Alan Hart: una vita da giornalista spesa nella lotta contro l’ingiustizia

Ricordiamo il giornalista Alan Hart, a cinque anni di distanza dalla sua scomparsa, pubblicando questa intervista rilasciata dal suo collaboratore e amico, Diego Siragusa, al nostro redattore, Stefano Zecchinelli.

 

  • Professor Siragusa, il 15 gennaio del 2018 ci lasciava il grande giornalista inglese Alan Hart. Può spiegarci in che cosa, a suo avviso, questa figura imponente del giornalismo investigativo si differenziava dai cosiddetti giornalisti di ‘’quarta generazione’’?

Diversamente dalla grande maggioranza dei giornalisti, attenti alla loro carriera e a non farsi dei nemici nella propria redazione e nel mondo politico, Alan era un uomo libero e non manifestava servilismo nei confronti di nessuno. Se ciò che indagava e scopriva offendeva la propria coscienza di essere umano, lo denunciava senza preoccuparsi del “politicamente corretto”, come si dice ora, ovvero non aveva paura di toccare i santuari degli intoccabili e di attaccare le versioni artefatte della storia contemporanea. In ultima analisi, Alan rispondeva alla propria coscienza. Quando lavorava come inviato di guerra per la BBC Panorama, lo mandarono in Medioriente raccontandogli la solita narrazione degli israeliani buoni e degli arabi cattivi. Quando si accorse, lavorando a stretto contatto con i protagonisti della storia mediorientale, che quella narrazione era falsa e bugiarda, Alan non esitò un attimo a schierarsi dalla parte giusta mantenendo sempre una grande autonomia di giudizio. Fu così che i suoi rapporti con la BBC Panorama si logorarono fino alla cessazione del rapporto di lavoro. Subito dopo iniziò a lavorare con una rete televisiva indipendente: la ITN ( Independent Television News).

  • L’opera più importante del Nostro è intitolata ‘’Sionismo, il vero nemico degli ebrei’’. Quali sono i presupposti metodici di questa ricerca storica e su che basi la lobby sionista ha cercato, invano, di screditarla?

Alan conobbe tutti i protagonisti della recente storia mediorientale come pochi. Ebbe rapporti di amicizia con Arafat, Re Hussein di Giordania, Golda Meir, Simon Peres. Conobbe Nasser, Rabin, Re Feisal e Sadat. In alcuni casi fece da mediatore, con scarso successo, tra dirigenti palestinesi e israeliani per facilitare il loro dialogo. L’opera in tre volumi che ho avuto l’onere di tradurre per il pubblico italiano, “Sionismo, il vero nemico degli ebrei’’, racchiude un’ampia ricerca documentale negli archivi inglesi e americani e, soprattutto, si fonda sulla sua esperienza diretta, sul campo. Alan ha speso parecchi soldi viaggiando negli Stati Uniti, interrogando funzionari delle Nazioni Unite e personaggi del mondo politico. Ebbe un colloquio molto riservato col Presidente Jimmy Carter a cui furono presenti solo le rispettive consorti. Alan mi raccontò che un funzionario voleva assistere alla conversazione ma Carter gli disse di uscire. Poi gli confidò che era un sionista e di lui non si fidava. Poiché le verità che Alan racconta nella sua opera sono estremamente compromettenti per Israele, gli ebrei sionisti cominciarono a diffamarlo con la solita ridicola storiella che era antisemita. La stessa accusa infamante che hanno rivolto a me e a tanti miei amici e militanti della causa palestinese.  Contro di lui si accanirono in modo particolare. In Inghilterra nessuno voleva pubblicare la sua opera. Alla fine dovette pubblicarla a sue spese. Incredibile a dirsi: ci fu persino qualche tipografo che gli rifiutò il lavoro di stampa! Gli ebrei sionisti, in Inghilterra e negli Stati Uniti, gli stavano alle calcagna tentando di boicottare i suoi incontri pubblici per presentare la sua opera ai lettori. I giornali inglesi e le televisioni lo boicottarono e lo cancellarono dai loro notiziari.

