La filosofia è l’arte di produrre concetti, questi ultimi appaiono solo se si ci si pone domande sull’ovvio. Quest’ultimo è normalmente percepito, ma solitamente non è conosciuto e non è pensato. “Il noto è sconosciuto”, la rinuncia a concettualizzare il noto è il segnale della decadenza del tempo presente e del ritrarsi dello sguardo dell’anima. Il solo sguardo anatomico può scorgere forme e colori ma non il concetto.
Si può pensare ovunque, il linguaggio vivo è concetto, capacità di rompere lo spazio tempo in cui si è incapsulati per ricostruirlo, trascenderlo, guardarlo da altre prospettive.
Se si passeggia per la città non si possono non notare corpi con estensioni sempre più invadenti di tatuaggi che li avvolgono in una ragnatela, li trasformano fino a renderli secondari rispetto all’ordito e ai colori del tatuaggi. I corpi vissuti sono solo il sostrato che serve a mostrare per la città gli incredibili disegni sempre più arditi, ed a volte volgari. Si può liquidare il tutto affermando che è solo moda o ci si può soffermare e chiedersi il “perché”. La filosofia comincia con i “perché” grandi e minuscoli. Essa deve svelare il non detto, ciò che si nasconde dietro l’abbagliante presenza dell’empirico, lo deve attraversare per renderlo razionale. Senza immaginazione concettuale nulla è possibile. Non ci si chiede che cosa vogliono e desiderano le folli di giovani e meno giovani che in non pochi casi scempiano i loro corpi, li riducono ad oggetti da offrire in pasto agli sguardi delle alterità, li cercano fino ad essere mendicanti che chiedono solo un pò di attenzione e di essere finalmente visti. I tatuaggi sempre più estesi e tracotanti ci svelano che viviamo in una realtà senza sguardo, vi è una richiesta implicita ed esplicita che passa attraverso il corpo posto in vetrina e agghindato con forme e colori sempre più astrusi. Si chiede di essere visti, lo si chiede disperatamente, al punto da fare scempio di sé, da non pensare che tra qualche anno o più il tatuaggio si degraderà con il corpo al punto da essere un marchio colorato informe che racconterà della propria solitudine e del proprio insano gesto.
Se non si è visti con lo sguardo della tenerezza si cerca in modo distorto ciò che ogni soggetto umano chiede per sentirsi vivo: essere accolti e guardati nella propria totalità. Il capitalismo nella sua fase apicale ed imperiale colonizza le menti con la sua oscura e perversa metafisica narcisistica. Le soggettività sono schiave di un violento automatismo che le induce a proporsi sul mercato della vita, perché ogni realtà vissuta è tragicamente e malinconicamente esperienza di mercato. Si cerca di essere visti, ma non si è disponibili a guardare e a donare attenzione, il risultato è la disperazione da anoressia d’amore. In questo humus degradato la moda si trasforma in illimitata potenza che per indurre gli altri a guardare per sentire di esistere diviene esperienza tragicomica. La solitudine quotidiana e l’incapacità di tessere relazioni stabili in cui acquietare il naturale bisogno di sentirsi parte di un gruppo, di una comunità o di sentirsi semplicemente in coppia porta a vestire il proprio corpo di tatuaggi per colpire ed indurre lo sguardo a posarsi e a sostare sul proprio “io” anoressico e bulimico. Anoressia emotiva in quanto ci si sta asciugando nel corpo e nell’anima, in quanto si è affamati di pensieri e sentimenti, bulimia in quanto si vuole assorbire l’attenzione di tanti, ma senza essere parte di un progetto, si divora e si vomita in un ciclo disperato senza senso ed incompreso. L’abitudine all’autopromozione sviluppa personalità incapaci di comunicare e progettare.
L’emancipazione da tali perversi giochi di dominio che impoveriscono i popoli fino a renderli plebi nel gusto e nelle estetiche è estremamente difficile, in quanto il sistema agisce fortemente su ciascuno, non lascia scampo, non concede il tempo per pensare e formare un autonomo giudizio. Non vi sono leggi che tutelino nessuno dalla punzonatura che rimarrà impressa nei corpi a segnare la normalità del male di vivere prodotto dal capitalismo. Chiunque ponga il problema è tacciato come bacchettone, il business non deve avere limiti, deve cannibalizzare i clienti.
Oscurità capitale
L’oscuramento della razionalità e dei sentimenti denuncia la violenza del capitale a cui le vittime rispondono con reazioni capaci di mostrare il problema, ma quest’ultimo non è pensato. Se si osa porlo si è oggetto di bombardamento etico che agisce in micro e in macro. Il bombardamento etico è una modalità d’azione che bisogna riconoscere nel quotidiano per comprenderlo nelle sue manifestazioni più eclatanti. Ci si appella alla libera scelta e ai diritti individuali per tacitare i dissenzienti ed occultare il condizionamento mediatico e la cattiva vita quotidiana a cui si è sottoposti. L’abbrutimento generale è il volto della vita nella violenza del modo di produzione capitalistico che sostituisce la parola ed il logos con la speranza di attenzioni da ricercare con gesti estremi e con mode il cui fine è incidere sempre più profondamente nella carne dei singoli per disarticolare le personalità. La forza del capitale è nell’attaccare frontalmente la vita razionale ed etica dei soggetti umani. Senza lo sguardo che accoglie ed educa, l’essere umano rompe gli ormeggi verso fenomeni sempre parossistici per attrarre attenzione. In tutto questo disastro emerge ancora una volta la natura comunitaria dell’essere umano che necessita dell’altro per sentirsi semplicemente umano. Il capitale disumanizza e cerca di rendere impotente e perversa la natura umana, la piega per neutralizzare l’incontro amicale in cui dagli sguardi e dalle parole fioriscono i concetti e gli affetti. Se ci si sente guardati nella propria singolarità irripetibile non si cercheranno formule estetiche estreme, in quanto si è nella pienezza della propria natura. La plenitudo vitae non necessita di esperienze ed estetiche estreme, ma di sentire e vivere la propria indole, la gioia di tale condizione conduce alla modestia della vita esteriore e alla profondità dell’interiorità. Tale affinamento è possibile solo in una comunità a misura di essere umano e non del business. Il capitale ha l’obiettivo di ridurre la persona a semplice esteriorità disperata e mendace, in tal modo si rafforza il suo perverso dominio. Il nostro “no” deve partire dai gesti quotidiani per elevarsi in progetto politico e in assedio al capitale.
Fonte foto: VelvetMag (da Google)