Le cronache riportano quotidiani episodi di aggressione di alunni e di genitori verso i docenti. E il personale scolastico. Il governo reagisce con interventi che vorrebbero essere di natura repressiva. Il sei in condotta associato a percorsi di recupero è l’ultima trovata tra il demagogico e il pedagogico per non guardare la realtà nella sua brutalità. Il sistema capitalistico ha liquefatto con la famiglia la figura del padre. Un giovane per crescere e formarsi necessita del katechon. Il padre e i docenti erano le figure con le quali si confrontava fino allo scontro. Il conflitto è momento imprescindibile della crescita, purché sia entro i confini della cura e dell’autorevolezza. Il sacrificio e l’impegno sono parte del superamento dei limiti che appartengono ad ogni essere umano specie se in formazione.
Ora, nel nostro sistema “altamente diseducativo in nome del capitalismo”, non vi è autorevolezza, non vi è autorità, non vi sono vere finalità pedagogiche. La scuola azienda tratta gli alunni come clienti, e il cliente ha sempre ragione. Di conseguenza pochi contenuti e un’ampia disponibilità all’ascolto, ovvero ad accontentare la clientela che altrimenti si picca e cambia azienda.
I docenti per attrarre nuove iscrizioni devono fare marketing pedagogico, niente disciplina, pochi contenuti e graduati, inglese per tutti “come se si vivesse” in un impero coloniale anglofono e promozione assicurata. I cento, che alla maturità sono in un numero esorbitante, se fossero reali risponderebbero ad una realtà sociale accostabile alla scuola di Tubinga. Ancora una volta prevale l’operazione “gratificazione del cliente” nel silenzio delle istituzioni. D’altra parte è palese la condizione dei docenti e dei Presidi pressati dall’alto, dal basso e dal TAR. Ora poniamoci nell’ottica di un alunno medio, non c’è bisogno di raffrontarsi con i casi estremi, può un alunno provare rispetto per una istituzione che dovrebbe essere etica e formativa, ma è solo una azienda che spesso produce solo diplomi?
Il rispetto dell’alunno medio è dubbio, anzi, gli alunni hanno imparato che possono studiare poche discipline tanto a settembre si passa quasi sempre. I debiti hanno un valore formale, perché alla fine, in teoria dovrebbero valutare i docenti, ma in realtà sono le forze che comprimono i docenti, ormai debolissimi, a decidere quasi sempre positivamente più che a valutare. Ora i casi estremi ci sono, alunni che non hanno punti di riferimento, i figli della società liquida che li fa crescere a suon di consumismo di ogni genere sono sempre più diffusi e non solo nelle classi svantaggiate. Ragazzi vissuti nella normalità della violenza possono temere il sei in condotta? I provvedimenti di cui si discute sollevano il problema e il disagio che quotidianamente tutto il personale scolastico vive e gli stessi alunni, e lo riconoscono, e questo non è poco, ma non ci si spinge fino ad analizzare il vero problema: la scuola azienda ha rafforzato il liberismo, ma ha indebolito la formazione. Non si usa lo scandaglio per analizzare la condizione attuale, il vero problema dunque è la scuola azienda che fra progetti e marketing ha sostituito la formazione con l’aziendalizzazione. Alla fine chi ha cura delle nuove generazioni?
Dubito che i provvedimenti potranno ridare dignità alla scuola e agli alunni che non sono clienti di un’azienda ma giovani uomini e donne in formazione alla ricerca di “un centro di gravità permanente”. Solo il superamento della logica dell’azienda potrà ridare dignità alla scuola e a coloro che lavorano per formare, spesso in solitudine, le nuove generazioni e che spesso devono cercare quotidianamente i motivi per non arrendersi alla fatalità del nostro tempo.
Può sembrare provocatorio, ma i nostri alunni necessitano di più umanesimo in un mondo spietato. Necessitano di lingua italiana, di latino, di greco, di storia e filosofia svolte in modo dialogico e tradizionale, in quanto le loro capacità di pensare il mondo e la loro vita interiore risultano fortemente assediate dal pedagogismo imperante, in cui la profondità e l’indugiare sui contenuti sono stati sostituiti con le competenze e con l’imprenditorialità. Manca un vero dibattito, spesso anche tra i docenti, divisi tra progetti e attività finalizzate a rimpinguare il magro stipendio. La dignità della professione docente non dipende in prima battuta, come molti affermano, dalla paga modesta ma dal senso del formare e dell’insegnare, il resto è solo conseguenza. Abbiamo bisogno di imprimere una direzione etica e veritativa alla professione docente, la stella cometa oggi come sempre è il socratico:
“Conosci te stesso-γνῶϑι σεαυτόν”
La scuola, se non è presidio contro l’alienazione, è solo attività formale saccheggiata del suo senso. Difendiamo la scuola italiana per riprenderci democraticamente con il nostro futuro il presente e il passato.
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