Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
“Non scommetterei un soldo sulle nostre vite. La barbarie è arrivata al potere. Non fatevi illusioni. L’inferno regna”
JOSEPH ROTH
Le elezioni europee, che si sono concluse qualche giorno fa, ci consegnano un dato elettorale, almeno per quello che riguarda l’Italia, estremamente chiaro.
Nel nostro paese le elezioni le ha vinte la Lega di Matteo Salvini che ha sfiorato il 34 %. Il Movimento 5 Stelle ha subito una vera débacle, perdendo oltre il 15 % rispetto alle politiche di qualche anno fa. Il Partito Democratico diventa secondo partito in Italia recuperando un po’ del suo elettorato con il 23 %. Forza Italia è sotto il 10% ed è iniziata la fase finale del partito azienda costruito 20 anni fa da Silvio Berlusconi.
Più Europa di Emma Bonino, Verdi e la Sinistra non raggiungono la soglia di sbarramento fissata al 4% e disperdono oltre 1 milione di voti.
Molti commentatori ritengono che la vittoria di Matteo Salvini sia il frutto di un abile campagna mediatica, dove è riuscito a stornare l’attenzione di molti italiani dai problemi reali, quali il lavoro, la casa e il reddito a problemi sovradimensionati come l’immigrazione, l’emergenza criminalità, i rom etc…
Salvini in questo ultimo anno ha cambiato molte felpe, ha assunto posture ancorché grottesche di uomo d’ordine, ha baciato crocifissi, madonne ed ha chiuso la campagna elettorale a Milano in Piazza Duomo stringendo una corona.
Chi pensa che Salvini abbia vinto solo per effetto delle sue capacità affabulatorie, o per una capacità di comunicare meglio o di più degli altri leader politici, non aiuta a svolgere un’attenta riflessione del successo leghista. La Lega governa da oltre un decennio, insieme ad altri partiti del centro destra, tutto il nord italia dove affonda le sue radici e il suo consenso elettorale.
Negli ultimi anni intorno alla Lega di Salvini si è cementato un blocco sociale fatto di imprenditori, artigiani e anche di ex operai da anni espulsi dal processo produttivo.
Un coacervo di forze sociali interclassista che è unito da un forte collante ideologico che volgarmente potremmo tradurre in meno stato e più impresa, meno immigrati e più sicurezza, e anche più libertà di sparare. Questo blocco sociale per alcuni aspetti ricorda quello della vecchia Democrazia Cristiana degli anni ‘50 e ‘60 che prendeva quasi gli stessi voti della Lega di oggi.
A fronte di questa ricompattata unità fra forze che si ispirano a modelli ultra liberisti e conservatori c’è una sinistra sempre più minoritaria e residuale nel paese.
Il Pd è praticamente un partito d’opinione, privo di ancoraggi sociali, che ha pensato negli ultimi 30 anni di addomesticare la bestia liberista. Un progetto vano e inconsistente. Dagli anni 70 in poi il capitalismo italiano si è internazionalizzato con la caduta del muro di Berlino: viviamo tutti in un grande mercato con la facoltà degli imprenditori di delocalizzare, ristrutturare a proprio piacimento.
Dal 1980, dalla marcia dei capi a Torino ad oggi, la borghesia ha lavorato incessantemente al corpo della classe operaia frantumandola sui territori, disarticolandola nella sua composizione sociale e costringendola sulla difensiva.
Il risultato è che la classe operaia che conoscevamo non esiste più, non esistono più grandi concentrazioni industriali e dalla fabbrica non esistono più idee forza capaci di aggregare altri strati sociali. Senza questa base sociale, ricomposta da sinistra non ha nessuna possibilità di tornare vincente nel gioco elettorale.
Questa frammentazione e dispersione produce sentimenti di rancore di disillusione, che possono solo alimentare movimenti come 5 stelle che per un momento riescono ad intercettarne la rabbia. Tuttavia, si sa che fattori come la rabbia sono volatili. Oggi si riconoscono nel movimento 5 stelle, domani si rifugiano nell’astensionismo, o peggio votano a destra.
La situazione è estremamente difficile, non si vede all’orizzonte un soggetto capace di aggregare quello che è stato disperso. L’unica prospettiva è ripartire dai territori, dal quotidiano della gente, dalle lotte per la difesa dell’ambiente, della salute, del reddito per ricomporre quello che è stato disaggregato.
Fonte foto: Corriere (da Google)