  • Forte della sua esperienza nella politica estera, Alan Hart ha preso in considerazione il possibile coinvolgimento del MOSSAD nei fatti dell’11 settembre 2001. Cito un articolo molto documentato:‘’Come era facile prevedere, dopo l’11 settembre un’ondata di crescente islamo-fobia attraversò l’intero mondo occidentale e in particolare gli Stati Uniti d’America. Nelle menti del pubblico americano disinformato e ignaro – e quindi della maggioranza degli americani – fu rinforzato il falso credo, propagato dal sionismo, che Israele rappresentasse per l’America l’unico vero alleato affidabile nell’intera regione Araba e Islamica’’. Lei concorda con Hart: l’11/9 (un’operazione sotto ‘’falsa bandiera’’?) è servito all’imperialismo americano-sionista per manipolare, su larga scala, l’opinione pubblica internazionale?

Ho fatto diverse conferenze sull’11 Settembre in giro per l’Italia. Credo di conoscere bene la materia, di averla approfondita e in merito sto preparando un libro. La versione ufficiale è falsa, sfida le leggi della fisica. Si è trattato di un “inside job”, come lo definiscono negli Stati Uniti, cioè un “lavoro fatto dall’interno”. Bin Laden non c’entra nulla. Molti indizi conducono a Israele, il vero beneficiario di quell’atto criminale. Netanyhau lo disse. “E’ un bene per Israele”. Lo scopo fu quello di scatenare l’islamofobia e l’arabofobia a livello planetario in modo da giustificare le guerre contro i paesi arabi che danno fastidio a Israele. Nel 2003, col pretesto falso delle armi di distruzione di massa, USA e Inghilterra attaccarono e distrussero l’Iraq. Il ministro degli Esteri di Saddam Hussein, Tarek Aziz, disse in modo lapidario qual era lo scopo degli imperialisti anglo-americani: “Oil and domination”, il petrolio e il dominio. Così è stato. Quasi un milione di iracheni uccisi, molti soldati americani e inglesi sacrificati da due criminali: Bush junior e Tony Blair. L’opinione pubblica fu ingannata e manipolata, ma intanto l’obiettivo era stato raggiunto. L’imperialismo occidentale fa quello che vuole, confida nell’oblio. La Corte Penale Internazionale non metterà mai sotto accusa gli Stati Uniti o Israele per i loro crimini.

  • Il Nostro ha scritto un’importante biografia di Arafat, intitolata:‘’Arafat, terrorista o pacifista?’’. Può descriverci, per grandi linee, il rapporto, personale e politico, che intercorreva fra i due?

Alla stesura del libro concorsero gli altri dirigenti dell’OLP, come i fratelli Khalad e Hani Hassan. Alan viaggiava persino in aereo con Arafat che gli confidava i suoi ricordi e anche gli episodi più privati e intimi della sua vita, come il grande dolore che lo afflisse per la morte di una ragazza che amava. Quella biografia è preziosa, contiene una grande quantità di notizie che ogni serio studioso del Medioriente deve necessariamente conoscere. In seguito, fu pubblicata un’altra biografia di Arafat, più completa, scritta da quel grande giornalista che fu Amnon Kapeliouk, con prefazione di Nelson Mandela.

  • La lobby sionista italiana, l’ANPI e una parte della CGIL, ritenevano ‘’Sionismo, il vero nemico degli ebrei’’ un libro antisemita. Alan era a conoscenza di questi vergognosi attacchi? Qual era la sua posizione nei confronti del “giornalismo di regime”, totalmente asservito alla politica estera israeliana?

Scrissi un articolo, che si trova nel mio blog, in cui raccontai il mio viaggio in Sardegna con Alan Hart per presentare il primo volume della sua opera. Gli ebrei sionisti ci perseguitarono per una settimana, con la complicità dei codardi dell’ANPI e della CGIL legati al PD. Tentarono in tutti i modi di far fallire i nostri incontri pubblici. Fu, invece, un successo perché ci fecero una grande pubblicità. La gente veniva a sentirci e la conclusione al MEM di Cagliari fu clamorosa: quasi 200 persone e le copie del libro tutte vendute. Preferisco rimandare i vostri lettori a quella cronaca dalla Sardegna https://diegosiragusa.blogspot.com/2016/04/viaggio-in-sardegna-con-alan-hart-e-i.html.

Cosa pensava Alan dei giornalisti di regime? Li disprezzava e si sentiva, ovviamente, isolato. Non abdicò mai alla sua rettitudine e ricordo con emozione le belle parole che mi scrisse qualche mese prima di morire elogiando il mio coraggio e la mia integrità.

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