Si susseguono frenetici gli appelli al Presidente del Consiglio, prima i sindaci, poi i Rettori ed a ruota seguono i Presidi, sullo sfondo il disfacimento del Governo dei migliori con annessa campagna acquisti del Movimento cinque stelle. Con lo sguardo di chi vede il tutto a distanza può apparire un mondo coeso, schierato a coorte fino alla morte intorno al suo Presidente, ma se si leggono gli appelli e si avvicina lo sguardo il “crudo vero” si svela e rivela nella sua mediocrità. Tutti sono stretti a coorte, ma intorno alla fonte prima il “denaro”. Tutti i tarantolati temono di perdere i finanziamenti del PNRR e non solo. Le istituzioni sono un corpo unico con la politica, un osmosi senza interruzione sostenuta dalla sola finanza. Gli oratores si appellano al senso di responsabilità, ma quest’ultima è stata persa da decenni. I finanziamenti europei che termineranno i processi di privatizzazione reale delle istituzioni pubbliche e formative sono l’unico “progetto” a cui le istituzioni italiane obbediscono ciecamente. Nessuna critica all’aziendalizzazione della nazione, se l’azienda non piace con il suo precariato al limite dello schiavismo, si può cambiare “azienda”, si può emigrare verso altre aziende nazioni. Le morti sul lavoro sono la normalità del precariato, alla morte dei lavoratori corrisponde l’edonismo acefalo dei privilegiati che consumano i sacrifici e il deposito culturale delle generazioni precedenti.
“Mors tua vita mea”
la nazione e l’Europa in tale orizzonte non hanno progetto alcuno. L’attivismo da Sisifo è il segno del vuoto interiore e politico che accomuna politici, movimenti e nazioni. Si vivacchia per consumare ciò che resta, si ipoteca il futuro delle nuove generazioni, e nel frattempo si dilapida ciò che non si ha. L’unico progetto è il decadente ordoliberismo che punta ancora sul capitalismo nella sua fase cadente, il quale per sopravvivere deve accelerare il consumo del pianeta. Il silenzio delle istituzioni accademiche è il vero scandalo e la verità dello stato in cui siamo: silenzio critico, ma roboanti sono le voci che chiedono ad un governo mai eletto di restare in carica e di continuare la sua corsa. Nell’appello del Presidente dei Rettori Draghi è l’esempio che gli studenti attendono per dare una sferzata ontologica alla loro vita. Non è stato eletto e non passerà mai dalle urne, per cui prima di rendere il Presidente un esempio vivente bisognerebbe attendere, almeno, il responso delle urne nel rispetto della legalità minima. Nessun accenno alla gestione della crisi greca con la sua scia di morti e tragedie. Draghi era Presidente della BCE. Nessun accenno all’uomo solo al comando con ben 54 richieste di fiducia ottenute. Il Parlamento è sempre più un dettaglio nella pratica del governo. In nuovo idolo per i giovani deve avere i connotati tipici dell’uomo solo al comando che “crede” di rappresentare tutti.
In un paese normalmente democratico il servizio pubblico dovrebbe sottoporre a critica le proposte presidenziali e governative, ma nulla di tutto questo accade, anzi il dissenso è bollato di disfattismo, mentre la Costituzione è vilipesa dagli eroi (articolo 11). Così Resta nell’appello:
“Con la pandemia hanno vissuto momenti di grande incertezza. A loro dobbiamo restituire la fiducia nel futuro. Questo è il momento della responsabilità. Grazie ai fondi del Next Generation EU, è un momento positivo, di grande slancio. Non permettiamo ai venti della politica di cambiarne la rotta. Una barca senza timone va alla deriva”.
Il piano a cui fa appello Resta consta di sei missioni:
Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo
Rivoluzione verde e transizione ecologica
Infrastrutture per una mobilità sostenibile
Istruzione e Ricerca
Inclusione e Coesione
Salute
Le sei missioni sono finalizzate a trasformare la nazione in una azienda competitiva e a rendere la formazione molto penetrabile al mercato. Gli affari per l’energia verde sono al primo posto. L’inclusione nel mercato è l’obiettivo primo ed unico, le nuove generazioni devono pensarsi come aziende in autopromozione pronte a seguire es adattarsi ai cambiamenti del mercato. Il Rettore proclama la fedeltà delle Università al mercato e la fine di ogni distanziamento critico e politico. Le nuove generazioni, si sorprende Resta, non scendono in piazza per difendere il Governo dei migliori:
“I giovani studenti del nostro Paese hanno bisogno di esempi da seguire e di riferimenti da ricordare – prosegue Resta – Gli studenti vivono questa ennesima vicenda con rassegnazione. Non scenderanno in piazza non perché non abbiano un’opinione a riguardo, ma perché ipotizzo non abbiano né la voglia né l’interesse ad assecondare i giochi della politica”.
Le nuove generazioni non scendono in piazza, perché sono state educate a disinteressarsi della politica, delle comunità e del futuro da istituzioni che ripetono da decenni che la cultura è “niente”, se non serve ad accumulare quattrini. “Con la cultura non si mangia” già sentenziò Tremonti.
Non sembra che il livello di acritica acquiescenza al sistema basti, ma si procede e si spinge verso una illimitata desertificazione. Si continua imperterriti a procedere verso un allineamento adattivo di cui non ci si vuole assumere le tragiche verità. Non resterà che l’ultimo uomo, il quale è l’unica verità-realtà del disfacimento di un intero continente.
Fonte foto: Zazoom (da Google)