10 Febbraio: il giorno della smemoratezza

Il Presidente Mattarella, nel giorno del ricordo delle vittime delle Foibe, ha detto che “la verità rende liberi” e che “solo le dittature occultano la verità”.

Ne dovremmo quindi dedurre che siamo in una dittatura, dal momento che la verità è occultata?

Nulla di male, sia chiaro, anzi doveroso, ricordare le vittime delle Foibe, a patto di ricordare contestualmente le vittime provocate dai nazifascisti, circa un milione, in quattro anni di occupazione militare della ex Jugoslavia, fra deportazioni, rappresaglie, fucilazioni,  campi di concentramento, pulizie etniche,  bombardamenti, centinaia di villaggi rasi al suolo. Sarebbe altresì doveroso – specie per un Capo di Stato – ricordare che le popolazioni slave erano considerate alla stregua di “esseri inferiori” dai nazifascisti e questo ha reso ancora più feroce e spietata quella occupazione. Questo non giustifica in alcun modo, naturalmente, le Foibe – sostanzialmente una crudele rappresaglia – ma aiuterebbe a comprendere meglio quanto accaduto.

Ma la storia, come sappiamo, la scrivono i vincitori e non i vinti. E allora, se è vero che per quarant’anni la tragedia delle Foibe è stata “dimenticata” in ragione dell’equilibrio bipolare USA-URSS, dalla caduta del muro di Berlino in poi quella stessa tragedia è magicamente tornata alla mente di coloro che sono usciti vincitori della “guerra fredda” i quali puntualmente ed enfaticamente la ricordano, “dimenticando” però di ricordare il contesto nel quale si è verificata. Una tragedia provocata da una tragedia ancora più grande.

Questa “dimenticanza” è ancora più necessaria per i governi e per le istituzioni italiane che sono costrette alla “de-contestualizzazione” e alla “de-storicizzazione” delle Foibe. Se non lo facessero sarebbero costrette a spiegare la complicità e la responsabilità diretta degli italiani nella politica “genocidiaria” praticata durante l’occupazione nella ex Jugoslavia.  Chi glielo fa fare? Nessuno, ovviamente, tanto più che non c’è nessuno a ricordarglielo.

Fonte foto: da Valigia Blu (da Google)

 

12 commenti per “10 Febbraio: il giorno della smemoratezza

  1. Enza
    11 Febbraio 2023 at 15:34

    «I paladini del nuovo patriottismo d’oggi, fondato sul vittimismo delle foibe farebbero bene a rileggersi i fieri propositi dei loro padri tutelari, quelli che parlavano della superiorità della civiltà e della superiore razza italica».
    (Enzo Collotti, 2007)
    Cosa fecero i fascisti in quelle terre, è ricordato in sintesi nell’articolo. Furono circa venti anni di occupazione feroce come sapevano fare gli italiani e sperimentarono i popoli colonizzati.
    Concordo, soprattutto sulla comoda decontestualizzazione. La storia tirata in ballo con memorie selettive, flessibili per alimentare miti patriottici e autocelebrativi, è un pessimo servigio alla pace.

  2. Francesco
    11 Febbraio 2023 at 15:52

    Sì, mi sembra una delle rare prospettive equilibrate su un tema solitamente trattato, “bipartisan” (“estremi” inclusi), in maniera estremamente squilibrata (anche mentalmente).

  3. Mario Galati
    12 Febbraio 2023 at 8:06

    Non c’è solo la decontestualizzazione, come forma del falso (la verità è l’intero, come insegna Hegel), ma la vera e propria menzogna, di cifre di vittime e di fatti. Andate ad informarvi sulla foiba di Basovizza. Non aggiungo altro, se non che esistono numerose pubblicazioni che smentiscono quelle menzogne spacciate per fatti e per storia.
    A questa vera e propria celebrazione fascista di stato si è aggiunta l’altra celebrazione fascista di stato dell’eroismo italico-fascista degli alpini a Nikolaevna, nella campagna colonial-razziale del terzo Reich per la decimazione e schiavizzazione dei sottouomini slavi (e sovietici, ebrei bolscevichi, in particolare). Queste due nostri fiori all’occhiello nazionali completano le risoluzioni fasciste anticomuniste dell’U.E. e coronano il processo revisionista e negazionista alla base del giorno della memoria del 27 gennaio.

