Colombia: gran bella cosa gli accordi di pace ma talvolta nascondono qualche fregatura

Anche se la sigla è la medesima (ELN) la formazione guerrigliera del Che Guevara (Ejército de Liberación Nacional de Bolivia) non va confusa con l’omonima colombiana. Sorta ancora nel 1964, quest’ultima si alimentava – oltre che del marxismo – delle tesi della Teologia della liberazione.
Tuttavia esiste qualche affinità. Del resto nel suo Mensaje a los pueblos del mundo a través de la Tricontinental (“Creare due, tre… molti Vietnam”) Ernesto Guevara ricordava il prete guerrigliero Camilo Torres, caduto in Colombia combattendo nei ranghi dell’Ejercito de Liberacion Nacional nel 1966 (un anno prima che al CHE toccasse lo stesso destino in Bolivia).
Se pur vagamente, già allora sapevo di Camilo Torres avendo letto l’opuscolo distribuito – ancora nel 1967 – da un’organizzazione m-l (marxisti-leninisti) al modico prezzo di 50 (cinquanta) lire. Ma la sua immagine la vidi per la prima volta l’anno dopo, nel 1968. In un luogo forse inaspettato, la comunità dell’Isolotto di Firenze dove capitai in autostop dopo un infruttuoso tentativo in quel di Barbiana. Lì ero giunto troppo tardi: don Milani era morto qualche mese prima. In seguito, pur seguendo le vicende latino-americane (dai golpe fascisti e filostatunitensi alle varie guerriglie) non ricordo di aver sentito parlare più di tanto dell’ELN della Colombia. Altre formazioni occupavano la scena o – se vogliamo – lo “spettacolo: ERP, tupamaros e Tupac Amaru, Sendero luminoso, Esercito guerrigliero dei poveri, Sandinisti, il Fronte Farabundo Martì…
Li ritrovai sulla mia strada soltanto nel 1998. L’anno prima avevo, se pur indegnamente, svolto la funzione di osservatore internazionale al processo di Madrid contro l’organizzazione indipendentista basca Herri Batasuna su incarico della Lega internazionale per i diritti e la liberazione dei popoli (fondata da Lelio Basso). Luciano Ardesi e Verena Graf mi proposero di prendere parte (sempre come osservatore e sempre per la LIDLIP) agli incontri per una “soluzione politica del conflitto” tra governo colombiano e appunto l’ELN.

Difficoltà e inconvenienti successivi mi costrinsero a rinunciare e – se non ricordo male – venni sostituito da Giulio Girardi. Persona sicuramente molto più indicata, sia per la sua storia politica che per il ruolo già svolto con il Tribunale Russel.
All’epoca i negoziati tra governo e guerriglia (come quelli dell’anno successivo con le FARC, nonostante gli accordi in 47 punti del 6 maggio 1999) alla fine risultarono inconcludenti, sia per la reciproca diffidenza, sia per l’ingombrante interferenza statunitense. Tanto che nel 2000 si arriverà al devastante Plan Colombia con cui gli USA finanziarono direttamente le operazioni militari contro la guerriglia (bombardamenti sistematici, a tappeto, in aree dove abitavano almeno una cinquantina di etnie indigene) spacciandole per lotta al narcotraffico. Anche allora alcuni governi si erano offerti di fare da mediatori, ma come mi spiegò in un’intervista il gesuita padre Giraldo (negli anni novanta vicepresidente della LIDLIP) sarebbe stato più opportuno che tali governi “prendessero coscienza delle vere cause che avevano determinato il conflitto”. La comunità internazionale avrebbe dovuto “sedersi al tavolo dei negoziati non come mediatrice ma come agente che ha contribuito al conflitto”. I veri problemi, oltre al narcotraffico (spesso gestito direttamente dalle milizie parastatali di destra) rimanevano quelli della disumana repressione (ancora le milizie, responsabili insieme all’esercito e alla polizia – secondo padre Giraldo – di oltre il 90% delle violazioni dei diritti umani in Colombia), delle multinazionali che sfruttavano– e sfruttano – le risorse naturali del Paese. Per non parlare dell’assistenza e addestramento forniti dagli USA all’esercito colombiano (consiglieri militari, finanziamenti per l’acquisto di elicotteri antiguerriglia…). Da padre Giraldo venne anche un’importante precisazione. In genere la stampa internazionale descriveva il conflitto colombiano come “tripartito” (ossia tra governo nazionale, guerriglia di sinistra e milizie paramilitari di destra). In realtà “i paramilitari non erano un terzo attore ma, su esplicita indicazione della CIA, lo strumento della strategia governativa”. Per fare qualche esempio, come i mercenari del GAL sul libro paga di Madrid contro gli indipendentisti baschi o come le milizie lealiste – UVF, UFF – al servizio di Londra contro i repubblicani in Irlanda del Nord.
Era della stessa opinione Armando Valbuena, esponente dell’Organizacion Nacional Indigena de Colombia. “I gruppi paramilitari di destra – spiegava – sono notoriamente appoggiati dal governo. In genere evitano di scontrarsi apertamente con i guerriglieri e preferiscono piombare sui villaggi lasciando sul terreno decine di cadaveri di contadini. Con lo scopo di terrorizzare gli altri e costringerli ad andarsene”. Su quelle terre poi, notoriamente, coltivavano – o facevano coltivare – la coca.
Da segnalare che questi criminali hanno ampiamente usufruito dei recenti accordi di pace tra FARC e governo, garantendosi l’impunità per i reati commessi (come le milizie dei vigilantes, le squadre della morte, in Sudafrica) e riciclandosi per altre attività criminose.

