativo di terapia rispetto al male assoluto. L’imputazione cambia e i rimedi si rivelano illusori, ma il mercato, l’Occidente e in primo luogo l’America sono sempre sul banco degli imputati.

Fuffa ideologica! Il declino di cui parlano è stato prodotto non dall’intervento dello Stato in economia, ma, al contrario, nel suo disimpegno da una seria politica industriale proprio sulla scorta delle fantasiose teorie neoliberali. Non ho bisogno di dimostrare questa affermazione perché è arcinota, basta leggere una qualsiasi storia economica dagli anni 80 al 2000, come quella di Luciano Gallino in La scomparsa dell’Italia industriale [2], dove è più che evidente che i nostri politici, con il contributo di molti manager-finanzieri, inseguendo farfalle hanno distrutto la potenza industriale italiana (con evidente soddisfazione di altri attori), ma è questo il fatto più grave, non lo hanno nemmeno capito. Come mostrano di non capirlo nemmeno i nostri amichetti.

Gallino troppo marxista, sinistrorso, cattivo maestro per carità? Allora si può leggere l’ottimo libro Ascesa e Declino di Emanuele Felice [3], dove si dice papale papale che non sempre le politiche liberali portano crescita, specialmente nelle fasi di transizione l’intervento dello Stato è fondamentale per indirizzare la politica economica su binari sicuri. In sostanza non si ripete altro che, cosa ben nota, il primato del mercato è una chimera, quello che è certo, almeno in occidente è che le uniche politiche perseguibili sono un misto di keynesismo e di libero mercato cum grano salis

Non ci credete? Ma come, San Luigi Von Mises non aveva detto che…si cento anni fa forse! Che senso ha parlare di mercato quando il modello neoliberale è un fallimento su tutti i fronti? Non è così? San Carlo aiutaci tu (se non vi piace San Carlo perché dite che è anche lui obsoleto, potrei citarne tanti altri, tra cui San Carlo Formenti per dirne uno recentissimo [4]).

Bene signori, guardiamo il panorama attuale. L’Europa è devastata da una crisi economica profonda, che non è solo conseguenza della guerra Russo-Ucraina, ma per la fine di un ciclo di crescita post ’89 (se vogliamo chiamare “crescita” lo 0.9% per favore non facciamo ridere i polli, ma in questo gli amichetti concordano, quanto alla Germania è quasi in recessione e la Francia, notizia di oggi, ha un debito pubblico di 3300 miliardi di Euro, in termini assoluti maggiore di quello italiano). Un amico marxista mi dice che dipende dai rendimenti decrescenti, forse San Carlo è più potente di San Luigi? A che santo ci dobbiamo votare? Siamo al punto che l’economia di guerra sembra quasi una salvezza grazie all’amico Putin. Un certo Adolf ne sapeva qualcosa, anche se il potere di acquisto calò lo stesso ma vuoi mettere che felicità produrre tank per giocare a Risiko (che poi vanno usati se no arrugginiscono in deposito). Gli USA hanno, furbamente, fatto il loro investimento (350 miliardi alle piccole imprese [5] più altri 52 solo nella produzione di chip, tirandone fuori altri 166 dalle imprese high-tech che avranno anche incentivi sulla costruzione di nuove foudries) non è forse intervento statale nella patria del “libero mercato”? Con gli Europei che si sono fatti prendere per i fondelli: hanno timidamente protestato e poi sono stati zitti, certo l’alleato è l’alleato che vuoi che non ci dia più i suoi ‘costosi’ prodotti come il gas liquefatto o gli F35? Vuoi che non ci salvi dai cosacchi che abbeverano i cavalli nella fontana di Trevi? Poi c’è la Cina, qui c’è veramente da ridere. Orrore, orrore (alla buonanima di Tortora) che fanno i cinesi, lo Stato osa aiutare l’economia con suoi investimenti? Ahh! Maledetti gialli, maledetti marxisti che fanno finta di adottare il libero mercato per tradire San Luigi Von Mises e compagnia. Intanto il 50% delle auto a Pechino è elettrico, l’Europa è alla frutta e sta pregando in ginocchio i cinesi di venire qui a costruire auto elettriche, mercato emergente e quindi fonte di profitti (l’amico marxista mi ricorda che l’innovazione porta alti tassi di profitto quando c’è) perché il ritardo accumulato è così grande che non può essere recuperato entro il 2035 anno fatidico in cui ci si è impiccati (ma di questo dirò dopo). La minaccia dei dazi, ora approvati per cinque anni, sembra spaventare poco i cinesi che intanto costruiscono enormi navi per esportare le loro auto [6] (Cuba si è già prenotata per un carico a quanto pare [7]). I dazi, certo, beh non lo sapevi: è libero mercato anche quello ragazzi! San Luigi Von Mises ora veramente si rivolta nella tomba.