    • Francesco
      12 Febbraio 2023 at 12:33

      Invece a me questo sembra appunto un esempio dell’approccio squilibrato che dicevo: lo scrivo perché mi pare che argomentare sul perché la vedo in questo modo può fornire qualche spunto.

      “fascista”. Che definizione ha questa parola tanto usata da essere logora e inservibile? “celebrazione fascista di stato”, “risoluzioni fasciste anticomuniste dell’U.E.”. Stato, U.E., finanza internazionale, autoritarismo e chi più ne ha … possono essere tutti riduttivamente ricondotti ad un’unica categoria decontestualizzata? Esistono anche altri concetti oltre ad un indeterminato “fascismo” per indicare qualcosa di negativo, oppressivo, ecc. e la precisione nel ragionamento e in special modo nel trattare di processi storici è fondamentale. O “fascista” è un termine definito che include proposizioni di teoria e prassi politica e analisi dettagliata di processi storici (cioè è un termine storico-politico che richiama concetti precisi) o è una categoria universale del pensiero e quindi perché non parlare di fascismo spartano (cosa che qualcuno purtroppo ha anche fatto…) e rendere la storia una pappa indifferenziata; dunque l’Ur-fascismo di Eco, ovvero l’esilarante paradosso di un convinto nominalista che “analizza” un fenomeno storico ideando una categoria universale. Allora, cominciamo a parlare di fascismo assiro o possiamo usare i termini, e i relativi concetti, con la precisione e il rispetto loro dovuti? Una cosa, so bene che ci sono movimenti che al fascismo si richiamano ma richiamarsi ad un insieme ideale non vuol dire essere identici a quel suddetto insieme, altrimenti la corrente di richiamo alla “classicità” nel Rinascimento e nel XVIII secolo dovrebbero essere identici fra loro e al periodo “classico” (concetto che peraltro è un costrutto ideologico) cui si richiamavano.

      “celebrazione” il punto chiave è questo. Una celebrazione è cattiva perché fascista, l’altra buona. Ora, io vedo in entrambi i casi una ritualità socio-politica identitaria, di cui una è “buona” perché è quella con la quale si concorda. Ogni celebrazione è una manipolazione, vuoi per deformazioni interpretative, vuoi per manipolazione diretta dei dati. Penso invece che l’analisi storica debba essere fenomenologica e questo vuol dire che deve essere fatta praticando l’epoché, come ha giustamente insegnato Husserl, con i giudizi di merito applicati in seguito all’analisi, altrimenti l’analisi stessa ne risulterà deformata. Ora, penso sia impossibile eliminare tutti i propri pregiudizi, allora bisogna portarli a coscienza e relazionarsi dialetticamente con essi come parte del processo conoscitivo. Come relazionare un’analisi complessa all’inevitabile ritualità indissolubilmente presente in ogni identità sociale, eh quello è il problema.

      Nelle celebrazioni si perde di vista che un massacro è un massacro, anche il massacro di un nemico (qui non mi riferisco necessariamente alle foibe, ma ho conosciuto fin troppi figuri militanti che glorificano i “giusti bagni di sangue”; ben altra cosa è accettare con serietà e lutto l’inevitabilità di combattere certi conflitti e non nascondersi cosa questo implica), cosa invece che questo articolo ha fatto e ha contribuito a farmelo apprezzare: certamente capire il processo che ha condotto ad un massacro, le sue cause, ecc. è certamente necessario per controbattere l’astrarne il contesto per un ipocrita piagnisteo ideologico (qui il famoso “e allora le foibe”).

      “Esistono numerose pubblicazioni che smentiscono quelle menzogne spacciate per fatti e per storia.”; come no, la controparte ha le sue. Tutte false? Sempre e comunque? Se si può stabilire, in questo caso, che al netto di manipolazione di dati per aumentare il macabro computo, rappresaglia c’è stata, quello che segue deve essere la comprensione del fenomeno e, ovviamente anche la demistificazione del suo uso ideologico, senza però, come “poco equilibratamente” capita, arrivare alla negazione o alla giustificazione del fatto. Questo è un terreno in cui manipolazioni interpretative (anche inconsce) e la falsificazione la fanno da padrona e ci sono vari casi in cui lo stesso ragionamento a parti invertite improvvisamente non vale perché lo fa il nemico. L’unico antidoto mi pare ragionare correttamente. Ed è questo che a me interessa, la questione delle foibe, in sé, assai poco. tutto questo non vuol dire, mai, livellare i fenomeni, sia chiaro, o non schierarsi.

