La mia risposta al commento di un amico su face book nell’ ambito di una discussione sviluppatasi intorno a questo articolo https://www.linterferenza.info/editoriali/3221/ , come spesso mi succede, si è trasformata in una riflessione più ampia.
La premessa è che il sottoscritto è un marxista o ritiene di esserlo, tendenzialmente ateo e non credente, almeno se per credente si intende qualcuno che crede in un Dio trascendente, con la barba, a immagine e somiglianza dell’uomo, che sta fra le nuvole come negli affreschi delle chiese e che quando sarà il nostro turno ci giudicherà e ci spedirà al paradiso o all’inferno.
Ciò detto, pur confermando tutta la mia simpatia per Spinoza (giustamente citato nel corso del dibattito) e al suo pensiero al quale mi sento vicino, ritengo che la fatidica domanda “da dove veniamo, chi siamo e dove andiamo” non possa esse elusa da nessuno né tanto meno risolta con una alzata di spalle oppure in una fede cieca nella scienza (di cui, lo voglio ribadire, sono un fervente sostenitore) vissuta come sostitutiva della fede in Dio. Ritengo altresì che la condizione di finitezza dell’uomo gettato suo malgrado nel mondo produca inevitabilmente una profonda angoscia e una conseguente domanda di senso che non può essere rimossa e che può trovare, come in effetti trova in tanti e in tante, una possibile risposta anche nella religione.
Questo, naturalmente, non ha nulla a che vedere con il dogmatismo e il fanatismo religioso (di qualsiasi religione), che null’altro è se non un forma estrema di ideologia, né tanto meno con la funzione e il ruolo che storicamente hanno svolto le varie chiese, sia come strumenti di produzione di falsa coscienza che di perpetrazione del dominio di classe. Ma il fatto che le varie confessioni religiose si siano storicamente determinate nelle modalità suddette non cancella il fatto che quella domanda di senso, che a sua volta scaturisce da una condizione di profonda angoscia (da cui gli atei non sono certo sollevati…), possa avere come possibile sbocco anche l’afflato spirituale e/o religioso. E questa angoscia che porta con se quella domanda di senso è un fatto reale né più e né meno del dolore che proviamo se ci danno una martellata su una mano.
Non sono quindi d’accordo neanche con Marx – e questo secondo me è stato uno dei due fondamentali errori che ha commesso – quando sostiene che la religione è sempre e comunque una forma di alienazione. Può esserlo, come abbiamo visto, e per lo più nella storia lo è stato. Ma questo non significa che lo sia sempre, necessariamente. Ho la fortuna di avere, fra gli altri, un amico scienziato. E’ un uomo di scienza senza se e senza ma, come si suol dire, ma è anche un cristiano, e non è affatto un alienato, posso garantirvelo. Al contrario, è un uomo che crede fermamente nella scienza e nella possibilità dell’uomo di conoscere, e che al contempo vive anche in maniera profonda e ritengo anche lacerante la sua fede cristiana, dovendo fare i conti ogni giorno con i dubbi che questa stessa gli ingenera.
Torniamo al concetto di sacro, attorno al quale si era sviluppata la discussione. La gran parte se non la totalità delle persone di sinistra (e anche tanti comunisti, fra quelli ancora rimasti) si ostina a identificare e a sovrapporre del tutto la sinistra all’Illuminismo, allo scientismo (che è altra cosa dalla scienza), al laicismo (anche questo, cosa ben diversa dalla laicità) e ad una forma ideologica di ateismo quasi (e senza il quasi) sprezzante nei confronti di chi crede o semplicemente si interroga sul mistero dell’esistenza, che finisce paradossalmente per diventare un’altra forma di religione, sia pur secolarizzata. Il sottoscritto è un ateo ma non ha questo bisogno spasmodico, quasi morboso, di disprezzare chi vive un sentimento di spiritualità o di religiosità. Intanto perché l’essere ateo non lo mette di certo al riparo da quell’angoscia e da quella domanda di senso, come dicevo prima, e poi perchè è proprio quella domanda che gli permette di entrare in relazione con quelle persone che credono, anche perché, dietro a quel sentimento, c’è molto spesso anche una domanda di giustizia, di libertà, di trasformazione della realtà, anche se a molti può apparire paradossale, che accomuna o può accomunare credenti e non credenti.
Nel suo ultimo libro, “Dello spirito libero”, Mario Tronti, marxista, e direi fondamentalmente leninista, padre dell’operaismo e a suo tempo considerato insieme a Negri e Panzieri uno dei cosiddetti “cattivi maestri” (lasciamo stare ora le sue incredibili contraddizioni che lo portano in età ormai avanzata a militare nel PD – scelta che non ho mancato di sottoporre a dura critica – e soffermiamoci sull’aspetto concettuale e filosofico), scrive che “essere dentro il proprio tempo senza appartenere al proprio tempo (cioè esserci in modo critico) è possibile solo riscoprendo la dimensione spirituale del vivere, nella convinzione che contrapporre due orizzonti grandemente umani come cristianesimo e comunismo è stata una sciagura per la modernità”. Non è ovviamente casuale – aggiungo – che Tronti sia stato uno dei pochissimi a sinistra (anche Vacca, presidente dell’Istituto Gramsci, cioè quello che per lungo tempo è stato il pensatoio ufficiale del PCI) ad avanzare perplessità e dubbi su tutta questa partita del genderismo, delle adozioni gay, dell’eugenetica e in generale su tutta la vulgata ultralaicista da cui la sinistra si è lasciata pervadere e colonizzare.