Dulcis in fundo: mister Draghi ci sbrodola un report in cui dice che gli Stati, non i privati certo, devono trovare 800 miliardi di Euro (bond stile covid) altrimenti siamo finiti [8]! Ma dov’è questo libero mercato? Mi sa che tra poco nemmeno il lanternino di Diogene riuscirà a trovarlo. Risposta a Draghi dei governi: a Mariettiel nun c’è stanno i’denare ovvero nisba, nihil, nulla.

Non vi preoccupate, dal declino ci salverà il Green Deal, ecco la famosa data il 2035 e le altre che von der Elmetto ha schedulato nella sua agenda. Beh! Mi sa che è una fregatura, perché a meno che non ci salvi la Cina stiamo parecchio indietro (l’alleato si sa sta a c. suoi a pensare come dominare il mondo), salvo ovviamente non imporre nuove tasse, mascherate da incentivi, si perché il governo ti sconta il 20 ma tu paghi 80 di cui il governo si riprende il 20 sotto forma di dazio che incrementa la tassazione, intanto hai pagato, (acquisto imposto = tassa = abbonamento TV non è dissimile) è un gioco a somma negativa (per te). La coperta è comunque corta. Ah! Già a proposito di coperta nel Deal ci sarebbe anche il cappotto termico in un paese come l’Italia destinato ad un clima stile Dubai tra una trentina d’anni. Ma potrebbe finire in un bellissimo Greenwashing, in fondo le targhe polacche sono un’invenzione geniale, chissà che non si riesca lo stesso con le case finto-ecologiche (San Gennà piensace tu…).

San Luigi Von Mises ma come nuove tasse? Ma i vantaggi che doveva offrire il libero mercato dove sono? Ma no, ma no, gli eccessi verdi sono uguali agli eccessi rossi, infatti i bravi amichetti scrivono: “Mentre l’orizzonte ideologico più propriamente marxista sembra assai lentamente declinare, prende corpo una radicale contestazione delle imprese produttive e del mercato che poggia sul radicalismo verde. Se la condanna del sistema industriale è una costante, ad essere oggi maggioritarie sono le concezioni che insistono ossessivamente sulla limitatezza delle risorse naturali, sul carattere inevitabilmente inquinante della tecnologia, sulla necessità di mettere sotto controllo la demografia e limitare (o bloccare) lo sviluppo. In un’area che non ne conosce alcuno da quasi quarant’anni la cosa può apparire addirittura criminale”. Affermazioni che puzzano forse di vecchie lenzuola: le risorse non sono limitate, sono mal distribuite semmai (vedi questione gas liquefatto), la tecnologia non è sempre inquinante, ma dipende da come la si usa (una delle poche cose giuste che ha detto Salvini, circa una ogni cinque anni, è che i tappi di plastica attaccati alla bottiglia sono una stronzata [9]), la demografia sanno tutti che non è più un problema almeno dal 2000, appunto amichetti siamo rimasti al Club di Roma anni ’70? Un’agenda verde su questi temi è un’agenda di venti o trenta anni fa: evidentemente i manuali scolastici saranno rimasti a queste date, non è escluso, ma allora perché non dire chiaramente che sono temi obsoleti, eh no il problema è sempre la radicale contestazione …del mercato. Ma benedetti ragazzi, nemmeno più i comunisti, quelli seri non quei partituncoli da operetta che si dicono comunisti ma pensano di vivere ancora nel XX secolo, contestano il mercato, avete letto questo libro per caso [10]?

