Per capire il tasso di pervasività del sistema mediatico può
essere utile osservare questa foto che ritrae un gruppo di donne, aderenti agli
ultras della Lazio (un gruppo dichiaratamente fascista che egemonizza la curva
nord, cuore del tifo biancoceleste), che allo stadio espone uno striscione in
cui c’è scritto “Iraniane mai più fuori degli stadi” (firmato “femminilità
ultras Lazio”).
E’ evidente che queste donne non sanno che l’Iran, nonostante
quanto sostengono le fanfare mediatiche occidentali a reti unificate, è un
paese dove le donne sono pienamente inserite nella vita pubblica e sociale,
anche più di qualsiasi altro paese islamico, Siria di Assad a parte che era un
paese laico e non confessionale prima di essere rovesciata dagli integralisti
jhadisti sostenuti da Israele, USA e Turchia.
Nessuno sa che l’Iran è il paese al mondo, in proporzione al
numero di abitanti, con il maggior numero di donne laureate, un numero ben
superiore a quello degli uomini laureati. La maggioranza della popolazione universitaria
è infatti composta da donne le quali, di conseguenza, costituiscono la maggior
parte dei professionisti in tutti i settori professionali (medici, ingegneri,
architetti, giornalisti, avvocati ecc. ) oltre ad essere pienamente inserite anche
nella vita pubblica e politica. E questo, può piacerci o meno ma è del tutto
indifferente, è un merito da ascrivere proprio a quella rivoluzione khomeinista
che ha rovesciato la dittatura dello Scià, Reza Pahalavi, alleato dell’occidente,
che teneva il paese in uno stato di semischiavitù.
Quel manipolo di tifose ultras della Lazio farebbero bene a
prendersela semmai con il Qatar o con l’Arabia Saudita – paesi, guarda un pò, pur
con tutte le ambiguità del caso, da sempre alleati e in affari con il mondo
occidentale – dove effettivamente le donne subiscono tuttora una condizione di discriminazione.
Prendendosela invece con l’Iran, soprattutto di questi tempi, dimostrano di essere
completamente allineate (insieme ai loro amici, anzi camerati, dello stesso
gruppo ultras) a quel mainstream mediatico, ideologico e politico dal quale sostengono
con (falsa) veemenza di essere distanti. Niente male per chi da sempre si
spaccia come “antisistema” (il famoso “boia chi molla” pare proprio non essere
il grido ma la fandonia di battaglia…).
Va detto peraltro che è vero che in Iran fino ad alcuni anni
fa alle donne era di fatto (ma non formalmente, a differenza di quanto tuttora
accade nei paesi che ho citato sopra) proibito di andare allo stadio ma non è
mai esistita una vera e propria legge nazionale che, nero su bianco, lo
proibisse. Tale divieto – comunque ingiustificabile, sia chiaro, dal mio punto
di vista – era però esercitato dal governo a causa della mancanza di
infrastrutture adeguate per separare gli uomini dalle donne, in base alle regole
vigenti in quel paese che prevedono la
separazione dei sessi in determinati luoghi pubblici. Può non piacerci e non ci
piace ma quella è la loro cultura che riguarda o colpisce, a seconda dei punti
di vista, tutte e tutti, indiscriminatamente, anche perché penso che l’essere costretti
ad essere separati in taluni ambiti, sulla base di determinati precetti
religiosi, possa risultare fastidioso forse ancor più per gli uomini che per le
donne.
In conclusione, le donne della “femminilità ultras della Lazio” si rivelano essere decisamente ignoranti – ma questa non è una colpa – e soprattutto allineate e coperte all’ideologia neoliberale dominante (che accomuna, sotto questo profilo, destra e “sinistra”). E questa invece lo è. A quando uno striscione in sostegno delle donne, magari soldatesse, israeliane?