      Infine, giusto perché l’ho trovato irritante, “Andate ad informarvi “: ammetto di essere colpevole, a volte, della stessa arroganza, ma in genere lo dico quando mi appare evidente che l’interlocutore non sa quanto crede di sapere, qui non mi sembra il caso, specie relativamente all’articolo.

      • Mario Galati
        12 Febbraio 2023 at 14:45

        Sul cosiddetto “fascismo eterno” e sulla destoricizzazione del fascismo sfondi una porta aperta: sono d’accordo con te (pensa che c’è un inglese che ha scritto un libro sul fascismo islamico, presente dalla nascita dell’ islam).
        Ciò che ti sfugge, però, è la diffusione della base ideologica del fascismo, l’anticomunismo, e la vera e propria rivalutazione di topoi fascisti. Tutto ciò legato alla sempre più aggressiva rivalutazione colonialista e imperialista, sotto varie vesti, paradossalmente, ma non tanto, democratiche e dirittumaniste.
        Dato il nesso liberalismo-fascismo-colonialismo, la copertura ideologica fascista, ossia la fascistizzazione della società in nuove forme, senza milizia e camicie nere, per ora, (ma in Ucraina, per es., anche così), è non solo utile ma necessaria al capitale. La stretta reazionaria, sia sul piano internazionale che sul piano interno, comporta sempre un certo grado di fascistizzazione. Anch’io non ero convinto di questo fino a qualche tempo fa, ma, siccome osservo e cerco di cogliere i segnali, mi sono ricreduto.
        La categoria fascismo in regime capitalistico non è mai anacronistica, senza dover ricorrere alla ripetizione pedissequa delle forme del fascismo storico.
        Prima viene la preparazione ideologica, poi l’azione. Ecco perché è sbagliato sottovalutare certi segnali.
        E poi, scusa, non è fascista celebrare il fascismo?

        • Mario Galati
          12 Febbraio 2023 at 16:08

          A proposito, l'”andate a informarvi” non aveva niente di arrogante, era solo un invito, visto che queste informazioni si trovano su internet e non avevo nessuna intenzione di fare un commento fiume, come il tuo.

          • Francesco
            13 Febbraio 2023 at 14:29

            Si vede che mi manca la panebarchiana sintesi dialettica. O che certe cose sono difficilmente riassumibili a meno che non ci si conosca e si condividano i presupposti; tu non mi conosci e quindi utilizzi i termini “reazionario” e “fascista” in un certo modo, pensando che io li condivida. In passato li avrei condivisi, ma ora ti dico “you keep using that world. I don’t think it means what you think it means” (https://www.youtube.com/watch?v=dTRKCXC0JFg)

            Cosa sarebbe la “fascistizzazione” della società? Il riconoscimento di una matrice comune tra liberalismo, fascismo e nazismo in relazione al capitalismo? Beh? C’è sicuramente, ma non mi pare che se ne renda conto riducendo un nesso complesso che convolge l’intero processo di sviluppo della “modernità” ad una delle sue manifestazioni, anzi si rischia una bella confusione. Intendi altro? Allora o fai un fiume anche tu, mai sentito che si possa trattare di queste cose in bignamini, o è un non-dialogo tra sordi.

