Il presente articolo è stato redatto con la preziosa consulenza di Davide Michielotto, esperto di criptovalute e blockchain, nonchè referente scientifico del Bitcoin Veneto Center, uno dei massimi osservatori e centri formativi e operativi legati alla materia e alle sue connessioni col tessuto economico in ambito triveneto.
Da qualche tempo a questa parte, il colosso del social networking Facebook ha annunciato l’avvento della sua personalissima valuta digitale, Libra, che ha rapidamente polarizzato l’attenzione su un mondo – quello della moneta elettronica e delle sue variegate manifestazioni e applicazioni – di cui si parla tanto e troppo, ma che ancora naviga nel magma di un’informazione spesso scorretta, asimmetrica o comunque parziale. Cerchiamo dunque di fare luce in termini semplici e comprensibili su cosa sia Libra e su cosa si vada a basare.
Libra, innanzitutto, non è una criptovaluta come in molti hanno erroneamente affermato, bensì una “stable coin”, ossia una moneta completamente digitale che però basa la sua stabilità su una moneta del tutto classica, nota e circolante (con tutta probabilità il dollaro americano) ed un paniere di altre valute statali, titoli e valori specifici (che appunto ne denotano la sostanziale costanza e fissità). La moneta di Facebook sarà controllata da una Fondazione con base a Ginevra, che deciderà chi e come dovrà gestirla, e quanta ne sarà prodotta (ovvero coniata), partendo dal presupposto che, con una possibile platea di circa 2,5 miliardi di persone (utenti Facebook, WhatsApp e Instagram per citare i tre social più famosi sotto il diretto controllo di Zuckerberg), si parte da subito con un larghissimo vantaggio rispetto a tutte le altre cripto monete in circolazione (ne esistono circa 2.200). A questo punto è evidente la necessità di evidenziare le differenze rispetto alle criptovalute comuni.
Per comprendere le differenze sostanziali tra una criptovaluta “originale”, come Bitcoin, che segue il protocollo proposto dal primo inventore di questo tipo di monete, il celebre e per molti versi fantomatico Satoshi Nakamoto, ed un “quasi clone” come appunto Libra, possiamo utilizzare un semplice schema per punti: (1) Libra gira su un sistema completamente privato, posseduto interamente da Facebook, mentre la più celebre criptovaluta, Bitcoin, viaggia su architettura pubblica; (2) Libra è controllata da un sistema assolutamente e squisitamente centralizzato, mentre Bitcoin è una rete libera e libertaria (diremmo noi amanti della politica sinistrorsa radicale, Socialista e internazionalista, gestita da uomini e donne in carne ed ossa), decentralizzata ma anche distribuita, peer-to-peer, scevra dal controllo di singoli individui o istituzioni; (3) Libra ammette transazioni verificate da un numero limitato di nodi, rigorosamente pre-autorizzati, mentre Bitcoin assolutamente no, dato che i nodi sono illimitati, e chiunque può crearne e gestirne uno anche privatamente, in casa, nella più assoluta autonomia; (4) Libra detiene le chiavi dei wallet (portafogli digitali) degli utenti (come un normalissimo conto corrente bancario), Bitcoin lascia invece questa libertà (e responsabilità) completamente in mano agli utenti finali; (5) contrariamente a Libra, Bitcoin non si può tecnicamente falsificare, duplicare, confinare geograficamente, spendere due volte o bloccare entro una transazione già inviata.
In altre parole, Facebook sta “mimando”, attraverso il bisticcio e la disinformazione sulle criptovalute e sulla “libertà dal sistema centralizzato del potere bancario classico”, una sorta di analogo richiamo a libertà in realtà del tutto fittizie e nominali, o comunque connesse alla classica, millenaria circolazione del denaro. Potremmo dire che, un po’ come accade per tanto marketing politico che abbiamo imparato a smascherare, Facebook spaccia per democratico ciò che è in realtà confinato entro i limiti di una stringente logica proprietaria.
I possibili scenari dell’introduzione e diffusione di Libra sono ovviamente molteplici, e come ovvio imprevedibili. Tuttavia alcune autorevoli voci nella comunità Bitcoin si sono espresse in termini eloquenti, prevedendo uno sviluppo che di seguito descriviamo. Libra, in un primo momento, “farà la voce grossa”, diffondendosi rapidamente e focalizzando su di sé una larga fetta di attenzione internazionale. Questo rumore di fondo, però, indirettamente si riverserà anche sulle criptovalute tradizionali, aumentandone la parallela diffusione e favorendo con essa una naturale messa al riparo dalla mano indiscreta e coercitiva di governi, poteri forti, legislatori. Nel medio e lungo periodo, di certo la facilità di utilizzo aumenterà sensibilmente, sia per la valuta di Facebook che per le criptovalute pregresse o di nuova introduzione, favorendo la più profonda comprensione del funzionamento di entrambe. In termini più sintetici, oseremmo dire quasi marxiani, l’apice dello sviluppo tecno-capitalista a base informativa (si pensi a tutta la discussione sull’impatto dei Big Data e dell’automazione nel vasto contesto del lavoro 4.0) produrrà, in una specie di corto circuito solo apparentemente paradossale, gli strumenti per il suo stesso superamento, o almeno per la creazione di una forte ed efficace alternativa ai suoi strumenti di base e alle sue logiche di funzionamento. Tale maggiore consapevolezza evidenzierà la profonda differenza tra le due diverse filosofie e morfologie sopraccitate: controllo contro autonomia, repressione contro trasparenza, centralizzazione contro decentralizzazione, e via discorrendo. Appare dunque evidente quanto la questione meramente tecnico-economica assuma vaste connotazioni politico-sociali.
