Sul sito tradizionalista Bastabugie il prof. Roberto de Mattei interviene contro la ventilata concessione ai musulmani, col beneplacito dell’arcivescovi Betori, di un terreno in area fiorentina allo scopo di costruirvi una moschea (http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5855.
Avesse espresso la sua contrarietà in senso politico, ossia in nome della reciprocità del diritto a professare la propria fede, avrebbe avuto buone ragioni. Se nel mondo islamico non vi è libertà di culto per le altre religioni (ma quel mondo non è un monolite, svariando dal fondamentalismo wahabita dell’Arabia Saudita ai regimi di socialismo arabo), i musulmani non possono pretenderla per se stessi nei paesi cristiani. Ma non questi sono gli argomenti del prof. De Mattei. Leggiamo: “non esiste un diritto a professare qualsiasi religione, esiste solo il diritto a professare la religione vera, perché l’errore non ha diritti. Certo esiste la verità ed esistono gli errori, così come esiste il bene ed esiste il male. Ma è giusto, e quindi ha un diritto solo ciò che è vero e non ciò che è falso. Se bene e male, verità ed errore hanno gli stessi diritti, vuol dire che la verità non esiste, tutto è opinione soggettiva, il relativismo trionfa.”
Si tratta di affermazioni sbagliate in sé e soprattutto gravide di conseguenze
Il diritto ad esprimere le proprie idee, anche palesemente sbagliate o strampalate o contrarie ad evidenze scientifiche acclarate, come quella di chi sostiene che la terra è piatta, deve essere un principio fermo in qualsiasi forma sociale che non inclini al dispotismo. E d’altra parte, se si hanno argomenti validi, le sciocchezze prima o poi emergeranno per tali.
Ciò vale a maggior ragione per le questioni di fede religiosa, che per loro stessa natura non sono soggette a verifica scientifica, senza che ciò significhi pensare che la verità sia irraggiungibile o addirittura inesistente scivolando con ciò nel relativismo, come sostiene il prof. De Mattei. I cristiani fanno benissimo a pensare che la loro fede sia l’unica vera, e che, coerentemente lo sostengano in pubblico. Ma hanno anche il dovere di riconoscere identico diritto ai fedeli di altre religioni.
Il punto, allora, non è affatto negare l’esistenza della verità e dell’errore, ma il modo con cui arrivare a ri-conoscerli, o almeno tentare di farlo. In tema di fede religiosa (ma anche per argomenti genericamente sociali) può essere solo e soltanto quello di una libera discussione e di un libero confronto entro la comunità, e col coinvolgimento del maggior numero possibile dei suoi membri, senza lasciare la questione nelle mani dei soli esperti o degli specialisti. Solo così, per queste materie, si può arrivare ad una verità (sempre con la minuscola) condivisa. Pur sapendo che nemmeno questo metodo esclude in assoluto l’errore, è tuttavia quello che offre le maggiori garanzie.
Il prof. De Mattei, al contrario, propugna una comunità dispotica gerarchizzata e sacralizzata, come scriveva Costanzo Preve. In essa Verità ed Errore non emergono dalla società che discute e si appassiona, ma sono stabiliti già a priori da una Autorità superiore, a cui non resta che adeguarsi. E solo a chi lo fa viene riconosciuto il diritto di parola. Si tratta dello stesso identico schema del fondamentalismo islamico, solo rovesciato. E non solo di quello perché , ahinoi, lo stesso accadeva in Unione Sovietica e, non in linea di diritto (il che ha la sua importanza) ma di fatto, accade anche nelle liberaldemocrazie.
Le conseguenze logiche sono evidenti. Se il diritto di esprimersi è limitato all’unica religione definita vera , poiché è del tutto ovvio (e giusto) che ciascun fedele pensi tale la propria, non ci sarà alcun confronto teologico, anche duro, ma solo la guerra fra religioni sull’unica base dei reciproci rapporti di forza. Il confronto religioso diventa immediatamente politico. Ma non basta, perchè se “l’errore non ha diritti”, in linea teorica non li ha mai e in nessun luogo. Ergo, non appena la situazione si presenti favorevole (i rapporti di forza), diventa giusto e sacrosanto eliminare quel diritto all’errore anche in casa degli “erranti”, ossia invaderli per imporre la Verità, e proprio per il loro bene.
Quanto sopra non vuole essere affatto un inno alle società definentesi liberali, semmai ad alcuni principi teorici astratti del liberalismo, peraltro spesso disattesi concretamente. Il liberalismo reale è spesso più fondamentalista dei fondamentalismi religiosi o politici, alternando la forza bruta con raffinatissimi metodi di condizionamento mentale. I neocon ed i liberal statunitensi (con Francia al seguito più l’Italia a fare da colf), con le loro guerre d’aggressione in tutto il mondo mascherate da necessaria esportazione della democrazia, sono la lampante dimostrazione del metodo della forza bruta che tiene in spregio il diritto internazionale. L’apparato culturale, mediatico, dello spettacolo, intellettuale , accademico, che costantemente funziona da supporto alle idee dominanti e demonizza le altre, è la dimostrazione di quei metodi raffinati di condizionamento mentale, molto più efficaci perché meno riconoscibili degli altri .
Per concludere, non possono esistere autentica comunità e autentica democrazia in nessun paese in cui, qualsiasi sia il suo regime economico, sociale e religioso, l’elementare diritto di esprimere le proprie idee, anche le più assurde, non sia tutelato legalmente. Non solo e non tanto formalizzato in una Carta Costituzionale, ma soprattutto fatto vivere nella concretezza della vita quotidiana.
Fonte foto: Chiesa e Post Concilio (da Google)