  4. Mario Galati
    13 Febbraio 2023 at 15:57

    @ Francesco
    Fascistizzazione della società non significa regime fascista aperto. Una società fascistizzata è una società (non propriamente una organizzazione statale) reazionaria e ideologicamente imbevuta di ideologia fascista, ossia fanaticamente anticomunista, e con tratti autoritari o neoautoritari del capitale contro i lavoratori, che si estende a livello statale, in un assetto più reazionario e meno “liberale” anche dello stato.
    È questo un terreno favorevole ad una organizzazione di tipo apertamente fascista (che consiste nel dominio completo del capitale, nella mobilitazione reazionaria di massa, nella cultura razzial-coloniale, in una forma non più nascostamente, ma apertamente dittatoriale), Tutto ciò può preparare il terreno anche a forme fasciste tipiche (la fascistizzazione è un processo, non significa assetto fascista tipico immediato).
    Credo che tu riesca a vedere elementi già adesso presenti.
    Sull’attuale assetto totalitario dell’informazione e della formazione umana, a iniziare dalla scuola (la merce e il rapporto mercantile come principio informatore di ogni aspetto della vita (l’ordoliberismo è un’ideologia totalitaria più del liberismo classico, per es.)) e sull’indottrinamento di massa (non solo attraverso l’informazione, la propaganda e la scuola, ma soprattutto attraverso lo spettacolo e i modelli di vita diffusi da chi possiede i mezzi della produzione ideologica), associato ad una censura rigorosa e diffusa (v. controllo di internet, leggi sul cosiddetto negazionismo, il caso Assange, ecc.), penso sarai d’accordo.
    Le organizzazioni di massa, i partiti di massa (ossia, le organizzazioni dei lavoratori), sono stati distrutti e ci teniamo sostanzialmente un monopartitismo borghese concorrenziale (non partiti di massa, ma comitati elettorali e marketing elettorale).
    L’anticomunismo ha sostituito l’antifascismo, anche a livello ufficiale U.E. e nazionale, se non te ne sei accorto. Mandiamo armi ai nazisti col voto favorevole anche di gente come la Segre, in nome di sacri valori occidentali, e li sosteniamo pubblicamente. I paesi baltici, la Polonia, oltre ad altri, sono paesi fascisteggianti con discriminazioni e persecuzioni di comunisti e altri, per es. russi. La sinofobia è attizzata continuamente e costantemente (fanatismo razzista imperialista). Un giudice mette in carcere sindacalisti con il motivo che lo sciopero è un’arma di ricatto nei confronti del padrone. Senza ricordare Napoli e Genova, la polizia picchia manifestanti e studenti che manifestano.
    Per ora al capitale basta questo per esercitare l’egemonia e dominare, ma se la crisi acuisce il conflitto sociale e se è richiesta una stretta per la guerra imperialista contro la Cina e il mondo emergente, questo è solo la base per un passo più deciso verso il fascismo vero e proprio, anche se con strumenti adeguati ai tempi e al progresso tecnologico e al rispetto dell’ideologia individualista consumista postmoderna dei desideri (dalla scelta del sushi alla scelta del partner sessuale. Per cui si può essere e comprare ciò che si vuole, purché lavoratori felici di essere sottomessi e precari e fanatici contro la Cina).

    • giulio bonali
      13 Febbraio 2023 at 19:29

      Un grazie di cuore a Mario Galati per le pazienti e per me inappuntabili spiegazioni.

      E prima ancora per le doverose precisazioni circa l’ immonda mistificazione sulle foibe, che con mostruosa disonestà intellettuale partendo da “quasi ovvi” e storicamente irrilevanti (rilevanti su un ben diverso piano, quello dell’ etica individuale) eccessi criminosi commessi, in quella che era anche (non solo!) una sanguinosissima guerra civile da ambo le parti (ma Tito e la resistenza jugoslava punivano severamente appena possibile chi nelle loro fila chi vi indulgesse mentre i nazifascisti e gli imperialisti, anche italiani, li onoravano e premiavano!) pretenderebbe di far passare le vittime per carnefici e viceversa.

      Mi permetto, sperando di non sollevare un vespaio, di rilevare che nell’ ambito della (fascista in senso lato o per lo meno “fascisteggiante”) ideologia dominante individualista consumista postmoderna dei desideri secondo me si collocano a pieno titolo determinati atteggiamenti -magari anche soggettivamente sentiti da taluni come “di sinistra”- “negazionisti della pandemia” da covid, antivaccinisti (per me in generale i vaccini NON sono un obbligo; MA lo sono IN PARTICOLARE per chi professionalmente abbia a che fare con persone “fragili”; anche a costo dei limitati rischi che inevitabilmente comportano e vanno evidenziati e non negati, come fanno molti pessimi scienziati scientisti, accanto ai nettamente prevalenti benefici), “anti-restrizionisti delle libertà individuali (-stiche) storicamente -ma anche politicamente nella fattispecie- borghesi” più che giustificate dai per me prevalenti interessi collettivi.