Certo rimangono forti dubbi su quanto lecita possa essere nel complesso l’operazione Libra, come dichiara in maniera chiara e forte il Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali Antonello Soro in un’intervista rilasciata a “Il Mattino” il 20 giugno 2019: ”L’idea di coniare criptovalute e allestire servizi bancari digitali non è solo la traslazione della logica della disintermediazione dal mondo valutario, né una banale questione di evoluzione tecnologica. Siamo in presenza di una questione di potere gigantesca, che mette in gioco temi dall’impatto politico e sociale devastante.”
“Il pericolo è chiaro: siamo di fronte a un processo che può portare a un sistema finanziario globale, parallelo, competitivo e tendenzialmente prevalente rispetto a quello regolato dalle autorità internazionali. Per le grandi piattaforme tecnologiche americane – ma non per quelle cinesi che godevano già di un enorme potere – è più che mai la chiusura del cerchio. Il potere di battere moneta, ben più che simbolico di uno Stato sovrano, consegna ai colossi del web una possibilità di manovra e arbitrio praticamente illimitata.”
La voce di Soro non è l’unica a levarsi contro Libra e i soggetti che la portano avanti. Anche Eugeny Morozof, fra i più celebri studiosi del mondo digitale, nonché aspro critico nei confronti dei maggiori colossi hi-tech, dichiara che “bisogna essere pazzi o masochisti per fidarsi ancora di Facebook che parla di “bene pubblico” o “privacy”: hanno dimostrato negli anni che queste non sono loro preoccupazioni. Vi fidereste di un’azienda che è impegnata a creare dipendenza digitale e poi afferma candidamente di lavorare per la tutela del bene pubblico? Quando quello che facciamo produce dati è evidente che chiunque li controlla arriva a controllare anche, specularmente, tutto quello che facciamo. Le transazioni monetarie non fanno eccezione.”
Riassumendo, siamo al cospetto di un vero e proprio spartiacque storico e antropologico, che vede lo scontro di due entità monolitiche e dai tratti estremamente diversi. Da un lato lo sviluppo estremo, esteso nel senso delle transazioni squisitamente economiche, di un capitalismo hi-tech sorridente e rassicurante, sociale, mediatico, ma impegnato in operazioni tali da renderlo un vero e proprio “stato planetario” sovraordinato addirittura rispetto alle comunità sovraordinate, dotato di costituzioni del tutto proprie, private, costituite su basi del tutto avulse dalla democrazia e dalla partecipazione decisionale diffusa. Dall’altro lato, all’opposto, disseminata come un rizoma di isole lungo tutto il pianeta, l’avanzata libertaria e radicale di forme veramente indipendenti e trasparenti di gestione del valore, e delle transazioni da individuo a individuo ad esso connesse. Una valida rappresentazione di tale dicotomia, tornando un tantino indietro nel tempo, potrebbe essere visualizzabile (mutatis mutandis) nella classica distinzione tra software proprietario, chiuso e costoso, e software open-source, economico e disponibile per chiunque sia disposto ad un minimo di approfondimento. Da qui alla distinzione tra pensiero unico e pensiero critico il passo è breve.
Ma non è finita qui. Esiste infatti una discussione abbastanza accesa circa la possibile confrontabilità tra Libra e i tanto pubblicizzati “mini bot” italici. Anche in questo caso si tratta di fare chiarezza. A parte il contenuto tecnologico di Libra, di parecchio superiore, c’è da dire che la moneta di Facebook, essendo basata sul dollaro americano, costituisce a tutti gli effetti una moneta privata con aggancio monetario classico, mentre i “mini bot” sono (o sarebbero, viste le evidenti riluttanze del caso) completamente statali. Di conseguenza, essendo una moneta digitale agganciata al debito pubblico statunitense, Libra intende di fatto, a proposito di imperialismo, inquinare come un virus, o come un cavallo di troia, le valute delle altre potenze o superpotenze planetarie. Di per sé, invece, i “mini bot” agirebbero solo entro i confini italici, funzionando effettivamente come una vera e propria valuta parallela. Questo spaccato illustra con una certa chiarezza quanto, nel futuro, il confronto con la tecnologia blockchain sarà fondamentale anche nel parlare con cognizione di causa della sovranità monetaria statale, in tutte le sue declinazioni e modalità realizzative strettamente tecniche.
Se a questa riflessione più che mai globale sovrapponiamo il ruolo monetario-economico dell’Europa, i vincoli imposti su bilanci e circolazione valutaria, le regole calate dall’alto per disciplinare i mercati, i salari, le politiche industriali e il welfare degli stati membri, ci rendiamo conto più che mai di quanto Lenin avesse intuito il nocciolo della questione: a valere in politica sono solo le borse, e non certo i parlamenti. Avremo dunque una borsa centrale basata su gattini miagolanti e compravendita sotterranea di dati sensibili? Ai posteri l’ardua sentenza. Una cosa è certa: il futuro sarà molto, molto lontano da come ce lo immaginiamo oggi. Forse migliore. Forse peggiore. Di certo diverso, di una diversità al cospetto della quale saremo chiamati ad essere preparati e consapevoli con largo anticipo ed estrema lucidità.