Un governo che si rispetti avrebbe a cuore il trasporto pubblico, oltre naturalmente alla sanità e alla scuola. Ma il nostro è un paese in declino a causa soprattutto della sua insufficiente classe politica fatta da persone, come ho già scritto altre volte, in massima parte incapaci. Ma che importa, viva il motore endotermico, viva San Luigi Von Mises, lunga vita all’auto a benzina che ci delizia con i suoi modelli sempre più ruggenti, vuoi mettere una Ferrari ed una Tesla. Mah! Altro che lenzuola vecchie, non è che si inizia a sentire puzza di petrolio?

[1] La mentalità anticapitalistica nei manuali scolastici: un’indagine, Il Foglio, 2 ottobre 2024.

[2] Luciano Gallino, La scomparsa dell’Italia industriale, Einaudi, 2003.

[3] Emanuele Felice Ascesa e Declino. Storia Economica d’Italia. Feltrinelli, 2018.

[4] Carlo Formenti, Guerra e Rivoluzione, Meltemi, 2023.

[5] USA: piano di aiuti di 350 miliardi di dollari alle PMI, incluse filiali americane di aziende italiane

Chips for America, 460 aziende in campo e investimenti per 166 miliardi

[6] BYD ora ha anche una sua nave per esportare le auto elettriche. È la prima di 6, Greenmove, 24 settembre 2024.

[7] CUBA: Nessun embargo, scende in campo la Cina. Per la prima volta nella storia il parco auto di Cuba sarà elettrificato, Cuba Insieme, 28 settembre 2024.

[8] Il Rapporto Draghi, 9 settembre 2024.

[9] Senza scomodare Ugo Bardi, va da sé che i tappi attaccati sono del tipo: poiché siete dei bambini e non sapete buttare i tappi insieme alla bottiglia ve li attacchiamo lì. Ridurre la plastica, per carità non sia mai, e come guadagniamo poi (firmato i plastificatori).

[10] Giovanni Arrighi, Adam Smith a Pechino, Feltrinelli, 2008.

Foto da Google

3 commenti per “C’è puzza di petrolio?

  1. Giulio Bonali
    7 Ottobre 2024 at 8:49

    Le tasse IN ASTRATTO sono di sinistra; diminuirle significa ridurre (inevitabilmente anche, fra l’ altro, ma di fatto soprattutto) lo stato sociale, il salario indiretto dei lavoratori a vantaggio dei padroni.
    IN CONCRETO di destra sono le tasse proporzionali (anticostituzionali, le cosiddette “tasse piatte”; per gli anglomani “flat tax”), quelle indirette, sui consumi e sui “patrimoni” (parola che agita lo specchietto delle allodole delle terze e quarte ville con piscina e delle auto lussuose, delle navi -cosiddette “barche”- da diporto, degli aerei personali per colpire in realtà le prime modeste case frutto di sudato lavoro e frugale risparmio; inoltre le tasse sui “patrimoni” disincentivano dannosamente il risparmio).
    Di sinistra sono le tasse progressive (secondo costituzione) e unicamente sui redditi.

    Le risorse (naturali) non sono solo mal distribuite (ma innanzitutto male appropriate), sono anche LIMITATE (a meno di credere ai miracoli e/o alla fantascienza, al moto perpetuo e non al 2° principio della termodinamica).

    La “tecnologia” (rectius: le tecniche) é SEMPRE inquinante, più o meno a seconda dei casi (a meno di credere ai miracoli e/io alla fantascienza, al moto perpetuo e non al 2° principio della termodinamica): come sempre, immancabilmente Salvini ha sparato una gran cazzata.