    • Francesco
      15 Febbraio 2023 at 16:54

      Capisco. Il punto è che molte di queste categorie io non le condivido. “Reazionario” e “borghese” mi sembrano usati anacronisticamente, per cominciare. Per quanto mi riguarda il fascismo è una specifica configurazione politico-ideale, necessariamente legata a contesti storici e fasi specifiche del capitale; questo contesto è venuto meno. Per capirsi, usare convenzionalmente una terminologia come “neofascista” (posto di riferirsi effettivamente a chi si richiama esplicitamente al fascismo) va bene, perchè come “neoclassico” richiama sia la relazione (vera o presunta) con la storia-ideologia di riferimento che la distanza. Ma autoritarismo (ma bisognerebbe intendersi che si intende per questo) e tecnocrazia, per dire, possono benissimo assumere altre forme, altrettanto allucinanti o persino peggiori e niente affatto “fasciste” nel senso detto; ritengo che scambiare le “nuove” forme usando i concetti legati alle vecchie sia sbagliato e pericoloso e che quindi chiamare questo, che so “tecnofascismo” sia sbagliato perchè, come ho detto altrove, il capitale è progressista (intrinsecamente, “crescita”, per ora ideologicamente); ad esempio riferirsi ad un’etica dei doveri in relazione ai diritti sarebbe visto da non pochi come “reazionario”, mentre per me è necesario. Ma questo porterebbe inevitabilmente a discussioni sui fondamenti, altrimenti solo apparentemente ci riferiamo alle stesse cose, quindi, finalmente “taccio” e se capita sarà per un’altra volta.

      Giulio, è questo il punto: sento dire “reazionario”, “fascista”, ma tutto ciò si riferisce ad un quadro storico-politico ormai alterato e che peraltro per me era anche in parte teoricamente sbagliato (un esempio, il marxismo condivide il feticismo tecnocratico del liberalismo; e, per quanto mi riguarda lo condivide strutturalmente; ora, su questo ci vorrebbe altro che fiume e non è il caso, mi chiarirò meglio se ce ne sarà occasione commentando un articolo più pertinente e mi si potrà criticare allora). Per me o si risaminano i fondamenti senza pregiudizi alla ricerca di una base di azione comune che non richieda una totale adesione teorica o non se ne esce. Mi spiego con un esempio, tu ritieni “materialismo ed empioriocroticismo” una grande opera filosofica io, eufimisticamente, no. Tu sei materialista, ancorchè dialettico, io no (e anzi su questo ho “rotto”, a qualcuno anche le scatole, per non dire altro). Però mi pare potremmo, dovremmo, trovare basi per una comune azione anticapitalista e per dibattere le questioni teoretiche dialetticamente, con un passabile rispetto. Ecco, per me o si trova il modo o la vedo molto nera.

  5. Giulio Bonali
    16 Febbraio 2023 at 9:42

    Questa mi sembra una giusta e corretta rappresentazione dei punti (soprattutto teorici) di divergenza e anche contrarietà e di quelli (soprattutto pratici) di convergenza e unità.

    E’ del tutto vero che le parole, a seconda di chi le usa e dei contesti, possono avere e hanno significati in variabile misura differenti; e che talora per intendersi bisogna pazientemente “intertradurseli”.
    Io per esempio continuo ad impiegare (perché la ritengo illuminante e “maneggevole”) una terminologia, invalsa soprattutto nella III Internazionale (ma non solo) al tempo dei Fronti Popolari e poi di Liberazione Nazionale anifascisti-antinazisti, che comprende due accezioni del concetto di “fascismo”: una ristretta e “letteralissima” , che non va quasi per nulla oltre l’ esperienza mussoliniana (e al massimo dei logori e oggi scarsamente temibili cascami postmussoliniani); e una “larga” e in qualche misura metaforica secondo la quale comprende con diversità di “sfumature” qualsiasi forma di reazione anticomunista violenta, violatrice delle stesse limitate (in ultima analisi puramente formali) conquiste democratiche “storicamente borghesi” (ma in realtà frutto soprattutto delle lotte proletarie, tanto più per quel poco che ne resta al presente), forsennatamente bellicista e guerrafondaia
    In questo senso lato oggi in Italia, come praticamente in tutto il mondo occidentale, abbiamo una legge elettorale fascista (non proporzionale “sensa se e senza ma”, ergo: truffaldinissima), il monopolio dei mezzi di comunicazione di massa che contano é fascista, la politica estera italiana, eclatantemente dall’ aggressione bellica a quel che restava della Yugoslavia ma un po’ meno meno evidentemente anche da ben prima, é latamente fascista, ecc.

