Il mio articolo di ieri https://www.linterferenza.info/editoriali/omicidio-civitanova-marche-nazifascismo-fra/ ha fatto molto discutere, ha suscitato anche delle critiche e tutto ciò è molto positivo. Proprio per questa ragione voglio chiarire la mia posizione, onde evitare qualsiasi equivoco e fraintendimento. Mi scuso per la lunghezza ma il tema è assai complesso e preferisco essere prolisso piuttosto che equivocato.
- Non ho mai pensato né scritto che la violenza è solo e sempre nazifascista. Me ne guarderei bene dal sostenere una simile scemenza. Ho detto un‘altra cosa, e cioè che i due episodi delittuosi, quello di Colleferro e quello di Civitanova Marche affondano le loro radici motivazionali, diciamo così, psicologicamente e culturalmente, in un brodo di coltura che il nazifascismo ha sdoganato, coperto, giustificato filosoficamente ed elevato ad ideologia. Il nazismo e il fascismo – due ideologie contigue che non a caso storicamente sono state alleate – si fondano infatti sul rifiuto del concetto di eguaglianza (quindi di democrazia e naturalmente di socialismo), considerata una vera e propria aberrazione, per fondarsi sul suo esatto contrario, cioè sul concetto di ineguaglianza degli esseri umani. Un concetto che il nazismo e il fascismo, pur con alcune differenze, hanno elevato a condizione ontologica, dalla quale non si può prescindere. E’ per questo che il nazismo e il fascismo, da un punto di vista filosofico, sono innanzitutto visceralmente anticristiani, perché individuano nel cristianesimo la madre e il padre di tutte quelle che loro considerano vere e proprie aberrazioni, cioè appunto i valori dell’eguaglianza, della democrazia e ovviamente del socialismo e del comunismo. Che poi la Chiesa cattolica e il fascismo (e una serie di varianti del fascismo) si siano vicendevolmente strizzati l’occhio in una determinata fase storica in funzione antisocialista e anticomunista è altro discorso che non posso affrontare ora.
Qual è dunque la radice del potere politico sia per il nazismo che per il fascismo, filosoficamente parlando? Non certo il contratto sociale di derivazione liberale e liberal democratica, non certo il conflitto di classe con relativo processo rivoluzionario di derivazione marxista (considerato anch’esso una aberrazione, una derivazione della cristiana etica del risentimento per “sottouomini” frustrati e rancorosi). La radice del potere per il nazifascismo risiede, coerentemente, dal loro punto di vista, nella “volontà di potenza”, la quale deve essere libera e svincolata da ogni legaccio di ordine etico, razionale, morale, religioso, culturale. La ragione di ciò è fin troppo ovvia. Se così non fosse non saremmo di fronte ad una reale “volontà di potenza” ma a qualcosa di condizionato e quindi non più tale. La volontà di potenza si esprime, dunque, necessariamente e liberamente, e ha come altrettanto necessario postulato il concetto che c’è chi è in grado di esprimerla fino in fondo, e quindi di dominare sugli altri senza vincoli di nessun genere, e chi è destinato soltanto a subirla.
In conclusione, proverò a dirla in modo scandalosamente sintetico e anche banale ma forse efficace: se per i liberali il mondo è diviso fra individui “liberi e uguali” anche se economicamente e socialmente diseguali, se per i comunisti e i socialisti è diviso in classi, per i nazifascisti il mondo è diviso fra “ubermeschen” (superuomini) e “untermenschen” (sottouomini), cioè fra superiori e inferiori. Ovvio, che in ragione di ciò i primi non hanno nessun dovere e di nessun genere, sui secondi, i quali naturalmente non hanno nessun diritto. Gli “inferiori” sono chiamati ad obbedire, volendo possono essere schiavizzati o anche eliminati se ritenuti non utili. Il nazifascismo, a differenza di qualsiasi altra ideologia, è l’unica ad essersi pienamente realizzata.
- Fatta questa premessa, torniamo a noi e al tema della violenza, sempre con esempi molto banali. La violenza è stata agita da tutti nella storia, nessuno escluso, e però non c’è una sola tipologia di violenza, ce ne sono diverse.
Alcuni esempi molto pratici. I comunisti hanno agito molto spesso in modo violento nella storia. Hanno fatto rivoluzioni (necessariamente violente), hanno instaurato dittature politiche, hanno represso, deportato e fucilato, dove hanno preso il potere, avversari politici (cose che, peraltro, hanno fatto tutti). In altri casi hanno organizzato atti di terrorismo o di violenza contro leader politici, banchieri, industriali, contro la proprietà privata e contro avversari politici di vario genere.
Ma non troverete, MAI, un comunista che in segno di estremo disprezzo urina addosso ad un barbone che chiede l’elemosina; non troverete MAI un comunista che massacra di botte un immigrato o un uomo di colore per il solo fatto di essere tali; non troverete MAI un comunista che frusta, lincia, tortura o impicca uno schiavo.
Questa seconda forma di violenza, che ho appena descritto, non nasce con il nazifascismo (esempio: i bianchi degli stati del sud degli USA o i liberali e cristiani belgi nel Congo praticavano questi orrori ben prima della nascita del nazifascismo) ma sicuramente quest’ultimo l’ha elevata ad ideologia, le ha dato una giustificazione e una ragion d’essere filosofica, ideologica e pratica.
Questa “cultura”, naturalmente col tempo rivisitata e corretta, sebbene alla gran parte di noi possa sembrare ripugnante, ha fatto in qualche modo breccia e costituisce per alcuni una sorta di dimensione psicologica e archetipica. Possiamo negarlo quanto vogliamo ma ancora il concetto di eguaglianza di tutti gli esseri umani con conseguenti diritti uguali per tutti – sto parlando a livello antropologico, non socioeconomico – non è per nulla dato per scontato e non mette affatto d’accordo tutti.
