Non ho mai creduto nel movimento a cinquestelle! Ricordo lucidamente quando, il movimento era ai suoi inizi, attiravo su di me le ire dei più fanatici fra i militanti, nel momento in cui li invitavo a riflettere. Non volevano riflettere: chi è convinto di rappresentare, non tanto una rivoluzione, quanto una palingenesi, non può porre in questione se stesso, poiché si sente portatore di una verità storica assoluta.
Non ho mai creduto nel movimento a cinquestelle per varie ragioni. La prima consiste nel fatto che diffido di coloro che si dicono interpartitici: il definirsi né di destra né di sinistra, se non significa opportunismo, a mio parere, comporta necessariamente approssimazione ideale, incapacità di essere coerenti e mancanza di un autentico e lungimirante progetto politico. Non ho mai creduto nel movimento a cinquestelle, inoltre, perché il comico che li ha fondati e i comici che lo hanno strutturato hanno creduto di fare a meno degli intellettuali, pescando militanti a casaccio, spesso sulla base della pura fedeltà alla linea, ossia quanto di meno democratico vi possa essere. Non ho mai creduto nel movimento a cinquestelle, infine, perché la piattaforma Rousseau, piattaforma privata di proprietà di Casaleggio, lungi dal garantire democrazia, non faceva altro in fondo che perseverare nella logica del partito/azienda berlusconiano – soltanto più demagogico di prima e, se possibile, con metodi ancora più falsi.
Detto questo, ora che i pentastellati stanno morendo (e non poteva essere altrimenti, dato che le masse lo avevano sostenuto per cambiare il sistema ma si è visto ormai con estrema chiarezza che quel sistema era abbondantemente presente dentro il movimento), non credo che ciò possa essere una notizia positiva e questo non soltanto perché un decesso imminente non ha bisogno di squilli di tromba trionfalistici. La morte imminente del Movimento a cinque stelle non è una bella notizia per una ragione diversa e più sostanziale. Non dobbiamo nasconderci che, per milioni di donne e di uomini, il movimento a cinque stelle aveva rappresentato una speranza politica e culturale. Una speranza contro la corruzione, le ingiustizie socio-economiche, l’arroganza della casta politica, il dirigismo leaderistico, le crescenti disuguaglianze, gli sprechi della politica ecc. Certo, si trattava di una speranza assurda e sotto tanti aspetti illogica e disperata: era probabilmente un’illusione, un progetto nato morto, ma rimaneva purtuttavia una speranza. Era un’intenzione di volo: la volontà di sganciarsi dal nichilismo insensato e spesso squallido di questo paese, ed io stesso nutrivo in me una certa fiducia. Pur con tutti i miei dubbi (oggi tristemente avverati), mi dicevo che il desiderio di giustizia e il bisogno di grande politica manifestato dal voto cinquestelle potesse magari un giorno (eterogenesi dei fini) dar vita ad un partito vero e serio. Un fronte partitico, cioè, che si mostrasse capace di rappresentare coloro che oggi non si sentono rappresentati da nessuno, di dare voce a coloro che sperano in un rigurgito di un’efficace azione politica a favore della democrazia e delle classi che un tempo erano difese dalla sinistra, in un paese ormai senza alcuna guida, né morale né politica. Non è andata così. Il movimento cinque stelle è in agonia e ciò che rimane è il nulla. Siamo costretti di nuovo a constatare che, ad una sinistra politicamente corretta e padronale, corporativa e arroccata, ipocrita ed elitaria, corrisponde una destra non certo fascista come osservano in molti (il fascismo era un fenomeno storico d’altri tempi, irriducibile alle destre contemporanee), quanto piuttosto demagogica, pagliaccesca, becera e insulsa sia nei (non)programmi, sia nelle sue azioni pubbliche quotidiane.
Il movimento cinquestelle sta morendo. La politica italiana non vola più da anni ma ora ha perso anche l’intenzione del volo.
Fonte foto: Varese News (da Google)