Segnali di fumo. Libertà per Leonardo Peltier

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

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Fonte foto: Solidarity (da Google)

 

Un detto della tribù amerindiana degli Yaquis afferma: “anche se la foresta brucia, in primavera comunque sia ritornerà verde”; un mondo di rigenerazione fa parte del “mantenere il nostro equilibrio, come la crescita, la tragedia, la sopravvivenza, la nascita e la morte” (Yaqui-Azteco Fernando Eros Caro).

Il Sioux Leonard Peltier, discendente di coloro che popolarono l’America quarantamila anni fa, attivista per i diritti dei nativi americani, non può vedere da ben 42 anni nessuna foresta che rinasce, e nemmeno camminare a piedi nudi sulla pelle di “Madre Terra” e nessuna corsa negli spazi aperti delle vaste praterie appena bagnate e vedere scendere il sole rosso dietro le antiche colline, perché può incedere solo sul freddo cemento consunto dai suoi passi, e nemmeno vedere il verde degli alberi e abbracciare una vecchia sequoia gigante perché gli possa ridare forza e energia. Non può vedere la luna e le stelle in quello spicchio di cielo, perché nel suo piccolo “tepee” fatto di cemento e acciaio non può guardare fuori, perché nella sua “casa di ferro” non c’è nemmeno una feritoia.

Il tormento di Leonardo Peltier del suo tempo imprigionato e non più a sua misura, ha avuto inizio dal giorno 6 febbraio 1976, e le porte del carcere si rinchiusero e poi i carcerieri con una triplice mandata la serratura della cella.
Neanche milioni di firme raccolte sono state utili per ottenere il suo rilascio, e Leonard Peltier è ormai il più famoso prigioniero politico degli Stati Uniti d’America.
Sembrerebbe che nulla mai cambi per i nativi americani perché il loro genocidio continua con l’ingerenza e violenza dei “Soldati Blu” non ancora disarmati, dato che ogni anno “nell’impero a stelle e strisce” vengono uccisi più nativi che afroamericani, riportato dal poeta Cheyenne Lance Henson.
“Il travaglio quotidiano del pensare” ha portato il “Circolo Itinerante Proletario Georges Politzer”, con la fiamma della voce di Naila Clerici, direttrice della rivista “Tepee” e dell’associazione Incomindios”, a tessere pensieri con la forza dei ricordi e ripercorrere la storiografia non siglata da “Zio Sam”, non dimenticando il suo passato ma domandandosi se ci sarà anche un futuro, di Leonard Peltier, alzando il sipario nell’oscurità della sala di proiezione dello “Spazio Ligera” su questa causa giusta il  giorno 20 febbraio 2019, con la visione di due testimonianze video  con cinema come domanda perché “il cinema è la macchina del tempo più perfezionata” (Guido Lombardi) accoppiate a “film di parole” (vedi allegato https://drive.google.com/file/d/1yqeOgNhe2C2KMLIx5hRCk_Tlq4Po1htc/view?usp=drivesdk ).
I nativi americani è da oltre “cinquecento anni che sono guerrieri, cinquecento anni che si difendono” contro la feroce colonizzazione yankee, e hanno insegnato “la bellezza del “Cerchio Magico che si forma con l’unione della terra, dell’acqua e del cielo” (Ray “Orso che Corre” Allen), ma che non si spezzi il cerchio con il vincolo della lotta non seppellendo l’ascia della rivolta.
Stefano Contena Valsecchi
“Circolo Itinerante Proletario Georges Politzer”
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Fonte foto: imagui.eu (da Foogle)

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