    La demografia é un problema molto serio (risolvibile in vari diversi modi, gli uni più o meno reazionari, gli altri più o meno progressivi) in relazione alla LIMITATEZZA delle risorse naturali (a meno di credere ai miracoli e/o alla fantascienza, al moto perpetuo e non al 2° principio della termodinamica).

    Il nostro (e TUTTI gli altri occidentali, chi più chi meno) é un paese in declino non per una razzistica pretesa inadeguatezza “etnica” della sua classe dirigente, ma invece perché regolato dal mercato (anche se, ovviamente, immancabilmente, come sempre “dopato” da più o meno pesanti interventi statali filomonopolistici finanziari e antipopolari); e negarlo é una gran cazzata tipica di chi é rimasto non al XX ma al XIX secolo!).

    Le Ferrari sono tecnicamente ottime vetture vergognosissimamente lussuose usate da spregevoli sfruttatori relativamente intelligenti (in un paese civile la loro produzione dovrebbe essere vietata), ma le Tesla sono tecnicamente pessime vetture vergognosissimamente lussuose usate da spregevoli sfruttatori notevolmente stupidi (in un paese civile la loro produzione dovrebbe essere vietatissima)

  2. Giacomo
    7 Ottobre 2024 at 23:06

    Forse non mi sono spiegato bene: è quasi ovvio che non ho la pretesa di dire che i nostri governi sono ‘etnicamente’ inferiori (a dire il vero non capisco nemmeno ‘etnico’ che significa in questo contesto semmai è un problema ‘storico’ di impreparazione tecnico scientifica), ma sta di fatto che il declino (anche quello demografico) non è uguale per tutti e, nell’ambito delle economie di mercato (sottolineo “nell’ambito delle economie di mercato”), i nostri governanti si sono rivelati tra i peggiori della classe. Forse non hai letto Gallino evidentemente per capire quanto fossro citrulli rispetto agli stranieri più furbi (quando scrivo “inseguendo farfalle” d’altra parte intendevo implicitamente “inseguendo l’ideologia del libero mercato”).
    Per quanto riguarda la demografia e le risorse ribadisco che si tratta di problemi che ritengo obsoleti: non c’è un’esplosione demografica semmai ci si aspetta che la popolazione mondiale addirittura cali dopo il 2100 e certamente è in calo in Europa ed in particolare in Italia. Certo che le risorse sono limitate, ma i problemi dipendono in gran parte dalla loro cattiva distribuzione (o appropriazione su cui concordo), ma questo non significa che non siano sufficienti per condurre una politica energetica bilanciata e favorevole all’ambiente, non c’è nessuna fantascienza in questo e nemmeno c’entra il 2° principio. Freeman Dyson dimostrò che non era un ostacolo allo sviluppo e alla continuazione della civiltà, basta non farsi ossessionare dal mito della crescita senza fine: rallentare come è rallentata anche la demografia avrebbe effetti benefici sul futuro.
    Per come è messo ora il Green Deal è una ‘flat tax’ perché se devo mettere gli infissi nuovi e spendere 20000 Euro, non è la stessa cosa se li deve mettere chi guadagna 200000 Euro l’anno (se non li ha già).
    Lasciamo perdere il resto, ma noto che l’articolo voleva esprimere una critica al concetto di libero mercato invocato dagli autori citati, NON un’indirizzo di politica economica, fiscale o verde, per cui ho usato volutamente un tono leggero, non esprimendo una posizione pro Green o pro petrolio, ma criticando anche entrambe. Chissenefrega perciò se la macchina è Tesla? Poteva essere anche Byd, o altra marca cinese o svizzera, ho usato Tesla solo perché è più nota come auto elettrica. Non ha molta importanza.