Con queste premesse, diventa assolutamente logico e conseguente che questa cultura – e questa è la grande responsabilità che hanno infatti le ideologie e le filosofie (fermo restando che ciascuno ha ovviamente la propria quota di responsabilità per le proprie azioni) – spinga alcuni soggetti a praticare un certo tipo di violenza, come in effetti nella storia e nelle cronache è stato, magari a volte, come nei casi in questione, anche inconsapevolmente, senza cioè essere coscienti di stare obbedendo ad una sorta di archetipo presente dentro la nostra mente. Ovvio che questo archetipo poggi poi su altri aspetti psicologici e della personalità di un individuo. Molto spesso, ad esempio, una persona frustrata per tante diverse (e anche comprensibili) ragioni, tende a prendersela non con chi sta in alto (e che spesso è il vero responsabile della sua condizione) ma con chi sta in basso, o comunque più in basso di lui nella scala gerarchica.
Dubito assai che i due bruti di Colleferro si sarebbero scagliati con la stessa rabbiosa violenza con cui hanno massacrato il povero Willy nei confronti di un uomo potente, sia esso un personaggio pubblico o ancor più un mafioso. Si legge nei loro sguardi, nel loro modo di essere e di vivere, nel loro modo di porsi, nelle loro posture e, naturalmente, nelle loro azioni (avevano già un bel curriculum di vessazioni e violenze ai danni di molte persone) la loro forma mentis, il loro modo di ragionare, di “sentire” e di vedere il mondo. Nel loro delirio iper narcisistico (altro aspetto su cui bisognerebbe aprire una riflessione ad hoc, alimentato dall’attuale società della “visibilità o del nulla”) i due si sentivano e forse ancora si sentono “superiori”. Una “superiorità” data dalla loro esuberanza fisica e dalla loro prepotenza che li faceva sentire in diritto di vessare e massacrare gli altri, gli “inferiori”. Questa “psicologia” è del tutto simbiotica a quella nazifascista. Quindi, cari amici e amiche di destra (che non vuol dire necessariamente essere fascisti…), dovete farvene una ragione e fare i conti con la vostra storia e il vostro DNA (e non deviare il discorso su altro, come molti di voi hanno fatto), così come il sottoscritto ha fatto i conti con la sua e non finge che i gulag non siano esistiti. Con la differenza – mi sia permessa la metafora – che nei gulag ci finivano i “nemici del popolo”, veri o presunti (e molto spesso tragicamente presunti se non del tutto innocenti…) mentre nei lager ci finivano gli “esseri inferiori”, tutti colpevoli di essere tali. Si tratta di due forme di violenza, non c’è alcun dubbio, ma con motivazioni, anche psicologiche, in chi le poneva in essere, molto diverse fra loro. E questo è un FATTO.
- Ho già detto che la violenza è stata agita da tutti. Senza andare troppo indietro nella storia e per restare in quella relativamente recente, ho già detto di quella agita dai nazifascisti e dai comunisti.
Il mondo capitalista occidentale, liberale e cristiano non è stato da meno, anzi, ha fatto anche di peggio, quanto meno in quantità se non in qualità, se non altro per ragioni temporali. Una storia (anche) di genocidi e distruzione di interi popoli e continenti, di deportazioni e schiavizzazioni di massa, di massacri indiscriminati, sfruttamento selvaggio e guerre imperialiste che continua imperterrita da almeno cinque secoli. Le motivazioni che coprivano e tuttora coprono quegli orrori erano e sono anch’esse di natura ideologica, cioè in buona sostanza la superiore civiltà bianca, cristiana e liberale, portatrice di una superiore cultura e civiltà universale.
Io credo che il nazismo e il fascismo non siano una variabile indipendente rispetto a tutto ciò ma siano soltanto una estrema ed esplicita derivazione.
E quindi, tornando alle critiche che mi sono state mosse, non c’è nessuna volontà da parte del sottoscritto di creare il solito capro espiatorio nel “solito spauracchio del fascismo”, agitato ipocritamente dal fronte liberale e dalle finte “sinistre” per ragioni strumentali ed elettoralistiche, per la semplice ragione che quella violenza in oggetto, psicologicamente e culturalmente nazifascista, è un prodotto di questo sistema e, come avevo già scritto nel mio primo articolo, per combatterla efficacemente bisogna combattere il sistema che la produce, in tutte le sue articolazioni, culturali oltre che politiche ed economiche.
- Come ben sa chi mi segue e mi legge da tempo (fra cui anche diversi critici del mio primo articolo), il sottoscritto è un critico radicale della “sinistra” liberale attuale che considera non certo una soluzione ma parte del problema, anzi, diciamo pure la parte principale, perché la più subdola, appunto perché è abile a spacciarsi per quello che non è ingenerando grave confusione nella testa della gente.
L’attuale “sinistra liberale” o “neoliberale” (PD in testa più i vari cespugli “radical”, “più europeisti” e “nani e ballerine” vari che gli orbitano accanto) è il baricentro dell’attuale ordine politico, ancor prima della destra, più rozza, esplicita e per questo (ma solo per questo…) meno pericolosa.
Quell’articolo sottoposto a varie critiche da parte di alcuni non ha nulla a che vedere con le prossime elezioni. E’ “soltanto” un’analisi su quanto accaduto, che cerca di andare oltre l’aspetto meramente cronachistico o le solite scontate liturgie entro le quali tali fatti si vorrebbero derubricare e confinare.
Fonte foto: La Repubblica (da Google)