Ora, se il problema sia quello del mancato incontro fra Cristianesimo e Comunismo, io non sono certo in grado di stabilirlo e soprattutto è materia troppo complessa per essere affrontata in un breve articolo che non ha e non vuole avere nessuna pretesa filosofica. Resta il fatto che la questione (l’angoscia del vivere che può prendere la strada dell’afflato spirituale o religioso, ma anche le condizioni materiali di esistenza che possono spingere taluni a imboccare la stessa strada) resta. E nessuno la può eludere, a mio parere, neanche chi fa mostra di convinto ateismo.
E’ bene ora affrontare, sia pur brevemente, alcuni aspetti.
L’attuale sistema capitalistico tende sempre più a diventare un sistema ultra “laicistizzato” (ho scritto laicistizzato, non laico o laicizzato), perché nella sua fase matura (l’attuale, non siamo profeti e non siamo in grado di conoscere le sue future ulteriori evoluzioni) , quella cioè dove il processo di cosiddetta feticizzazione della forma merce ha raggiunto il suo apogeo, non ha più bisogno del supporto della religione. Al contrario, quest’ultima potrebbe essergli di ostacolo, perché è ovvio che l’istanza religiosa porta con se anche quella etica, ed è altrettanto ovvio che questa viene a costituire inevitabilmente un freno per chi ha come priorità la illimitata e in linea teorica infinita riproduzione del capitale e della merce. La religione, quella che concretamente si è declinata nelle forme storiche e politiche della Chiesa e delle varie Chiese (cattolica, e ancor più quella protestante e calvinista ecc.), è stata sicuramente funzionale allo sviluppo capitalistico in determinati periodi storici. Durante la fase del confronto con il movimento comunista, ad esempio, la Chiesa, in questo caso quella cattolica (le altre lo sono state in epoche precedenti , pensiamo al ruolo fondamentale del calvinismo nella fase del primo grande processo di accumulazione capitalistica) ha rappresentato uno strumento e un ombrello ideologico fondamentale per il capitalismo stesso che l’ha utilizzata per sconfiggere il suo principale se non unico antagonista, cioè il comunismo (ateo).
Ora che questo scontro epocale è stato vinto dal sistema capitalista, quest’ultimo tende a disfarsi o comunque a mettere in panchina, per utilizzare il gergo calcistico, un apparato valoriale e ideologico che non gli è più funzionale e che addirittura rischia di diventare una zavorra se non un ostacolo al suo pieno dispiegarsi. Non è certo un caso che oggi sia il cosiddetto “mondo islamico” (definizione molto più che generica data la incredibile complessità di quel mondo, ma facciamo a capirci…) ad essere oggetto dell’offensiva ideologica, oltre che politica, geopolitica e militare, occidentale, nonostante quello che millantano le destre e le neodestre europee e americane che addirittura capovolgono il paradigma. Questo perché quel mondo mantiene una sua forte identità che talvolta, anche se non sempre (basti pensare a come capitalismo, wahabismo, petromonarchie e stati arabi cosiddetti “moderati”, cioè asserviti agli interessi occidentali, convivono più o meno allegramente), può costituire un ostacolo alla espansione e alla illimitata riproduzione del capitalismo e in taluni casi addirittura un collante ideologico per movimenti anticolonialisti e antimperialisti. Tutto ciò al netto, ovviamente, delle complesse dinamiche storiche, economiche, politiche e geopolitiche (e certamente anche religiose) che hanno determinato la situazione in cui versa oggi il quadrante mediorientale.
Infine, c’è un altro nodo importante che deve essere affrontato perché la sua elusione determina un grosso equivoco. Mi riferisco al concetto di “sacro” che viene del tutto confuso e sovrapposto a quello di religioso o di trascendente. A mio parere questo è un errore, perché il sacro non deve necessariamente essere confuso o sovrapposto al religioso, né tanto meno con il prete che distribuisce benedizioni o estreme unzioni. Certamente il sacro può avere e molto spesso ha una valenza religiosa, ma può anche non averla. Lo stesso dicasi per il concetto di “spirituale” che non necessariamente coincide con quello di religioso. Il sacro è tutto ciò che ha a che vedere con la dimensione simbolica, e quindi sacro può essere anche un luogo, una terra, una ricorrenza o anche una singola personalità che assumono un grande valore storico e appunto altamente simbolico per un popolo, una classe sociale, un movimento politico o culturale. Potrei citare centinaia di esempi ma è sufficiente riportarne alcuni tra i più famosi: dalla Festa del Primo Maggio alle ricorrenze della Rivoluzione Francese e di quella Russa, dal mausoleo di Lenin che ancora sta in bella mostra sulla Piazza Rossa davanti al Cremlino e alla cattedrale di San Basilio e che nessuno, guarda caso, osa rimuovere nonostante il crollo dell’URSS, proprio in consapevolezza del valore altamente simbolico che ricopre, fino al museo del “Che” a Santa Clara, oppure, cambiando esempio, dal Monte Uluru in Australia considerato sacro dagli aborigeni australiani alle Montagne Nere del Dakota, tuttora oggetto di culto per i discendenti delle tribù indiane Lakota.
