Il leader della Lega nonché di fatto primo ministro (in competizione costante col suo dirimpettaio Di Maio), Matteo Salvini, si è affrettato a celebrare il trionfo del neonazista Bolsonaro alle recenti elezioni presidenziali svoltesi in Brasile.
Bolsonaro è la sintesi del peggio che possa esistere al mondo. Ammiratore di Hitler per sua stessa ammissione, nostalgico delle feroci dittature militari (sponsorizzate e armate dagli USA) che per quasi mezzo secolo hanno letteralmente insanguinato l’intero continente latinoamericano, ultra filosionista (in una delle sue primissime dichiarazioni ha annunciato la decisione di chiudere l’ambasciata palestinese), ultraliberista in politica economica, omofobo, integralista religioso (più per opportunismo che per fede…), seguace fanatico delle sette evangeliche che dagli Stati Uniti stanno da tempo colonizzando l’America Latina, filo americano, antisocialista e anti comunista viscerale, appoggiato da Trump, Bannon, e naturalmente da Netanyahu e da tutta la destra e l’estrema destra sud e nord americana, israeliana ed europea, Bolsonaro è il simbolo della “riscossa” reazionaria in America Latina. E’ la risposta della borghesia, delle multinazionali e degli USA ai movimenti e ai governi progressisti e socialisti latinoamericani, da Chavez e ora Maduro a Morales, Correa, Lula, Ortega, Sanchez, che, pur fra diverse contraddizioni, hanno osato mettere in discussione il dominio dell’impero USA nel continente. All’affermazione di Bolsonaro hanno lavorato minuziosamente e scientemente in questi anni gli strateghi di Washington così come a suo tempo lavorarono scientemente per organizzare il golpe che portò al potere in Cile il torturatore Pinochet. Avremo modo, in successivi articoli, di analizzare le contraddizioni che hanno favorito e reso possibile la sua ascesa al potere. La “riconquista” del Brasile, cioè del più grande e importante paese dell’America Latina, da parte degli Stati Uniti, è un tassello fondamentale per il rafforzamento del blocco imperialista a trazione USA che deve contenere e disinnescare l’espansione e la competizione economica e commerciale cinese nel mondo e il rinnovato ruolo della Russia come potenza geopolitica e militare, specie nel quadrante mediorientale. E non è certo un caso che gli strali di Bolsonaro siano diretti nei confronti del Venezuela, su piano “interno” e dell’Iran, sul piano internazionale, individuato come la potenza regionale in grado, in qualche modo, se non di controbilanciare, quanto meno di arginare (anche perché supportato dalla Russia) la superpotenza militare israeliana.
E’ questo personaggio che Salvini sta incensando. Naturalmente non si tratta solo della celebrazione della persona ma dell’adesione ad un modello sociale e politico, peraltro, tutt’altro che “sovranista” dal momento che Bolsonaro è un ultra liberista e un uomo organico al grande capitale internazionale. Ma questi per Salvini sono dettagli. Cercare coerenza in lui e nella sua prassi politica è solo una inutile perdita di tempo. Sbandiera la sua amicizia con Putin ma di fatto è parte organica di dell’“Internazionale nera e liberista” guidata appunto da Trump, Bannon e Netanyahu ma soprattutto da ampi settori del cosiddetto “deep state” (stato profondo) americano, a partire da pezzi importanti dell’apparato militare industriale.
