Tutti facciamo la cacca. Fino a qualche tempo fa, tiravamo lo sciacquone e finiva lì. Ma oggi, ci dicono, a ogni azione è accompagnato il suo storytelling. Quindi ora, quando ci sediamo sul water, facciamo la cacca e, insieme, la sua narrazione.
A questo punto, poiché la cacca è più o meno uguale per tutti, la differenza la fa lo storytelling. Magari hai la diarrea, ma se “ti costituisci” in una narrazione diversa, puoi far credere agli altri e a te stesso che sei affetto da stipsi.
Piove da mesi, ma se ti costituisci in una narrazione diversa, puoi far credere agli altri e a te stesso che c’è la siccità.
Il divario tra ricchi e poveri aumenta sempre più, ma se ti costituisci in una narrazione diversa, puoi far credere che non vale la lotta di classe ma solo la lotta di genere.
Un miliardo di Occidentali muove guerra ai restanti sette miliardi di abitanti sul pianeta Terra, ma se ti costituisci in una narrazione diversa, puoi far credere che siano gli altri ad attaccare l’Occidente.
Non ci sarebbe nulla di cui avere paura, ma se ti costituisci in una narrazione diversa, puoi far credere che si debba aver paura di tutto.
A questo punto, sorge spontanea una domanda. Lo storytelling è necessariamente un demonio che falsifica le cose e ci avvolge con le sue braccia fangose?
Per rispondere a questo quesito vorrei appoggiarmi a un filosofo e teologo del passato: Agostino d’Ippona. Ecco casa dice: “Una volta per tutte dunque ti viene imposto un breve precetto: ama e fa’ ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene”.
Tacere per amore e parlare per amore. Basterebbe questo, per sbugiardare l’immenso sciocchezzaio in cui siamo immersi. Senza amore, suggerisce Agostino, non vale neppure dire il vero. Anche quelle rare volte che i narratori (mi riferisco in particolare a quelli mediatici) dicono il vero, lo fanno solo per colpire e affondare, per colmo di superbia. Hanno solo volontà di parlare per affermare se stessi, e non la verità di cui dicono di farsi portatori. Dicono spesso mezze verità, che sono le falsità più terribili, per pura brama di potere. Affermano che “è giusto dire le cose come stanno” solo per denigrare qualcuno e mettere in luce se stessi. Agostino invece è chiaro: ogni parola, che decida di interrompere il silenzio, esca dalla nostra bocca, per amore e con amore. Così come l’amore riempia di senso il silenzio. Altrimenti saremo chiamati a rispondere di come abbiamo deturpato, strumentalizzato, offeso il mondo e i rapporti fra di noi.
Amore e parole insieme, dunque, ribadisce Agostino. Ma sottolineando l’amore.
Si può concludere dicendo che, forse, oggi Agostino trasformerebbe il suo precetto in: “ama e narra ciò che vuoi”. Quella narrazione, che discende dall’amore, solo quella, avrà odore di poesia. Ogni altra, avrà puzza di fregatura.