    Anche secondo me (da materialista storico) il capitalismo é (stato) intrinsecamente progressista, ma solo RELATIVAMENTE, e fra l’ altro limitatamente al tempo in cui é stato in lotta contro il feudalesimo e il suo conservatorismo ed oscurantismo e la sua negazione dei diritti individuali e dell’ uguaglianza (nemmeno) formale fra gli uomini.
    Dalla seconda metà del XIX secolo per lo meno é sempre più reazionario (e in quanto tale promotore del fascismo in senso lato).
    Per me riferirsi ad un’ etica (anche e forse soprattutto) dei doveri, oltre che dei diritti, non é affatto reazionario ma progressista e perfino rivoluzionario (contro certo ingenuo e talora decisamente becero anarchismo individualistico); reazionario ritengo essere invece essere il nichilismo individualistico ed egoistico oggi largamente dominante in Occidente (di cui credo espressione non solo il genderismo e il pessimo -senza virgolette- “buonismo” politicamente corretto ma ache -fra il molto altro- un certo negazionismo della pandemia, antirestrittivismo sanitario preventivo, antivaccinismo; senza per questo essere un “vaccinista” integrale, assoluto, acritico e dunque irrazionalistico).

    Nettamente dissento dall’ affermazione che il Marxismo (per lo meno le correnti non solo più criticamente avvedute, ma secondo me la parte ampiamente maggioritaria di quella grossa e variegata “galassia culturale e politica” che é il marxismo) “condivide il feticismo tecnocratico del liberalismo”; ritengo anzi che costituisca una premessa necessaria, ineludibile di una sua critica progressista (e non delle sue critiche reazionarie, che pur non mancano) efficace; a questo sopo ritengo necessario un superamento del concetto intrinsecamente marxista e marxiano di “sviluppo delle forze produttive” (inteso in senso anche quantitativo, oltre che qualitativo) del tutto analogo al superamento einsteiniano dei concetti newtoniani di tempo (assoluto) e di gravitazione (agente istantaneamente a distanza). Questo genere di “superamenti dialettici” é del tutto ovvio e fisiologico nelle scienze, tanto naturali quanto umane, al netto delle fondamentali differenze fra le une e le altre).

    Precisazione personale di cui mi scuso con gli altri lettori de L’ Interferenza:
    Ammiro tantissimo Lenin in generale e in particolare il Lenin di Materialismo ed empirocriticismo, che ricordo come una delle mie prime illuminanti letture giovanili che mi ha insegnato tante importanti cose, a cominciare dal carattere insuperabilmente limitato e relativo delle conoscenze scientifiche (e a maggior ragione delle loro applicazioni tecniche; carattere ignorato da positivisti e scientisti e indebitamente addebitato ai razionalisti dagli antiscientisti), ma non per questo non oggettivo.
    E tuttavia (contro Materialismo ed empiriocriticismo) coltivo una mia personale ontologia non monista materialistica ma per così dire “dualistica dei fenomeni, monistica -neutra- del noumeno”, che ritengo non meno conseguentemente naturalistica di qualsiasi monismo materialistico (la filosofia é sempre stato il mio principale e più appassionante interesse, tanto che mi definisco un po’ presuntuosamente “un filosofo; diversa cosa che “professore di filosofia”, e alquanto raramente coincidente con quest’ ultima).
    Non solo per questo concordo convintamente e con sincera soddisfazione con il tuo invito conclusivo a cercare basi per una comune azione anticapitalistica e per dibattere le questioni teoriche dialetticamente con passabile (e anzi notevole) rispetto, come mi sembra si stia già lodevolmente facendo in questa bellissima rivista telematica, almeno in una certa non trascurabile misura.

    Dato il mio fortissimo interesse per la filosofia (e -ahimé- la difficoltà di discuterne con persone interessate), ti scrivo anzi volentieri il mio indirizzo elettronico nel caso (per me auspicabilissimo) fossi disposto a conoscere mie personali convinzioni in proposito (non materialistiche, men che meno materialistiche dialettiche, malgrado la mia grande ammirazione per Engels, Lenin e C.) e a discuterne criticamente:

    sgiombo@outlook.com

    Grazie comunque per l’ interessante e correttissimo (e gratificante) scambio di idee.

    • Francesco
      16 Febbraio 2023 at 13:56

      Giulio, ti scriverò volentieri all’indirizzo che hai segnalato; ci vorranno un po’ di giorni perchè sono lento ed è un periodo un po’ incasinato, ma approfitto molto volentieri della possibilità di discutere. A presto.

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