Sperando di non avervi tediato con questa introduzione, arriviamo ai giorni nostri.
Mentre gli accordi tra governo e FARC cominciavano a mostrare il loro lato oscuro con l’aumento esponenziale degli omicidi di sindacalisti, militanti indigeni, ex guerriglieri…(più o meno quello che era già accaduto negli anni novanta del secolo scorso dopo gli accordi tra governo e Movimiento 19 de April) e mentre le foreste in cui prima era insediata la guerriglia vengono invase, saccheggiate e incendiate, a Cuba si interrompevano le trattative tra rappresentanti del governo colombiano e dell’ELN. Non solo. Tradendo un precedente protocollo di accordo, ai rappresentanti della guerriglia veniva negato il salvacondotto governativo (previsto in caso di fallimento delle trattative) per rientrare in Colombia. E infine ne veniva chiesta addirittura l’estradizione.

Ma andiamo con ordine. Martedì 1 ottobre il procuratore generale di Colombia ha ordinato l’arresto di tre dirigenti dell’ELN. Si tratta dei comandanti Nicolas Rodriguez Bautista (Gabino, comandante in capo dell’ELN), Israel Ramirez Pineda (Pablo Beltran), Eliécer Herlinton Chamorro Acosta (Antonio Garcia). Al momento impossibilitati a muoversi dall’Avana a causa del fallimento delle trattative per accordi di pace. Nei loro confronti, l’accusa di aver ordinato l’uccisione di due giornalisti scambiati per agenti dei servizi, a Segovia nel 1991.
Da parte sua l’ELN ha sempre negato la responsabilità del duplice omicidio, ritenendolo opera di forze parastatali.
Per ora il governo cubano ha negato l’estradizione.
Ancora in gennaio, la delegazione dell’ELN aveva dovuto annunciare l’impossibilità di rientrare in Colombia per colpa del governo colombiano che non intendeva rispettare i patti (gli accordi in tal senso risalivano al 2016 e garantivano 15 giorni di tempo per il rientro).
Da parte sua il governo offriva grosse ricompense per chi avesse contribuito alla cattura dei dirigenti della guerriglia presenti a Cuba. In sostanza, una taglia.

In una intervista del 21 gennaio Pablo Beltran, preso atto del fallimento delle trattative, forniva anche la sua interpretazione dell’attentato, opera dell’ELN, contro una scuola di polizia che aveva causato la morte di venti agenti. Così spiegava: “Abbiamo atteso sei mesi. Abbiamo liberato soldati e poliziotti e alla fine del 2018 abbiamo osservato un cessate-il-fuoco unilaterale (dal 23 dicembre 2018 al 3 gennaio 2019 ndr). Durante questa tregua abbiamo subito attacchi, bombardamenti e alla fine della tregua ci sono stati altri attacchi e combattimenti”.
Comunque l’ELN si diceva ancora disponibile a negoziare un accordo di pace, ma a condizione che le trattative si svolgessero in un contesto di cessate-il-fuoco bilaterale.
Al momento, mentre il Cile e il Consiglio di sicurezza dell’ONU sembrano volersi adeguare alle richieste del presidente colombiano Ivan Duque (arresto ed estradizione dei tre comandanti guerriglieri), la Norvegia e Cuba intendono comunque rispettare gli impegni e garantire il protocollo di intesa. Speriamo siano di parola.
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