La prima cosa che si è affrettato a chiedere all’amico e compagno di cordata Bolsonaro appena eletto, è stata la richiesta di estradizione per Battisti (richiesta immediatametne raccolta da Bolsonaro). Stiamo parlando di fatti che risalgono ad una quarantina di anni fa, ad un totalmente altro contesto storico, ma questo è del tutto irrilevante per Salvini, la cui unica stella polare è intercettare la “pancia” del “suo” popolo e di quello che potrebbe diventarlo. E lo fa assecondando tutto ciò che arriva da quelle “viscere”, anche e soprattutto i miasmi più maleodoranti. Il suo unico obiettivo è raschiare il barile, assorbire tutto l’elettorato di centrodestra, a partire da quello della ormai moribonda Forza Italia (ma anche Fratelli d’Italia rischia l’annessione di fatto…) e rosicchiare più di qualche punto anche al M5S. Usa il dicastero da lui presieduto come un mero strumento di propaganda. Tutto quello che fa è finalizzato a raccogliere consensi. Solo pochi giorni fa si è precipitato nel quartiere di San Lorenzo a Roma, subito dopo lo stupro di quella ragazza, uccisa da un mix di sostanze varie e abbandonata dal branco che aveva abusato di lei, per “lucrare” politicamente sul tema della sicurezza. E poi tutta la vicenda dell’immigrazione, i respingimenti e i divieti di attraccare nei porti italiani alle navi che trasportano immigrati, la vicenda – mediaticamente altamente simbolica – della nave “Diciotti” dove ha impedito a un gruppo di migranti di sbarcare. Come ministro dell’Interno dovrebbe avere ben altre priorità, come ad esempio la lotta alla criminalità organizzata e alle varie mafie, autoctone e internazionali, che infestano il paese, gestiscono una mole impressionante di denaro e arrivano addirittura a controllare pezzi di territorio nazionale. Ma la guerra alle mafie non porta voti ed è anche molto pericolosa. Meglio preoccuparsi di “ripulire” il territorio da immigrati, sbandati, emarginati.
Non c’è dubbio che il leader della Lega sia un abilissimo comunicatore, un demagogo, un opportunista di razza pura e anche un populista, ma nel senso più deteriore del termine. Nello stesso tempo è anche un uomo di estrema destra, alleato della fazione imperialista in competizione con quella cosiddetta liberal. Chi pensa che la Lega sia un partito “antisistema” è un poveretto, politicamente parlando.
Ora, succede che il M5S si trovi a governare, per ragioni contingenti, con questa forza politica. Non che il M5S sia esente da contraddizioni (anzi…), però non è una forza di destra nel senso tradizionale del termine, e a mio parere non è parte organica di quell’asse di cui sopra. Il M5S si trova, al di là della buona o della cattiva fede del suo gruppo dirigente, a rappresentare interessi sociali completamente diversi da quelli che rappresenta la Lega. La dinamica cui stiamo assistendo è abbastanza semplice da capire. Si tratta di un’alleanza non organica tra due forze che fanno rispettivamente il loro gioco. E il M5S ha ulteriori dinamiche interne proprio per il suo essere “oltre la destra e la “sinistra” che si traduce nei fatti nel conciliare istanze di destra con istanze di sinistra. A mio parere, sono le seconde (pur con tante contraddizioni) che stanno prevalendo nell’agenda politica dei 5 stelle, non solo per vocazione, quanto perché obbligati dalla competizione di governo con la Lega. E allora stiano attenti, perché l’alleanza di governo con quest’ultima, è assai rischiosa e ho l’impressione che il M5S sia un po’ come il vaso di coccio alle prese con quello di ferro. Il suo leader in panchina, Di Battista, in attesa di tornare in campo, proprio in questi mesi, sta facendo un tour – non credo turistico – in America Latina. Proprio adesso che Bolsonaro ha trionfato in Brasile. Come gestiranno politicamente l’alleanza con Salvini? O sono fra quelli che pensano che la politica estera sia la “pappa dei fessi”?
Non sono nato ieri, ho una certa età, conosco e capisco le dinamiche machiavelliche e spesso perverse della politica, le giravolte e i salti carpiati che le situazioni contingenti impongono. E tuttavia arriva il momento in cui bisogna mettere dei paletti, comunque sia, a prescindere. Inoltre, è evidente che l’alleanza – sia pure nei termini che abbiamo spiegato – fra il M5S e la Lega non sta facendo crescere i consensi nei confronti del movimento, che anzi sono in calo. Al contrario, in questi mesi, la Lega ha pressochè quasi raddoppiato i suoi, per lo meno stando ai sondaggi. Segno evidente che è quest’ultima che sta traendo i maggiori vantaggi da questa alleanza di governo.
Riflettessero, se lo ritengono opportuno, sul da farsi. Ma, di certo, non ci si può comportare come se nulla fosse di fronte alle grida di giubilo di Salvini per l’elezione di Bolsonaro. Non sono solo – come ripeto – lodi alla persona, ma l’adesione ad un progetto politico preciso che sul lungo periodo potrebbe stritolare anche il M5S.
Foto: L’Argine (da Google)