8 Marzo, “Festa della Donna”. Ergo, se il linguaggio ha un senso, di tutte le donne”. Quindi in realtà la Festa della Donna è in buona sostanza la festa del genere femminile, senza alcuna distinzione.
Il che significa che oggi è la festa tanto della Presidente del Fondo Monetario Internazionale quanto di una povera disgraziata del Bangladesh messa nelle condizioni di vendere il proprio utero ad una coppia occidentale (etero o omo) che glielo compra, di una diva del cinema e della sua domestica, di una industriale e dell’operaia che lavora nella sua fabbrica, di una ricca signora borghese e della baby sitter straniera dei suoi figli che a sua volta ha dovuto abbandonare i suoi per accudire quelli della ricca signora.
Qualcosa non mi torna. Che cosa hanno in comune quelle donne di cui sopra per festeggiare insieme e nello stesso giorno a parte l’essere di sesso femminile? La risposta è semplice: nulla.
Che senso ha, dunque, parlare di Festa della Donna? Nessuno.
La Festa della Donna nacque infatti come Festa internazionale delle donne lavoratrici. Da molto tempo è diventata – come tutti/e sappiamo anche se nessuno/a lo vuol dire ad alta voce – una ricorrenza stanca, scontata, retorica e soprattutto ipocrita (per le ragioni suddette) al punto tale di diventare anche molto fastidiosa. Ma sia la retorica che l’ipocrisia non aiutano a comprendere la complessità (e la drammaticità) della realtà, tutt’al più ad occultarla o edulcorarla.
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