  3. Giulio Bonali
    8 Ottobre 2024 at 14:58

    Non ho letto Gallino ma vedo che in Francia e in Germania e altrove (in paesi solitamente guardati con gran soggezione e malcelata ammirazione dagli italiani che soffrono di “complesso autorazzistico di inferiorità”; concetto non scientifico ma che credo renda l’ idea, per chi abbia buona volontà di capire, senza ricorrere a lunghe, defatiganti precisazioni per le quali questo non é il luogo) non sono messi molto meglio di noi quanto meno (ovvio, visto che seguono la stessa strada al servizio dei monopoli finanziari transnazionali).

    La demografia del mondo ha ovviamente oscillazioni e differenziazioni geogrefiche, un po’ come il clima, ma complessivamente resta ineludibilmente assai problematica data la limitatezza delle risorse naturali realisticamente (e non: fantascientificamente né scientisticamente; meglio: ideologicamente) disponibili: già si consumano molte risorse naturali più rapidamente di quanto non possano essere ripristinate dai processi ciclici chimici, fisici, biologici, figuriamoci se l’ attuale andazzo delle produzioni e dei consumi complessivi (iniquissimamente distribuiti; ma questo é un altro aspetto del problema, per quanto non meno importante) continuasse e non venisse drasticamente corretto (cosa che, implicando una socializzazione dei mezzi di produzione indispensabile per il superamento della concorrenza “anarchica” fra unità produttive private alla ricerca ineludibile -pena il fallimento a vantaggio di altre imprese- del massimo profitto a qualsiasi costo e a breve termine, quasi “automaticamente” implicherebbe una molto più equa appropriazione e distribuzione)!

    Concordo sul cosiddetto “sviluppo ambientalistico” (per gli anglomani “green deal”), circa il quale non mi pare peraltro di avere espresso alcuna critica nel commento precedente.

    La questione non é di Tesla o delle (probabilmente migliori tecnicamente) auto elettriche cinesi, la questione é che l’ auto elettrica come pretesa alternativa ambientalistica ai motori endotermici é una colossale bufala.
    Al massimo può essere utile per la salute dei vigili urbani e dei pedoni e ciclisti che passano per zone trafficate (e a questo limitato proposito meriterebbe essere presa in considerazione), ma quanto a emissioni di CO2 non fa altro che spostare il problema. Che si può risolvere drasticamente solo riducendo drasticamente la mobilità privata (complessiva e sempre con equità) in particolare e la mobilità in generale: meno viaggi e su mezzi pubblici, preferibilmente ferroviari e “a bassa velocità”, salvo casi particolari come ambulanze, veicoli dei pompieri e altri mezzi di soccorso, cittadini con residenze -“remote” e lavoro impossibile in prossimità -anche qui spero di spiegarmi- e in caso di ineludibili trasporti intercontinentali impiego di navi per quanto possibile o aerei (in entrambi i casi pubblici, dato che le imprese private, per poter concorrere sul mercato, devono incentivarne l’ impiego al di là del necessario o “giustificatamente dilettevole”, ad esempio con la pubblicità -per me la prima attività da vietare- con danni enormi all’ ambiente e alle possibilità di sopravvivenza dell’ umanità).

    “Basta non farsi ossessionare dal mito della crescita senza fine” mi sembra una frase eclatantemente rivelatrice di una mancata comprensione del problema: come se si trattasse di qualcosa di banale e facilissimamente realizzabile senza pesanti sacrifici, notevolissimi (relativamente al loro attuale tenore di vita) per i nababbi superprivilegiati al potere, ma, in qualche limitata misura (variabile a seconda dei casi in quanto dipendente dai rispettivi tenori di vita) anche per moltissimi altri assai meno ricchi, privilegiati e potenti, soprattutto in Occidente.
    E a mio parere impossibile, data la limitatezza delle risorse naturali realisticamente disponibili e la non accorciabilità ad libitum dei tempi del loro ripristino, senza il superamento della “logica del mercato” che impone la concorrenza fra unità produttive (per lo più private) in reciproca concorrenza nell’ ineludibile ricerca del massimo profitto ad ogni costo e nel più breve tempo possibile, come é evidentissimo per chiunque guardi in faccia la questione ambientale senza pregiudizi e con coraggio intellettuale.

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