Come vediamo si tratta in buona parte di luoghi, terre, ricorrenze e singole personalità che con il religioso, inteso in senso tradizionale, hanno poco o nulla o solo in parte a che vedere e che tuttavia mantengono un significato altamente simbolico e per ciò stesso di natura spirituale, sacrale. Non solo. Si tratta di luoghi e ricorrenze che hanno rappresentato dei simboli della lotta di popoli o di gruppi sociali per la propria indipendenza e la liberazione da una condizione di oppressione a cui erano o sono tuttora sottoposti. Ciò significa da una parte che la dimensione spirituale non è necessariamente sovrapponibile a quella religiosa e che non sempre quest’ultima si declina in senso conservatore o reazionario. Anche in questo caso gli esempi potrebbero essere molti ma mi limito a citarne due assai significativi, e cioè e la “teologia della liberazione” in America latina e, andando più indietro, i “levellers” inglesi della prima metà del ‘600.
Ora, se c’è un sistema che distrugge scientemente e sistematicamente il sacro, in tutte le sue forme, questo è proprio il sistema capitalista attuale, che svuota le parrocchie così come le sezioni di partito e riempie i mega centri commerciali, di fatto i nuovi templi, metaforicamente parlando, della nuova religione secolarizzata, cioè la forma merce e la sua illimitata circolazione e riproduzione.
La cosa singolare è che nonostante l’evidenza di questo processo, la “sinistra” continua ottusamente nella sua crociata ultralaicistica, senza capire o non volendo capire (o forse è ormai nel suo DNA ed è quindi impossibilitata ad agire diversamente) che questa non fa altro che portare ulteriore acqua al mulino del sistema capitalistico che, paradossalmente, sostiene di criticare. Ma il sistema capitalista è ormai in via di totale “laicistizzazione”. E’ vero che permangono delle sacche, anche ampie, di conservatorismo, ma non sono più in grado di esercitare egemonia. Lo spirito dei tempi (e del capitalismo) non soffia più nella loro direzione e ne sono consapevoli, per questo cercano di fare massa critica. Avvertono che anche il loro più grande alleato di sempre, cioè la Chiesa cattolica, comincia a scricchiolare sotto i colpi del “nuovo spirito dei tempi” e della “nuova etica del capitalismo” e questo li inquieta non poco, e dal loro punto di vista hanno ragione.
In tutta questa situazione, la “sinistra” vive un enorme paradosso, anche se ciò che resta del suo popolo non né è consapevole. Da una parte è ferma come i paracarri ad una interpretazione obsoleta e fuori tempo massimo della realtà, nel momento in cui continua a sovrapporre e a identificare il sistema capitalista con il vecchio impianto valoriale e ideologico borghese (Dio, Patria e Famiglia). Dall’altra, non avendo compreso (o non volendo comprendere…) che quello stesso sistema si è liberato o si sta liberando di quell’impianto, continua a bombardare in quella direzione, diventando inconsapevolmente paladina di quello stesso sistema che sostiene di criticare.
Da questo fondamentale equivoco, volendo ammettere la buona fede, ne deriva la veemenza con cui la “sinistra” si fa portabandiera proprio di quella “nuova etica del capitalismo” di cui sopra. Tutta la partita che si sta giocando in questi giorni sulla questione relativa al matrimonio gay ma soprattutto all’adozione dei figli da parte delle coppie gay o lesbiche e al cosiddetto “stepchild” ecc. è la esatta fotografia di quanto stiamo dicendo. Il tutto è stato mediaticamente presentato come il confronto fra la libertà, il progresso e la modernità da una parte e l’oscurantismo medioevale dall’altra. Una grossolana semplificazione di una questione estremamente più complessa che è stata appunto scientemente semplificata. Ma di questo ho già parlato in un altro articolo e non ci torno sopra https://www.linterferenza.info/attpol/gay-pride-e-family-day-progressisti-e-conservatori/
Chiudo dicendo che fa piacere che finalmente qualche “vecchia gloria” del pensiero e della tradizione marxista, come Mario Tronti e Giuseppe Vacca, pur con le loro enormi contraddizioni, abbia cominciato a farsi delle domande e a sollevare delle perplessità. Ma non basta.